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Secchi, Angelo (1818 - 1878)

Anno di redazione: 
2002
Ileana Chinnici

I. Cenni biografici - II. I principali contributi scientifici - III. La personalità di scienziato e di religioso - IV. Le convinzioni sul rapporto fra scienza e fede.

I. Cenni biografici

Angelo Secchi nacque a Reggio Emilia il 28 giugno 1818 (alcuni biografi riportano il giorno 29) da Giacomo Antonio e Luigia Belgieri, ultimo di una famiglia numerosa, di modesta estrazione sociale e con salde radici cristiane. Ancor giovanissimo, rimase orfano di padre; la madre, che gli era molto legata, volle che ricevesse un'istruzione di buon livello ed all'età di 10 anni Secchi entrò nel Collegio dei Padri gesuiti di Reggio dove studiò lettere classiche, distinguendosi per le sue qualità intellettuali e per l'amore allo studio, nonché per il carattere «grave ed assennato» (APUG, 2927). Il 3 novembre 1833, all'età di quindici anni, fu ammesso nel noviziato della Compagnia di Gesù a s. Andrea al Quirinale in Roma. Al termine del noviziato rimase altri due anni a s. Andrea per studiare retorica, poi nel 1837 iniziò gli studi di Filosofia al Collegio Romano. Qui mostrò una speciale inclinazione per le scienze, in particolare per la matematica e la fisica; in queste discipline ebbe come professori, rispettivamente, Francesco De Vico, direttore dell'Osservatorio del Collegio, e Giovan Battista Pianciani. Dopo un anno trascorso al Collegio dei Nobili a Roma ad insegnare grammatica, su richiesta di Pianciani fu trasferito al Collegio Illirico di Loreto, dove insegnò fisica dal 1841 al 1844. Tornò quindi al Collegio Romano per intraprendere lo studio della Teologia, assumendo allo stesso tempo l'incarico di assistente di Pianciani. Al termine del terzo anno degli studi teologici, ricevette l'ordinazione sacerdotale il 12 agosto 1847. La sua formazione fu però bruscamente interrotta a causa delle vicende politiche di quel periodo. L'Italia si trovava all'epoca in pieno fermento risorgimentale. I moti rivoluzionari del 1848 portarono, tra l'altro, allo scioglimento ed all'esilio volontario della Compagnia di Gesù. Secchi si trovò quindi costretto, con i suoi confratelli, a lasciare l'Italia. Trovò ospitalità per sei mesi nel Collegio di Stonyhurst in Inghilterra, dove studiò privatamente matematica superiore ed inglese; poi, nell'ottobre dello stesso anno, con un gruppo di confratelli salpò da Liverpool per raggiungere gli Stati Uniti, dirigendosi quindi al Collegio di Georgetown a Washington, dove aveva trovato accoglienza il suo maestro Francesco De Vico e dove più volte gli era stato chiesto di recarsi per insegnare fisica e matematica.

A Georgetown strinse amicizia con il padre gesuita James Curley, direttore dell'Osservatorio Astronomico del Collegio; all'epoca, tuttavia, Secchi non si occupava ancora di astronomia ma principalmente di fisica. È a questo periodo che risalgono le sue prime pubblicazioni scientifiche, in particolare gli studi sulla reometria elettrica. Il suo soggiorno negli Stati Uniti fu di grande importanza per la sua formazione, poiché ebbe l'occasione di entrare in contatto con un ambiente scientifico vivace e innovativo e di apprendere le teorie più moderne nel campo della fisica e della meteorologia. Alla fine del 1849, con la caduta della Repubblica Romana, i Gesuiti fecero rientro a Roma e Secchi fu chiamato ad assumere la direzione dell'Osservatorio del Collegio Romano, succedendo così al suo maestro Francesco De Vico, prematuramente scomparso in Inghilterra nel novembre del 1848. Poté così ultimare la formazione nell'Ordine e fare la sua professione solenne nella Compagnia di Gesù il 2 febbraio 1852.

Una volta incaricato della direzione dell'Osservatorio, Secchi si preoccupò, innanzi tutto, di rinnovarne la strumentazione. Grazie alla somma lasciata in eredità dai familiari al suo assistente Paolo Rosa e messa a disposizione dell'Osservatorio, Secchi acquistò un telescopio equatoriale Merz di 22 cm di apertura, uno dei più grandi allora esistenti in Italia, col quale iniziò le sue ricerche astronomiche.

Nel 1852, per assicurare una maggiore stabilità agli strumenti, ottenne dai superiori di trasferire l'Osservatorio in una sede più idonea e, riprendendo l'idea di un suo predecessore, Ruggiero Giuseppe Boscovich (1711-1787), con il contributo di papa Pio IX (1846-1878), fece costruire un apposito locale sulla crociera dell'adiacente chiesa romana di s. Ignazio, sfruttando i quattro robusti pilastri che dovevano sostenere la cupola, mai realizzata. Nei nuovi locali Secchi collocò gli strumenti di cui allora disponeva l'Osservatorio: un telescopio Cauchoix per le osservazioni solari, un cerchio meridiano donato dal padre Generale Roothan nel 1843 ed il nuovo equatoriale Merz, per il quale fece costruire un'apposita stanza. Nel 1853 iniziò la pubblicazione delle Memorie dell'Osservatorio del Collegio Romano, dove sono raccolti i risultati delle sue ricerche.

Tra il 1854 ed il 1855, su incarico di Pio IX, eseguì la misura della base geodetica sulla via Appia che doveva servire al raccordo delle reti di triangolazione dello Stato Pontificio, iniziate dal padre Ruggiero Boscovich. L'anno successivo introdusse, primo in Italia, il servizio meteorologico telegrafico giornaliero tra le principali città dello Stato Pontificio (Roma, Ancona, Bologna e Ferrara); fu pertanto incaricato del coordinamento di tale servizio e nominato direttore del servizio meteorologico della Stato Pontificio nel giugno 1856.

Nel 1858 riuscì ad installare una stazione magnetica, annessa all'Osservatorio, per l'osservazione sistematica dei fenomeni legati al magnetismo terrestre, nell'intento di studiarne le correlazioni con l'attività solare. Con fondi donati da Pio IX acquistò alcuni strumenti - un declinometro ed un magnetometro bifilare - che collocò in una stanza speciale appositamente costruita. Nello stesso anno venne incaricato di perfezionare e razionalizzare il sistema dei fari nei porti dello Stato Pontificio. Migliorò anche il «servizio dell'ora», riformato dal suo predecessore De Vico, per la segnalazione del mezzogiorno e, per le sue molteplici competenze scientifiche, fu chiamato come consulente per numerosi servizi pubblici, dalla distribuzione delle acque potabili alla collocazione dei parafulmini nei principali monumenti, dalle misure antincendio nelle basiliche maggiori, al progetto per l'installazione delle ferrovie elettriche nello Stato. L'esecuzione di tutte queste incombenze mette in evidenza un aspetto rilevante del carattere di Secchi, e precisamente il suo forte senso del bene comune; a questo si affiancava una profonda rettitudine che lo portò a svolgere un'intensa attività in commissioni, concorsi, ecc. senza prestarsi a facili compromessi.

Appassionato di archeologia e di paleontologia, non mancò di dare contributi in queste discipline, con la pubblicazione di alcuni opuscoli e memorie, riguardanti gli scavi di Campomarzio, il sarcofago di s. Pietro in Vincoli, l'attività vulcanica nei Monti Lepini. Nel 1860 si recò in Spagna, al Desierto de las Palmas, per osservare l'eclisse totale di sole del 18 luglio e fu tra i primi astronomi a fare uso di mezzi fotografici per registrare il fenomeno. Nel 1862 fu invitato a far parte della prima commissione governativa italiana per il coordinamento del servizio meteorologico nazionale; nello stesso anno diede inizio alla pubblicazione del "Bullettino dell'Osservatorio del Collegio Romano", che riportava i dati rilevati dall'efficiente rete meteorologica dello Stato Pontificio, da lui organizzata, nonché studi di meteorologia e di fisica terrestre. Nel 1863 iniziò lo studio degli spettri stellari che lo porterà ad una delle prime classificazioni delle stelle per tipi spettrali, lavoro pionieristico che costituirà il punto di partenza delle principali classificazioni eseguite negli Stati Uniti sul finire del secolo.

Nel 1867 Secchi ottenne da Pio IX i fondi per la costruzione di un meteorografo, strumento da lui progettato per la registrazione giornaliera dei dati meteorologici, da presentare all'Esposizione Universale di Parigi; qui lo strumento ottenne l'attribuzione del Grand Prix, mentre lo stesso Secchi ricevette la Legion d'Onore dall'imperatore di Francia Napoleone III e l'Ordine della Rosa dall'imperatore del Brasile Pedro II: la sua carriera scientifica giungeva così al culmine.

L'anno successivo fu invitato ad aggregarsi alla spedizione scientifica francese per l'osservazione dell'eclisse totale di sole del 18 agosto ma non poté prendervi parte per mancanza di fondi: sia lo Stato Pontificio che la Compagnia di Gesù, infatti, in quel momento si trovavano a fronteggiare difficoltà economiche a causa della precaria situazione politica, destinata a peggiorare negli anni successivi. Con la presa di Roma nel 1870, iniziò per Secchi un periodo di grandi difficoltà. Scienziato di fama ormai mondiale, egli divenne un personaggio scomodo nell'ambito dei rapporti allora conflittuali tra Governo italiano e Stato Pontificio.

Subentrato all'autorità papale, il Governo unitario, su pressione della comunità scientifica internazionale, lasciò Secchi alla direzione dell'Osservatorio del Collegio Romano, accettando le condizioni da lui poste d'intesa con i suoi superiori. Il Governo gli propose anche la cattedra universitaria di Astronomia fisica all'Università La Sapienza , che Secchi in un primo momento accettò ma alla quale fu poi costretto a rinunciare per motivi esclusivamente politici, legati alla libertà d'insegnamento dei Gesuiti nelle scuole. In quello stesso anno, Secchi pubblicava la prima edizione del celebre trattato Le Soleil (1870), uno dei più importanti testi di astronomia solare dell'Ottocento.

Purtroppo, la collaborazione scientifica di Secchi con le commissioni governative italiane fu criticata da alcuni ambienti ecclesiastici più oltranzisti e considerata come connivenza con i nemici dello Stato Pontificio; di contro, per gli anticlericali, benché scienziato di chiara fama, Secchi restava pur sempre un gesuita e quindi, quasi per definizione, un nemico del progresso e della scienza. Va sottolineato che, nelle varie circostanze, la fedeltà di Secchi al voto di obbedienza formulato dai membri dell'Ordine al Papa fu esemplare, proprio perché, a volte, vissuto in condizioni assai sofferte. I difficili rapporti tra Stato italiano e Chiesa Cattolica condizionarono ulteriormente la sua attività scientifica, costringendolo a svolgere le sue ricerche in un clima di incertezza e di precarietà, oltre che di ristrettezze economiche, costringendolo talvolta a rinunciare alla possibilità di portare il suo contributo scientifico proprio in tematiche di suo speciale interesse.

Il 22 dicembre 1870 si verificò un'eclisse totale di Sole visibile dalla Sicilia. Il Governo italiano fu obbligato ad invitare Secchi, in virtù della sua statura scientifica, a prendere parte come membro onorario alla spedizione governativa per l'osservazione del fenomeno. Fu in questa occasione che Secchi ebbe modo di istruire il giovane Pietro Tacchini (1838-1905), astronomo all'Osservatorio di Palermo, sul metodo per osservare le protuberanze solari allo spettroscopio. Ne nacque una collaborazione scientifica duratura e tanto più fruttuosa in quanto i due astronomi possedevano strumenti identici e potevano quindi ottenere osservazioni facilmente confrontabili. La collaborazione, iniziata con un progetto di osservazioni contemporanee del bordo solare a Roma e a Palermo finalizzate allo studio delle protuberanze e della loro correlazione con le macchie e le facole solari, portò nell'ottobre del 1871 alla fondazione della Società degli Spettroscopisti Italiani, la prima società scientifica specificamente dedicata all'astrofisica, destinata poi a diventare col tempo l'attuale Società Astronomica Italiana. Si trattava di un progetto a lungo accarezzato da Secchi, che poté trovare realizzazione grazie al formidabile spirito organizzativo di Tacchini ed al suo ruolo di interlocutore politico: la sua opera di mediazione con il Governo diverrà infatti preziosissima negli anni a venire per sostenere la delicata posizione di Secchi.

Nel 1872 la sua partecipazione come delegato pontificio alla Conferenza internazionale per la definizione del "metro campione" a Parigi provocò un incidente diplomatico con la delegazione italiana, che presentò una protesta ufficiale. Secchi tuttavia godeva, come già detto, della stima e dell'appoggio della comunità scientifica internazionale e la protesta - di carattere esclusivamente politico - fu lasciata cadere. L'episodio, lungi dall'essere semplicemente considerato un successo personale di Secchi, assunse inevitabilmente una valenza politica.

Ma la situazione precipitò nel 1873, con la confisca dei beni ecclesiastici e il conseguente passaggio del Collegio Romano sotto le dipendenze del Governo italiano. Secchi tentò con ogni mezzo legale di difendere l'Osservatorio, nel quale aveva investito denari ed energie, chiedendo che fosse riconosciuto come Osservatorio Pontificio e quindi tutelato dalla legge sulle Guarentigie. In prima battuta egli ottenne che i locali dell'Osservatorio fossero isolati dal resto dell'edificio, mantenendo l'accesso per sé e per i suoi collaboratori. La vertenza tuttavia non era di facile soluzione e nel 1874, nonostante la ricerca di soluzioni diplomatiche adeguate messa in atto da Tacchini, Secchi non ebbe il permesso dal cardinale Segretario di Stato di prendere parte alla spedizione italiana in India per l'osservazione del transito del pianeta Venere sul disco solare. Una divergenza di vedute con alcuni membri della spedizione sul metodo da adottare per eseguire le osservazioni del fenomeno gli fornì il pretesto per ritirarsi onorevolmente.

Nel 1875 partecipò al Congresso degli Scienziati Italiani a Palermo e fu invitato in quella circostanza a far parte della Commissione governativa istituita per pianificare il servizio meteorologico nazionale. Questa propose al Governo l'istituzione di un Ufficio Centrale e di un Consiglio Direttivo per la Meteorologia per il coordinamento dei servizi meteorologici nazionali; il Consiglio fu istituito nel novembre del 1876 e nel marzo 1877 Secchi ne fu eletto Presidente.

La sua salute, intanto, sempre piuttosto malferma, andava deteriorandosi; egli aveva dovuto progressivamente abbandonare l'attività di ricerca, dedicandosi sempre più alla stesura di opere e trattati. Nel 1875 pubblicò il primo volume della seconda edizione de Le Soleil e nel 1877 seguì il secondo volume ed il trattato Le stelle. Saggio di Astronomia Siderale. Si preparava la pubblicazione delle sue Lezioni di Fisica Terrestre (uscito poi postumo nel 1879) quando, nell'agosto del 1877 si manifestarono i primi sintomi di un cancro allo stomaco che nel giro di pochi mesi ebbe ragione delle sue forze. Dietro indicazione dei medici, nel tentativo di trovare giovamento alle sue sofferenze, alla fine di novembre di quello stesso anno si recò presso la Villa s. Girolamo a Fiesole. Non ne ricavò tuttavia alcun miglioramento e, sentendo aggravarsi il suo stato di salute, alla fine del mese di dicembre fece ritorno al Collegio Romano. Sopportò con dignità e rassegnazione gli ultimi difficili mesi di malattia, spegnendosi il 26 febbraio 1878, all'età di 59 anni.

   

II. I principali contributi scientifici

È stato scritto da più parti che l'attività scientifica di Secchi «[sembra] rappresentare piuttosto l'operosità di un corpo scientifico che quella di un solo individuo» (Carrara, 1903, p. 30), tanto vasta fu la sua produzione scientifica ed il suo interesse per le varie discipline. Ci limiteremo qui pertanto solo ai principali contributi scientifici che egli diede nelle discipline cui maggiormente si applicò.

Il principale campo di ricerca di Secchi fu quello dell'astrofisica o "astronomia fisica" secondo la dizione ottocentesca. Egli stesso amava dire di aver «portato, per così dire, il gusto della fisica nell'astronomia» (APUG, 23.I.7) e a giusto titolo si considerava uno dei più attivi e fortunati fondatori di questa branca dell'astronomia moderna. Fu certamente la sua formazione di fisico - e tale egli si considerava - a consentirgli un tale approccio scientifico, originale e moderno: questo, da una parte fece sì che egli si accostasse all'astronomia senza i pregiudizi "puristi" degli astronomi classici, per i quali tale scienza doveva occuparsi esclusivamente di meccanica celeste, dall'altra gli permise di non limitare i suoi interessi scientifici alla sola astronomia ma di estenderli a varie altre discipline.

Nel campo della fisica, il principale contributo di Secchi fu la stesura del trattato Sull'unità delle forze fisiche (1864), con il quale egli si proponeva di far conoscere in Italia le più moderne teorie sull'etere e sulla cinetica dei gas, che non comparivano ancora nei manuali di fisica. La pubblicazione di quest'opera mette in evidenza l'interesse di Secchi per la divulgazione e la didattica delle scienze, interessi che coltiverà per tutta la vita, sia attraverso corsi privati sia attraverso la sua notevole attività di conferenziere.

Come direttore dell'Osservatorio del Collegio Romano, le sue prime ricerche nel campo astronomico riguardarono lavori di astrometria; egli intraprese la misura di numerose stelle doppie e la revisione delleMensurae Micrometricae di Otto W. Struve (1819-1905), poi continuata dal suo assistente G.S. Ferrari. A queste si affiancarono ben presto studi sulla temperatura del sole e la struttura delle macchie solari, osservazioni e disegni della luna, di comete, pianeti e nebulose, tutti lavori pubblicati nelle memorie e nel "Bullettino" dell'Osservatorio, alla cui serie egli diede inizio nel 1850.

Il contributo più importante di Secchi nell'ambito della nascente astrofisica fu tuttavia l'esecuzione di una delle prime classificazioni delle stelle per tipi spettrali. Nel 1859, con la pubblicazione delle leggi di Kirchhoff sulla radiazione elettromagnetica, si poté finalmente dare una spiegazione scientifica alle righe oscure osservate fin dal 1802 nello spettro della luce solare, spettro che veniva prodotto facendo passare un sottile fascio di luce solare attraverso un mezzo disperdente, solitamente uno o più prismi di vetro, od un reticolo di diffrazione. Le leggi di Kirchhoff mostravano che, a partire da tali righe spettrali, era possibile ricostruire una mappa dettagliata della composizione chimico-fisica dell'astro.

Secchi ebbe dunque l'idea di studiare e confrontare gli spettri di alcune stelle, sulla scia di un lavoro analogo eseguito nel 1860 a Firenze da Giovan Battista Donati. Nel 1863, avendo acquistato uno spettroscopio a visione diretta, diede inizio a queste ricerche, pubblicandone i primi risultati nel 1867 sulle "Memorie della Società Italiana delle Scienze" (detta "Società dei XL"). Secchi definì tre classi spettrali: stelle di tipo α Lyrae , bianco-azzurre, nei cui spettri predominano, intense, le righe prodotte dall'idrogeno; stelle di tipo α Herculis , con spettri che presentano larghe bande in assorbimento; stelle dello stesso tipo del Sole, gialle, con spettri a righe sottili nei quali alle righe dell'idrogeno si affiancano quelle prodotte da metalli. Nel 1869 Secchi pubblicò una seconda memoria in cui aggiunse una quarta classe, contenente stelle "rossastre" con spettri caratterizzati dalla predominanza delle righe del carbonio; infine, una terza memoria fu pubblicata da Secchi nel 1872, nella quale riassumeva lo studio degli spettri di altri oggetti celesti, quali pianeti, comete, nebulose, ecc. Per lo studio degli spettri stellari Secchi utilizzò un prisma-obiettivo, che fece appositamente costruire riprendendo l'idea di Lorenzo Respighi (1824-1889) di porre il prisma davanti all'obiettivo del telescopio piuttosto che sul piano focale, per poter osservare gli spettri di più stelle nello stesso campo visuale. Con questo metodo, nel giro di pochi anni, Secchi riuscì ad osservare e classificare oltre quattromila spettri stellari. Questo lavoro, da lui stesso definito «forte lungo e faticosissimo» (SV, FS-Mon, 33), rappresenta una pietra miliare nella storia dell'astrofisica poiché costituì la base delle successive classificazioni stellari.

Intanto la spettroscopia solare aveva registrato risultati di rilievo. Nel 1868 vennero osservate per la prima volta allo spettroscopio le protuberanze solari e scoperto il metodo per osservarle in pieno sole, cioè al di fuori dalle eclissi. Secchi rivolse subito l'attenzione alle nuove scoperte, facendo dello studio della cromosfera e delle protuberanze solari, uno dei suoi principali campi di ricerca, che lo porterà nel 1870 alla pubblicazione del suo celebre trattato, già citato, Le Soleil.

Il sole era da tempo uno dei suoi oggetti preferiti di studio ed è proprio a Secchi che si devono importanti contributi alla comprensione della natura chimico-fisica dell'astro diurno. Nel 1860 le fotografie da lui ottenute in Spagna durante l'eclisse del 18 luglio furono determinanti per dimostrare che la corona e le protuberanze erano fenomeni realmente appartenenti al sole. L'accordo mostrato dalle fotografie ottenute da Secchi al Desierto de la Palmas con quelle ottenute da Warren De la Rue (1815-1889) a Rivabellosa consentì di eliminare ogni dubbio sul fatto che potesse trattarsi di illusioni ottiche. Nel 1865 era inoltre intervenuto in modo significativo nel dibattito internazionale sulla struttura della fotosfera solare, descrivendo la granulazione e misurando la profondità della macchie mediante osservazioni dell'effetto Wilson.

Iniziata nel 1870 la collaborazione con Pietro Tacchini a Palermo, l'interesse comune per lo studio delle protuberanze solari indusse Secchi e Tacchini a promuovere, nel 1871, la fondazione della Società degli Spettroscopisti Italiani. L'istituzione di tale società costituisce una tappa importante nella storia dell'astrofisica italiana: essa rappresenta infatti il primo tentativo di coordinamento delle ricerche spettroscopiche in Italia e, grazie alla sua attività, la società degli spettroscopisti italiani farà dell'Italia, seppur per breve tempo, una delle nazioni europee più avanzate nel settore dell'astrofisica, e le sue "Memorie" rappresenteranno la prima rivista specialistica di astrofisica nella storia dell'astronomia moderna. È proprio sulle "Memorie" che Secchi pubblicò la maggior parte dei suoi studi sul sole fino alla pubblicazione della seconda edizione di Le Soleil (2 voll. 1875-1877).

Importanti contributi furono dati da Secchi anche nel campo della meteorologia. Si deve a lui l'introduzione e la diffusione in Italia delle innovazioni portate dal meteorologo americano Matthew F. Maury nello studio delle correnti atmosferiche. Fu inoltre l'iniziatore della corrispondenza meteorologica telegrafica in Italia nel 1856 e l'ideatore del meteorografo, strumento che consentiva di ottenere la registrazione dell'andamento diurno delle variabili meteorologiche. Lo strumento, realizzato nel 1859, nasceva dall'aggiunta di alcuni strumenti registratori (un pluviografo, un anemometroscopio registratore ed un termometrografo) al barometrografo che Secchi aveva ideato e fatto costruire nel 1857. Nel 1866 egli perfezionò ulteriormente lo strumento, con l'aggiunta di uno psicrometro e la modifica del barometrografo, realizzando così il più completo strumento registratore per la meteorologia, che sarà premiato all'Esposizione Universale di Parigi nel 1867.

  

III. La personalità di scienziato e di religioso

Nel 1847, nell'annunciare alla madre che dopo qualche mese sarebbe stato ordinato sacerdote, Secchi scrisse: «Ella preghi il Signore perché un tale atto così tremendo venga fatto da me, non dirò degnamente, perché a ciò non può giungere santità finita ed umana, ma almeno il men indegnamente possibile» (APUG, 9.IV). La forte personalità religiosa che animò Secchi costituì il perno sul quale venne ad innestarsi il suo amore per una scienza fondata sul rigore metodologico e sull'onestà intellettuale.

In un'epoca che vide il sorgere di critiche al contenuto della Sacra Scrittura il cui insegnamento veniva posto in conflitto con l'evoluzionismo darwiniano, Secchi non esitò a difendere la verità della Scrittura, precisando quanto ancora restasse insoluto nella teoria, non poggiandosi solo sulle affermazioni della dogmatica, ma soprattutto sulla base delle evidenze sperimentali, che egli riteneva, nella forma disponibile al suo tempo, mettessero in luce la debolezza della teoria scientifica. Numerosi furono in quel periodo gli scritti apologetici di alcuni religiosi, impegnati a contrastare il pericolo di ateismo insito nelle nuove teorie scientifiche. Pur elogiando le buone intenzioni di tali autori, Secchi ne indica anche gli errori di fisica commessi, profondamente convinto che la Verità non può contraddire se stessa. I punti di partenza per una discussione, secondo l'astronomo gesuita, non erano tanto le questioni di principio, inevitabilmente soggettive, ma i dati sperimentali.

Appassionato di paleontologia, di fronte alle contestazioni rivoltegli circa le diverse fasi della creazione presentate dalla narrazione biblica, egli sfidava i geologi a determinare con esattezza quale fosse il primo strato della crosta terrestre ad essersi formato: «[.] l'ordine geologico per quanto riguarda gli animali non è suscettibile di controllo sperimentale poiché gli strati geologici che sono stati a lungo ritenuti primitivi si trovano spostati al giorno d'oggi e lo saranno certamente in avvenire. La scienza non potrà mai fissare il primo strato depositato sul fondo dei mari e quindi sarà impossibile battersi con la bibbia» (APUG, 9.VIII.[1873]). Sulla scia del suo maestro Pianciani, Secchi riteneva allora come «perfettamente ragionevole» la sequenzialità della "fasi" riportate dalla Scrittura.

Così pure, in biologia, Secchi non assunse un atteggiamento aprioristico di opposizione nei confronti delle teorie evoluzionistiche, ma piuttosto di dialogo e di confronto: «L'idea delle successive trasformazioni presa con debita moderazione non è punto inconciliabile colla ragione, né colla religione. Infatti, ove non si voglia tutto eseguito per pure forze innate e proprie della materia bruta, ma si ammetta che queste forze non d'altronde derivassero che dalla Cagione prima che creò la materia, e ad essa diede la potenza di produrre certi effetti, non vi è nessuna intrinseca repugnanza per credere che, fino a tanto che non interviene nessuna forza nuova, possano svilupparsi certi organismi in un modo piuttosto che in un altro, e dar origine così a differenti esseri. Ma quando da una serie di questi esseri si passa ad un'altra che contiene un nuovo principio, la cosa muta aspetto. Dal vegetale senza sensibilità non potrà passarsi all'animale che ha sensazioni, senza un nuovo potere che non può venire dalla sola organizzazione, né dalla sola materia. E molto più dovrà dirsi ciò quando si passa dal bruto animale all'uomo che ragiona, riflette ed ha coscienza. Un nuovo principio deve associarsi allora alle forze fisiche della materia per avere questi risultati» (Lezioni di Fisica Terrestre, p. 199).

Secchi tuttavia non condivide la teoria trasformista, semplicemente per il fatto che non trova evidenze osservative e ritiene quindi che «l'ipotesi delle trasformazioni in vero senso è insostenibile in teoria rigorosa. Perché qui non si tratta di quelle leggere mutazioni che possono dar luogo a specie affini, dove male distingui la varietà dalla specie, ma si tratta di quelle che sono incompatibili tra di loro» (ibidem, pp. 200-201). L'ipotesi per cui Secchi propende è invece quella della colonizzazione: «[.] almeno per molti casi la spiegazione desunta da una sola creazione primitiva che successivamente colonizzasse varie regioni del globo, è la più semplice spiegazione che possa ammettersi senza ricorrere a teorie che né l'osservazione ci prova, né la teoria giustifica» (ibidem, p. 200) Egli conclude quindi: «Che una seriata coordinazione di creature sussista con una graduata classificazione e perfezione, non si nega; anzi, questa prova l'infinita sapienza di chi la produsse, e la coordinò alle circostanze della loro vita; ed essa nella varietà delle forme, e fino nella bizzarria degli ornati ci mostra una sapienza infinita. Il supporre che tutto sia effetto di forze cieche, di combinazioni accidentali di materia bruta, che restino poi così per caso permanenti, come per caso si formarono, è stata dai savi sempre riguardata come una stoltezza, anziché una filosofia degna di uomo ragionevole. [...] La mente è quella che veramente crea e concepisce, e se questo attributo è nell'uomo in qualunque modo, per partecipazione, non è render Dio pari a noi stessi l'attribuirgli eminentemente questo attributo, non è limitarlo ad una particolare esistenza il concepire che esso vede tutto, conosce tutto, spirito purissimo sostiene tutto, che in esso noi viviamo, ci moviamo ed esistiamo, e che siamo sua fattura» (ibidem, p. 202).

Proprio considerando l'onnipotenza divina, così come per altri suoi contemporanei, Secchi non esclude la possibilità di altre forme di vita nell'universo: «Ma il creato, che contempla l'astronomo, non è un semplice ammasso di materia luminosa: è un prodigioso organismo, in cui, dove cessa l'incandescenza della materia, incomincia la vita. Benché questa non sia penetrabile ai suoi telescopii, tuttavia, dall'analogia del nostro globo, possiamo argomentarne la generale esistenza negli altri. La costituzione atmosferica degli altri pianeti, che in alcuni è cotanto simile alla nostra, e la struttura e composizione delle stelle simile a quella del nostro sole, ci persuadono che essi o sono in uno stadio simile al presente del nostro sistema, o percorrono taluno di quei periodi, che esso già percorse, o è destinato a percorrere» (ibidem, pp. 214-215).

É naturale che Secchi, in quanto sacerdote cattolico, non godesse di particolari simpatie da parte degli anticlericali dell'epoca, tuttavia, egli fu criticato per le sue teorie scientifiche anche in ambienti cattolici, soprattutto dopo la pubblicazione del suo trattato Sull'unità delle forze fisiche (1864). Il volume aveva uno scopo essenzialmente didattico e cioè quello di mostrare «come i fenomeni della fisica comune si possono ridurre alle leggi generali del movimento della materia, ritenendo però che oltre la materia comune detta ponderabile, si deve ammettere un'altra materia invisibile, e non soggetta a gravità, che dicesi "Etere" o imponderabile, i cui movimenti accompagnano sotto varie forme quelli della materia ponderabile» (Sull'unità delle forze fisiche, 1874 2 , p. 3). Il volume aveva anche uno scopo divulgativo: attraverso la sua pubblicazione Secchi voleva infatti diffondere in Italia «queste teorie del calore considerato come modo di movimento che prendono tanto piede all'estero» (SV, FS-Mon, 13). L'opera ebbe un notevole successo e negli anni a seguire ne furono pubblicate altre due edizioni, di cui una in lingua francese.

La pubblicazione di questo testo gli valse feroci critiche da parte di alcuni filosofi della natura sostenitori di un pensiero aristotelico tradizionale. In particolare egli fu attaccato da Giovanni Maria Cornoldi con l'accusa di seguire la teoria atomica di Epicuro in fisica, e quella cartesiana dei vortici in astronomia. È facile vedere in queste critiche un certo atteggiamento di difesa della dottrina cattolica dalle nuove teorie scientifiche, nonché un timore nei confronti dei rapidi cambiamenti che il progresso tecnologico portava in quegli anni. Eppure Secchi già nella prima edizione aveva dichiarato: «In quest'opera io non ho la pretensione di creare una novella filosofia della natura, ma solo di esporre quella che oggidì va prevalendo dietro lo studio de' fenomeni» (Sull'unità delle forze fisiche, 1864 1, p. VII), mostrandosi consapevole del valore intrinseco della conoscenza scientifica, di fronte alla quale non occorre ritrarsi, ma alla quale, al contrario, occorre dare un contributo, perché «anche i religiosi devono occuparsi di ciò che può esser utile alla società» (SV, FS-Mon, 170). Tale opinione fu condivisa dai numerosi credenti e sacerdoti, non solo gesuiti, che nell'Ottocento si impegnarono con successo in varie discipline scientifiche.

L'amarezza provocata a Secchi da alcuni attacchi provenienti da certuni ecclesiastici fu notevole; egli infatti veniva così a trovarsi tra due fuochi, da una parte l'anticlericalismo laico e dall'altra un certo intransigentismo religioso: «Mentre alcuni vedono l'incredulità e l'ateismo nei miei scritti, altri vi vede invece un'esaltata teologia che falsifica la fisica per appoggiare la bibbia [...]. Chi si lamenta di non trovarvi le scoperte che aspettava, chi non vi trova la fisica di s. Tommaso. A questi dirò solo che la fisica dopo s. Tommaso ha camminato un poco, e che se s. Tommaso fosse stato a' tempi nostri, non avrebbe adottato la fisica che adottò ma avrebbe preso quella adesso in uso nelle scuole ai tempi nostri, come allora prese quella in uso a tempo suo. [...] Coi suoi progressi però la scienza non è arrivata a fare a meno di Dio, né quelli che speravano che la scienza vi arrivi avranno mai, né essi né i loro successori, questo» (APUG, 23.I.5).

Per le sue grandi doti di divulgatore scientifico, ampiamente riconosciutegli da tutti, Secchi fu un personaggio molto popolare. La chiarezza nell'esposizione e nel linguaggio utilizzato rendevano le sue conferenze affollatissime ed applauditissime, come si può leggere nei quotidiani dell'epoca. Ma proprio il fatto di essere un personaggio assai noto lo rese bersaglio di ripetuti attacchi e di alcuni tentativi di strumentalizzazione da parte delle forze politiche dell'epoca. Più volte la stampa mise in giro la voce che egli stesse per lasciare la Compagnia di Gesù per presunti dissapori con i suoi superiori, provocando la sua sentita reazione. In realtà, al contrario, Secchi ebbe un forte senso di attaccamento all'Ordine cui apparteneva e più volte intervenne pubblicamente e appassionatamente in sua difesa, nei momenti di maggiore persecuzione politica: «forse che non abbiamo occasione di temere? Non siamo noi insultati per la via dalla pubblica stampa ogni giorno? Non si ascrive al nostro nome tutto quello che non è gradito al nuovo ordine di cose? Mancano forse contro di noi le più nere calunnie? [...] non abbiamo veduto il fuoco attaccato alla porta della nostra chiesa?» (APUG, 9.V.[1870]).

D'altra parte i meriti scientifici di Secchi erano indiscutibili; gli stessi avversari politici e ideologici, se attaccarono il gesuita, rispettarono sempre lo scienziato. Va inoltre sottolineato che Secchi fu sempre guidato da un grande amore tanto per la scienza quanto per la fede cattolica; anche se le sue scelte di collaborazione con diverse istituzioni del governo unitario furono interpretate dai cattolici intransigenti come connivenza coi nemici rivoluzionari, Secchi ebbe sempre particolarmente a cuore il prestigio ed il decoro dello Stato Pontificio; questo spirito lo accomuna agli altri scienziati italiani dell'epoca, che miravano a rendere competitiva, sul piano scientifico, la propria nazione rispetto alle grandi potenze europee, ribadendo così la propria identità nazionale.

Mentre si montava contro di lui un caso politico, dovuto alla cattedra di Astrofisica all'Università La Sapienza , cattedra che prima accettò ma poi dovette per motivi personali rifiutare, sentendosi attaccato da più parti per questa decisione, scriveva: «La mia afflizione per ciò che si dice di me è al colmo. Ma in faccia a Dio so che non ho mancato, e questo mi consola. Del resto sarà ciò che Dio vorrà» (APUG, 9.II.[26.11.1870]). L'amarezza per questi ed altri suoi vissuti lo portava ad esprimersi in questi termini: «Il P. Secchi non ha amici di sorta alcuna, e lo sa bene. Solo i miei superiori devono sapere tutto, e perciò parlo franco perché essi devono tutto conoscere [.]. La mia posizione sta nelle mani di Dio» (APUG, 9.II [27.11.1870]). La rinuncia di Secchi fu certo dolorosa, ma ancor più lo fu l'essere additato come connivente col Governo rivoluzionario: «si vuole che io la rompa con la rivoluzione! [...] Che moltissimi abbiano di me una pessima opinione anche tra i nostri io ne sono persuasissimo, ma che io abbia potuto mai transigere colla rivoluzione in modo che ora debba romperla, questo è troppo» (APUG, 9.II [30.11.1870]). Per questo scriveva al suo devoto amico ed assistente, Francesco Marchetti: «Io spero che non avrò tale persecuzione che superi la mia virtù, e perciò vi prego a raccomandarmi alle orazioni di tutti, perché l'aver io a dover portare in fronte tal macchia sarebbe troppo doloroso» (ibidem).

Di profonda formazione teologica, Secchi non mancò d'intervenire anche su questioni dottrinali, prendendo parte, ad esempio, contro J.-E. Renan (1823-1892) al dibattito sulla divinità di Gesù Cristo. Papa Pio IX, che ne seguì assai da vicino l'opera scientifica, ne ebbe grande stima e fin dall'inizio ne sostenne l'attività di ricerca, finanziando la costruzione dei locali dell'Osservatorio e l'acquisto di vari strumenti. Lo stesso pontefice disse di lui: «Il padre Secchi ha sempre saputo accoppiare colla scienza le virtù religiose, ma le due singolari che più spiccavano in lui furono l'umiltà e l'obbedienza. Sappiamo Noi quante volte venne stimolato ad accettare onori, cariche ed altro, Egli recavasi sempre da Noi a chieder direzione e consiglio. Mai fece un passo senza prima sentire quale era il Nostro parere e divisamento. Veramente egli è stato un ottimo religioso» (APUG, 23.III.25).

   

IV. Le convinzioni sul rapporto fra scienza e fede

Angelo Secchi rappresenta il punto d'incontro tra lo scienziato appassionato e l'uomo di fede convinto e aperto al dialogo: nei suoi scritti mai emergono punte di fanatismo o di clericalismo. Ciò che più colpisce in lui è la fedeltà alla Chiesa ed il grande amore alla verità, tenacemente perseguita con i mezzi della scienza e coi princìpi della fede. Vissuto in un'epoca non facile per i rapporti tra Stato e Chiesa, oltre che tra scienza e fede, egli diede una singolare testimonianza di solida coerenza di fede vissuta e di scienziato intelligente e profondo, dalle soluzioni innovative e, in certo modo fondative per l'astronomia del suo tempo. Egli seppe sostenere non poche difficoltà, incomprensioni ed amarezze, ma lo fece sempre con un grande senso di professionalità e con carità cristiana.

Alla radice della concezione del rapporto tra fede e scienza, vi è in Secchi la convinzione che «La scienza è dono di Dio» (APUG, 2.VII.a, p. 17). Tutte le facoltà intellettive umane predispongono all'accoglienza di questo dono: «Gli studi profani aprendo la mente le facilitano l'intelligenza delle cose divine. S. Paolo diceva: invisibilia Dei per ea quae facta sunt intellecta conspiciuntur [Rm 1,20] e i cieli mostrano la gloria del Signore, e il fiore del campo e l'insettuccio volante mostrano la sua infinita sapienza. Ma questa stessa intelligenza è dono di Dio: non solo nell'ordine delle cose soprannaturali noi non possiamo pensar nulla da noi come da noi, ma ogni potenza nostra è da Dio» (ibidem p. 13).

È un dono che va invocato, al fine di comprendere l'opera creatrice di Dio e glorificarne la grandezza: «È dunque dono di Dio anche l'intelligenza nelle scienze ed uno dei doni del Santo Spirito. Allora, pertanto con coraggio, e dirò quasi con un certo diritto, potremo chiedere questo dono a Dio quando nei nostri studi noi ci proporremo lo scopo che si deve prefiggere ogni cristiano. Cioè non la vanità di superare gli emoli, non la boria o la superbia dopo averli superati ma solo col chiedere il lume dell'intelletto a comprendere le opere del Signore, a conoscere le sue grandezze e i nostri doveri» (ibidem, p. 13). Conscio dei pregiudizi che il materialismo ateo diffondeva, Secchi commentava con frase volutamente ironica: «come se fossimo così imbecilli da credere il Creatore quel vecchio dalla barba bianca e dallo svolazzo, dipinto da Raffaello nelle sue Logge» (Lezioni di Fisica Terrestre , p. 202), aggiungendo poi che i materialisti quasi guardavano ai credenti con compassione «perché non sappiamo sbarazzarci dell'idea di un Ente supremo che tutto fece e tutto governa» ( ibidem , pp. 191-192). In realtà, per Secchi, le visioni del mondo che la fede e la scienza forniscono all'uomo sono armoniche e complementari; studiare infatti i fenomeni naturali è contemplare la grandezza del Creatore: «la vastità della creazione [...] brilla molto più nella unità e semplicità dei principii che la informano [...]. Semplicità ammirabile, la quale meglio di ogni altra cosa porta l'impronta di quella unità di principio che la trasse dal nulla... [principio] che regge le molteplici forze di cui è animata la materia» (ibidem, p. 198).

Ma la contemplazione non può essere disgiunta dalla preghiera. Di conseguenza, l'uomo di scienza, perché anche credente, è chiamato in modo particolare ad una comunione profonda con lo Spirito Santo, datore di ogni dono: «Ricorriamo dunque al Signore di tutte le scienze [...] e in special modo alla SS. Persona della SS.a Trinità a cui è specialmente per appropriazione attribuito il rischiarare il nostro intelletto, ricorriamo a lui perché ci illumini, giacche noi non vogliamo questa intelligenza per nostra vanità [...]. Perché da questa cognizione di Lui e delle sue opere noi impariamo ad amarlo e a servirlo» (APUG, 2.VII.a, p. 22).

Parafrasando l'inno liturgico Veni Creator, dedicato proprio allo Spirito Santo, l'astronomo sacerdote prega con le seguenti parole: «Egli visiti le nostre menti che sono tutte per lui non per la vanità [...]. Questi doni siano accompagnati da quelli della grazia suprema che ci fa amici di Dio e fa dell'uomo un suo abitacolo [...]. Né solo la mente ma anche il cuore, perché colla sola mente non potremo piacergli [...]. Voi paracleto consolatore, confortate le anime nostre nelle tristezze che spesso raccogliamo come frutto delle nostre fatiche negli studi [...] e dono prezioso della Triade altissima indivisa... fonte vivo di ogni scienza... fuoco di vero amore che ci leghi sempre alla vostra carità... e mozione spirituale colla quale voi potete lenire tutte le piaghe dell'anima e del corpo [...] illuminate col vostro chiarore la nostra mente, infiammate col vostro ardore i nostri cuori e dateci fortezza e coraggio per superare oggi e sempre i nostri nemici [...]. Fate che i nostri studi siano diretti a conoscere sempre meglio il divin Padre e il redentore Figlio e Voi» (ibidem).

In un momento storico nel quale la cultura e l'opinione pubblica sperimentavano quel divario tra scienza e fede che avrebbe incontrato toni marcatamente polemici fra fine Ottocento e primo Novecento, Secchi ha la consapevolezza di incarnare una sintesi tra lo scienziato e l'uomo di fede; egli si rende conto dell'importante valore della sua testimonianza, egli che «in tutta la sua vita e carriera scientifica altro non avea cercato che l'onore e la difesa della Chiesa Cattolica, mostrando ad evidenza come ben si possano congiungere la Scienza e la Cristiana Pietà » (Ferrari e Marchetti, 1878, p. 6).

  

     

Bibliografia: 
 

Principali opere di Angelo Secchi: L'Unità delle forze fisiche , Tipografia Forense, Roma 1864; Lezioni di Fisica Terrestre , E. Loescher, Roma 1879; Le Soleil , Gauthier-Villars, Paris 1870 (2 ed., 2 voll., Paris 1872-1875); Le Stelle. Saggio di Astronomia Siderale , F.lli Dumolard, Milano 1877. Fonti archivistiche: APUG = Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Fondo Secchi [catalogazione provvisoria]; SV, FS-Mon = Specola Vaticana, Fondo Secchi, Ex Moncalieri.

Biografie e altre fonti documentali: F. DENZA, Il Padre Angelo Secchi , Torino, 1878; G.S. FERRARI, F. MARCHETTI , P. Angelo Secchi , Roma, 1878; F. MOIGNO, Le révérend Père Secchi, sa vie , Gauthier-Villars et Librerie de Monde, Paris 1879; E. MILLOSEVICH , Commemorazione del P. Angelo Secchi, Tipografia della R. Accademia dei Lincei, Roma 1903; B. CARRARA , Il Padre Angelo Secchi , Tipografia del Seminario, Padova 1903; P . MAFFI , Il p. Angelo Secchi, Vita e Pensiero, Milano 1918; G. GIANFRANCESCHI, Angelo Secchi in "L'Università Gregoriana del Collegio Romano nel primo secolo dalla restituzione" Tipografia Cuggiani, Roma 1924, pp. 184-186; R. FINZI , P. Angelo Secchi 1818-1878 , Linotipia Emiliana, Reggio Emilia 1978; I. SPELTI , Padre Angelo Secchi , "Coelum" 47 (1978), pp. 109-118; G. ABETTI , Secchi, (Pietro) Angelo, in DSB, vol. XII, 1980, pp. 266-270; C. BRICARELLI , Della vita e delle opere del P.A. Secchi , Memorie della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei 4, 1988, pp. 41-105; M.G. FRACASTORO, Angelo Secchi pioniere dell'astrofisica, in "Scienza e fede. I protagonisti", De Agostini, Novara 1989, pp. 158-164; S. MAFFEO , La Specola Vaticana. Nove Papi, una missione, LEV, Città del Vaticano 2001.