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Scienziati santi e beati… spunti biografici di personaggi che attraverso lo studio della natura e la ricerca scientifica giunsero ad essere proposti come modelli di santità di vita

Francesca Lattuneddu
Flavia Grossi
2013

Non solo scienziati credenti, ma anche scienziati Santi, Beati o con un processo di beatificazione in corso. Quello che spesso si ignora a proposito di famosi personaggi di scienza è che tra loro ci furono anche donne e uomini di fede profonda, giunti ad occupare, dopo la loro morte, posizioni di alta visibilità nella Chiesa cattolica, quasi a dimostrare che la santità di vita non è chiamata per pochi eletti, ma cammino che può essere percorso attraverso il lavoro professionale ordinario, e dunque anche nell’esercizio della ricerca scientifica. Sono figure di grande rilievo che diedero testimonianza in prima persona della loro fede, trasformando lo studio scientifico in strumento al servizio di Dio. Personaggi del passato, ma anche del presente, di cui proponiamo, nell’Anno dedicato alla fede, una breve carrellata.


santa ILDEGARDA DI BINGEN

Nata a Bermersheim vor der Höhe nel 1089 e morta a Bingen am Rhein il 17 settembre 1179.

Il 7 ottobre 2012 è stata proclamata Dottore della Chiesa da Benedetto XVI durante la Messa di apertura del Sinodo dei Vescovi. In quell’occasione il Pontefice disse di lei: “Ildegarda nutrì uno spiccato amore per il creato, coltivò la medicina, la poesia e la musica. Soprattutto conservò sempre un grande e fedele amore per Cristo e per la sua Chiesa”.

Nonostante non sia mai stato aperto un processo canonico formale, il culto per la mistica benedettina si diffuse già dal XII secolo e il 10 maggio 2012 è stata proclamata Santa dalla Chiesa cattolica. Nel 1916, una memoria liturgica di santa Ildegarda fu inserita ufficialmente nel calendario liturgico dell’Ordine Benedettino per il giorno 17 settembre e, a partire dal 1961, venne introdotta nel Martirologio Romano.

Santa e mistica, predicatrice e fondatrice di un monastero, Ildegarda di Bingen fu anche pittrice, musicista, cosmologa, poetessa, drammaturga, naturalista, filosofa e consigliera di pontefici e imperatori.

In lei, fede e studio scientifico vanno di pari passo senza stridere mai. Nelle sue visioni interiori, raccontate in diverse opere, epistolari e cronache, riceve il dono di vedere e comprendere l’opera di Dio che, al di fuori di lei, ritrova nel creato, nell’universo, nell’analisi dei fenomeni naturali più diversi così come nello studio dei testi dei Padri e Dottori della Chiesa. L’uomo è in relazione con l’universo intero ma al centro della riflessione c’è Dio, a cui tutto anela e da cui tutto proviene. Il pensiero della santa non si rivolge quindi in maniera esclusiva all’essere delle cose in sé, a ciò che appartiene alla loro natura, ma vede ognuna in rapporto con il suo fine ultimo: tutte vengono da Dio e a Lui ritornano.

Nel 1141 le appare la “Luce Vivente” (questo è il nome che lei dà alla visione) che le ordina di scrivere quanto vede ed ode con i sensi dello spirito, perché gli uomini ne prendano conoscenza. È la chiamata a quella che sarà da allora in poi la sua missione e che, parallelamente, segna l’inizio della sua attività letteraria. Nascono così i libri dettati dalle sue visioni quali il Liber Scivias, Liber vitae meritorum, Liber divinorum operum, che compongono la cosiddetta Trilogia profetica.

Il suo amore per le scienze è confermato anche dalla sua vasta produzione letteraria, compose un trattato di scienze naturali, è sua la prima classificazione della flora tedesca, e di medicina: Subtilitates naturarum diversarum creaturarum. Scrisse anche di arte e musica producendo un insieme di testi e opere che spaziano e sconfinano in diverse discipline. Sue sono la Symphonia harmoniae caelestium revelationum, e Ordo virtutum: una raccolta di canti ed una sacra rappresentazione, ma anche l’elenco di quasi mille vocaboli di una lingua ignota con il rispettivo alfabeto (ignota lingua et litterae) e vari scritti minori come: la “Spiegazione della Regola di s. Benedetto” (Explanatio Regulae Sancti Benedicti), la “Spiegazione del Simbolo di s. Atanasio” (Explanatio Symboli Sancti Athanasii); la “Vita di s. Disibodo” (Vita Sancti Disibodi) e la “Vita di s. Roberto” (Vita Sancti Ruperti).

 

Bibliografia:
ILDEGARDA DI BINGEN, Come per lucido specchio. Libro dei meriti di vita, Mimesis, Milano 1998;
O. D'ALESSANDRO, Mistica e filosofia in Ildegarda di Bingen, Cedam, Padova 1966.
S. FLANAGAN, Ildegarda di Bingen. Vita di una profetessa, le lettere, Firenze 1991.
R. PERNOUD, Storia e visioni di Santa Ildegarda. L'enigmatica vita di un'umile monaca del Medioevo che divenne confidente di papi e imperatori, Piemme, Casale Monferrato 1996.
A. CARLEVARIS, Hildegard Von Bingen (1098 - 1179), dalle voci del DISF;
BENEDETTO XVI, Santa Ildegarda di Bingen è proclamata Dottore della Chiesa Universale, 7 ottobre 2012.

 

sant’ALBERTO MAGNO

Nato a Lauingen presso Ulm sul Danubio fra il 1193 e il 1206, morto a Colonia il 15 novembre 1280.

Nel 1484 fu beatificato da Innocenzo VIII. Canonizzato e dichiarato dottore della Chiesa il 16 dicembre 1931 da Pio XI, verrà successivamente proclamato da Pio XII, nel 1941, patrono dei cultori delle scienze naturali.

Figura di primo piano nei suoi tempi e ancora oggi, Sant’Alberto Magno ha lasciato un segno indelebile sia sul piano spirituale, sia su quello scientifico dividendo la sua vita tra l’apostolato e la predicazione e la dedizione al sapere.

Prete dell’Ordine dei Predicatori, fu uno dei più grandi studiosi e maestri della scolastica domenicana. Predicò in Germania e ottenne la prestigiosa cattedra di teologia a Parigi; fu anche maestro di San Tommaso d’Aquino.

I suoi scritti sono numerosissimi e spaziano in tutti i campi del sapere del tempo: da quello scientifico (logica, fisica, astronomia, chimica, biologia, fisiologia, psicologia) a quello più propriamente filosofico e a quello teologico. Basti qui ricordare le Parafrasi e i Commenti alle opere di Aristotele (alla Fisica, alla Metafisica, al De anima, ai Secondi analitici, all’Etica, e al testo pseudo-aristotelico Liber de causis), il De mineralibus, i libri De vegetalibus, De animalibus, Summa de creaturis, e poi i commenti biblici, la Summa theologica ed altre opere teologiche, nelle quali risalta una particolare attenzione alla figura della Vergine Maria.

Alberto non era soltanto il più eminente scienziato del suo Ordine, ma era anche noto come buon diplomatico e mediatore. Già i suoi contemporanei gli tributarono i più alti onori in campo scientifico collocandolo — ancora vivente — tra le “autorità” classiche. Se il suo maggiore allievo, San Tommaso d’Aquino, per anni assistente di Alberto a Colonia, meritò il titolo di doctor angelicus in virtù della chiarezza, della profondità ed altezza della sua sintesi filosofico-teologica, il maestro Alberto, fu giustamente chiamato doctor universalis.

Come Aristotele, egli ha una mente da biologo: spiega tutto in modo “organico”, dopo un’osservazione empirica, sobria e critica, orientata alla considerazione “completa” del fenomeno. È proprio questo tipo di approccio che può renderne attuale il pensiero, in un momento in cui la scienza contemporanea, mediante un largo utilizzo delle tematiche della complessità e della analogia, si dirige verso una comprensione non riduzionista del rapporto tra il tutto e le parti, spostandosi da un’impostazione meccanicista e fisicalista verso una visione più organica, in certo modo affine a quella biologica.

Ecco la sintesi della sua epistemologia, da lui stesso espressa: «La prima [scienza] nell’ordine reale […] è la filosofia prima, chiamata metafisica o teologia. La seconda nello stesso ordine reale è la matematica, che astrae dal moto e dalla materia sensibile secondo l’essere ma non secondo la ragione. L’ultima è la fisica, che considera interamente il moto e la materia sensibile sia secondo l’essere che secondo la ragione» (Physica, I, tr. 1, c. 1, Editio Coloniensis, vol. IV/1, p. 1, vv. 49-58).

 

Bibliografia:
J.A. WEISHEIPL (a cura di), Alberto Magno e le scienze, ESD, Bologna 1994.
G. WILMS, Sant’Alberto Magno. Scienziato, filosofo e santo, ESD, Bologna 1992.
BENEDETTO XVI, Udienza Generale. La vita e l’opera di s. Alberto Magno, patrono degli scienziati, 24 marzo 2010

 

san GIUSEPPE MOSCATI

Nato a Benevento il 25 luglio 1880, morto a Napoli il 12 aprile 1927.

Il prof. Giuseppe Moscati è stato beatificato da Paolo VI nel corso dell'Anno Santo, il 16 novembre 1975.

Laureatosi con summa cum laude in medicinaa soli 23 anni, inizia nel 1904 la sua attività di medico. Attività che viene vissuta lungo tutto l’arco della sua breve vita come una missione salvifica verso l’ammalato in cui il vero fulcro, però, rimase sempre Dio.

Dal 1904 il Moscati presta servizio di coadiutore all'ospedale degli Incurabili a Napoli, organizza l'ospedalizzazione dei malati di rabbia e salva i ricoverati nell'ospedale di Torre del Greco, durante l'eruzione del Vesuvio nel 1906. La sua fu una brillante carriera ospedaliera ed accademica, vinse diversi concorsi e pian piano la sua fama di medico crebbe, così come la devozione nei suoi riguardi da parte delle persone da lui avute in cura.

Nel 1911 ottiene, per titoli, la Libera Docenza in Chimica fisiologica e l'incarico di guidare le ricerche scientifiche e sperimentali nell'Istituto di Chimica biologica. Dal 1911 insegna, senza interruzioni, "Indagini di laboratorio applicate alla clinica" e "Chimica applicata alla medicina", con esercitazioni e dimostrazioni pratiche.

All'attività ospedaliera Moscati, divenuto ormai primario, affianca quella di scienziato, dedicandosi allo studio dell'azione dei vari processi di trasformazione di amidi e glicogeno nell'organismo umano e pubblicando in italiano e in lingue straniere. Fra i suoi lavori: Un nouvel appareil pour la détermination du sucre meme en petites quantités (Archives Internat de Physiologie 1906); La salda d'amido iniettata nell'organismo, nota I, effetti sulla coagulazione del sangue, nota II, ritenzione dell'amido e trasformazione in glicogeno, nota III applicazioni in terapia (Atti R. Accademia Med. Chir. Napoli n. 2, 1906 ; Uber das Verhalten der in den Organismus eingefuhurten Starkelosung, Ablage rung und Umwandlung in Glykogen (Coppe-Seyler's Zeitschrift fur Physi ologische Chemie, B 50, H, n. 3, 1906).

Giuseppe Moscati fu uno scienziato di prim'ordine e per lui non esistevano contrasti tra la fede e la scienza: come ricercatore è al servizio della verità e la verità non è mai in contraddizione con se stessa né, tanto meno, con ciò che la Verità eterna ci ha rivelato. L'accettazione della Parola di Dio non è mai vista come un semplice atto intellettuale, astratto e teorico: per lui la fede è la sorgente di tutta la sua vita, l'accettazione incondizionata, calda ed entusiasta della realtà del Dio personale e dei nostri rapporti con lui. Il Moscati vede nei suoi pazienti il Cristo sofferente, lo ama e lo serve in essi.

 

Bibliografia:
P. BERGAMINI, Laico cioè cristiano. San Giuseppe Moscati medico, Marietti, Torino 2003.
B. IMMEDIATA, Giuseppe Moscati. Un uomo, un medico, un santo, Paoline, Milano 2008.
PAOLO VI, Omelia della Beatificazione di Giuseppe Moscati, 6 novembre 1975;
GIOVANNI PAOLO II, Omelia della Canonizzazione del Beato Giuseppe Moscati, 25 ottobre 1987.

 

Beato NIELS STEENSEN (STENONE)

Nato il 1 gennaio 1638 a Copenhagen, morto a Schwerin (Meclenburgo, Germania) il 5 dicembre 1686.

Niels Steensen fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 23 ottobre 1988. Un passaggio dell'omelia pronunciata in quell'occasione ne ritrae sinteticamente la vita: «Ricercatore appassionato, scienziato di primo piano, non soddisfatto mai delle pure ipotesi e sempre alla ricerca della piena certezza, Steensen tuttavia fu mosso soprattutto dall'anelito verso la scoperta della ragione ultima di ogni cosa: Dio».

Nel panorama scientifico del Seicento Steensen è una personalità non meno geniale e certo delle più affascinanti di quel secolo così decisivo per la storia della cultura. A renderlo tale non sono solo le sue scoperte fondamentali in anatomia ed in altre discipline, che lui stesso inaugura come paleontologia, geologia e cristallografia, ma soprattutto le sue qualità: spirito di ricerca, rigore di metodo, unità di pensiero e di azione, onestà e integrità di vita.

A diciotto anni si iscrisse all'Università di Copenhagen, scegliendo come campo di studi medicina e scienze naturali. Terminato il triennio di studi all'Università, passò a completare i suoi studi in Olanda, allora all'apogeo della potenza ed in pieno rigoglio intellettuale e culturale. Scelse come sede Amsterdam dove, poco dopo il suo arrivo (Pasqua del 1660), fece la prima scoperta in anatomia: il dotto che porterà il suo nome, che trasferisce la saliva dalla parotide alla cavità orale. Nel giro di tre anni conseguì risultati ragguardevoli, consegnati in quattro dissertazioni (Observationes anatomicae), che lo imposero all'attenzione dell'Europa scientifica.

Oltre agli studi e alle opere, un aspetto fondamentale della vita di Steensen sono i viaggi che l’hanno portato nelle città culturalmente più vivaci della sua epoca. In Danimarca, Olanda, Francia, Italia e Austria consolidò i suoi studi e il suo sapere scientifico. Mai sazio di conoscenza, si dedicò anche alla scoperta di nuovi campi di indagine, come la geologia e la mineralogia. Compì numerose escursioni geologiche, percorrendo montagne e colline della Toscana, visitando saline e miniere, dovunque raccogliendo materiale di studio.

Insieme all’amore per le scienze cresceva quello religioso che si concretizzò la notte di Pasqua del 13 aprile 1675 quando fu ordinato sacerdote. Da allora non si occupò più sistematicamente del sapere scientifico, ma si dedicò interamente agli impegni del suo ministero sacerdotale. Furono dodici anni di vita condotta nel più puro spirito evangelico di povertà, dedizione agli altri e ascesi. Nel 1677, su richiesta del duca di Hannover, il cattolico Giovanni Federico, Steensen fu nominato vescovo di Hannover. Qui strinse relazione con G.W. Leibniz (1646-1716), bibliotecario dello stesso duca. Quando, nel 1679, a Federico successe il fratello protestante, Stenone fu chiamato a Münster, dove rimase tre anni. L'intensa esperienza pastorale in cui si prodigò senza risparmio gli suggerì il libretto: Parochum hoc age (I doveri del pastore), che uscì nel 1684. Fu quindi inviato ad Amburgo come vicario apostolico per il Nord Europa e per l'ultima volta visitò Copenhagen. La sua salma riposa nella Chiesa di s. Lorenzo, a Firenze, dove fu trasportata nell'ottobre del 1687 per disposizione del granduca Cosimo III.

In tutti i settori disciplinari che affrontò, lasciò una traccia duratura: anatomia, geologia, paleontologia, cristallografia. Gli scritti si distinguono per chiarezza, concisione, forza di argomentazione, rifiuto di vane speculazioni, evidente riflesso di un pensiero geniale, dalle idee chiare e distinte.

 

Bibliografia:
R. ANGELI, Niels Steensen, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996.
M. NALDINI (a cura di), Niccolò Stenone. Conversione ed attività pastorale. Scritti scelti, Nardini Editore, Firenze 1988.
N. QUATTRIN, Nicola Stenone, scienziato e santo. Nel III centenario di sua morte, Accademica Olimpica, Vicenza 1987.
F. ABBONA, Steensen, Niels (1638 - 1686), dalle voci del DISF
GIOVANNI PAOLO II, Omelia della beatificazione di Niels Steensen, 23 ottobre 1988.

 

Beato FRANCESCO FAÀ DI BRUNO

Nato ad Alessandria il 29 marzo 1825, morto a Torino il 27 marzo 1888. Beatificato da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988.

Ottenne la licenza in Scienze matematiche alla Sorbona e, nel 1854, conseguì il dottorato in Scienze matematiche. Allievo di Augustine Cauchy, dal matematico francese gli furono assegnate due tesi, una di matematica e l’altra di astronomia, per il conseguimento del dottorato.

Due sono le caratteristiche salienti della sua produzione scientifica: il carattere internazionale e la spiccata propensione alla trattatistica. Faà di Bruno apparteneva a pieno titolo all’ambiente scientifico europeo: iniziata la carriera di matematico a Parigi, insegnò all’università di Torino, pubblicando in Francia e in francese; i suoi articoli apparvero sulle più prestigiose riviste europee e i suoi trattati furono tradotti in francese e in tedesco. La tesi di matematica, discussa a Parigi per il conseguimento del dottorato, verteva sulla “Teoria dell’eliminazione”. Insieme ad alcuni altri lavori pubblicati sugli “Annali di scienze matematiche e fisiche”, essa costituisce la base del trattato Théorie générale de l’élimination (1859), che fu uno dei principali strumenti di diffusione dei risultati più significativi della teoria e che, per alcuni versi, è un riferimento importante ancor oggi. Fortemente osteggiato nella sua carriera accademica a causa dei pregiudizi anti-cattolici presenti nell’ambiente universitario di influenza francese, fu nominato a Torino professore straordinario di Analisi superiore, ma non riuscì mai a ottenere l’ordinariato.

Nel 1876 ricevette l’ordinazione sacerdotale quasi in continuità con una vita spesa già da laico in molteplici attività religiose, filantropiche e sociali, lasciandoci uno dei più fulgidi esempi del cattolicesimo sociale piemontese dell’Ottocento. Il suo impegno sociale aveva le sue radici negli anni trascorsi a Parigi, in particolare nell’esempio di Cauchy e nell’esperienza spirituale e umana quale membro della Conferenza di Saint-Germain des Prés.

Dalla ferma convinzione che una più profonda conoscenza del mondo naturale permette di accostarsi maggiormente a Dio e di conoscerne e apprezzarne l’onnipotenza, muove anche l’opera di divulgazione scientifica che Faà di Bruno per tutta la vita svolse a vari livelli, non solo scrivendo articoli su riviste a carattere interdisciplinare come Les Mondes, pubblicando trattati di alto profilo scientifico e redigendo manuali per le scuole secondarie, ma anche organizzando un corso di fisica per signore, realizzando una biblioteca circolante, attrezzando nel suo Istituto un gabinetto di fisica che annoverava, fra l’altro, anche alcuni strumenti di sua invenzione, nonché allestendo una moderna tipografia.

Insieme a Don Giovanni Bosco (1815-1888) fu propugnatore di una stampa cattolica moderna di tipo popolare: fu sua l’idea di pubblicare un almanacco che insieme al calendario fornisse uno strumento semplice, ma efficace, di istruzione in campo morale, religioso, offrendo anche consigli e semplici nozioni di economia domestica, di agricoltura e di meteorologia. Il primo numero uscì nel 1853 con il titolo Il Galantuomo e l’iniziativa fu proseguita per gli anni seguenti da Don Bosco.

 

Bibliografia:
P. BASSIGNANA, Faà di Bruno. Scienza Fede e Società, Edizioni del Capricorno, Trofarello (TO) 2008;
V. MESSORI, Un italiano serio. Il beato Francesco Faà di Bruno, Paoline, Milano 1990.
L. GIACARDI, Francesco Faà di Bruno, dalle voci del DISF.

 

Processi di beatificazione in corso….

prof. ENRICO MEDI

Nato a Porto Recanati il 26 aprile 1911, morto il 26 maggio 1974 a Roma. Il 26 maggio 1995 la Diocesi di Senigallia ha introdotto la sua Causa si Beatificazione e Canonizzazione.

Esemplare figura di laico cristiano, impegnato a testimoniare la propria fede nella vita e nella cultura, fu docente e ricercatore di fisica e uomo politico.

Nel 1932 si laurea in fisica pura con Enrico Fermi per poi diventare assistente del prof. Lo Surdo sino al 1937, anno in cui consegue la libera docenza in fisica terrestre. Pochi anni dopo, nel 1942, vince la cattedra di fisica sperimentale all'Università di Palermo. Viene eletto dall'Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana e nel 1948 è confermato Deputato al Parlamento. Quindi, diviene Presidente dell'istituto Nazionale di Geofisica e realizza una rete di Osservatori Geofisici in tutta Italia. Dal 1952 torna a Roma dove ottiene la Cattedra di Fisica Terrestre. Continuano i suoi successi in campo scientifico e, parallelamente, prosegue la sua attività politica fino al 1953, quando decide di lasciare la carriera per dedicarsi nuovamente alla ricerca scientifica e ad una divulgazione scientifica di ispirazione cristiana.

Un momento significativo della sua vita giunge con la nomina a vice presidente dell’EURATOM: dal 1958 al 1965 si dedica alle attività di tale Organizzazione internazionale, arrivando a far varare la legge per la protezione delle radiazioni nucleari, fino a quando non matura un’attenta riflessione personale sulla tematica e decide di dimettersi per gravi motivi di coscienza.

Appassionato scienziato e uomo innamorato di Dio, Enrico Medi ha saputo armonizzare e vivere con grande profondità entrambe queste dimensioni. Nel suo modo di intendere il sapere scientifico e il suo rapporto con la fede non c’è scissione, al contrario, scienza e fede sono strettamente legati, quasi dipendenti l’una dall’altra. Per Medi il cristianesimo è scientifico e la scienza è per sua natura cristiana: cioè ricerca della verità, attenta indagine su quella che è la volontà di Dio, che si esprime nell'ordine naturale (scienza) e nell'ordine soprannaturale (fede e teologia).

 

Bibliografia:
A. GLIOZZO, Enrico Medi scienziato e credente, LDC, Tornio;
V. DE MARCO, Fedele alla verità. Enrico Medi nel cattolicesimo italiano contemporaneo, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001.

 

 

prof. JERÔME LEJEUNE

Nato a Montrouge il 13 giugno 1926, morto a Parigi il 3 aprile 1994. Il processo diocesano per la causa di beatificazione è iniziato il 25 febbraio 2007 e si è concluso l’11 aprile 2012 nella cattedrale di Notre-Dame de Paris, trasmettendone gli Atti alla fase romana, presso la Santa Sede.

Genetista francese, è stato docente di genetica fondamentale all'Università di Parigi. Nel 1958 ha scoperto l'anomalia genetica (trisomia del cromosoma 21) che causa la sindrome di Down. Membro della Pontificia Accademia delle Scienze dal 1974, ricoprì il ruolo di primo presidente della Pontificia Accademia della Vita.

Mostrò sempre una profonda compassione per coloro che soffrivano. La sua vocazione non era solo quella di un ricercatore, quanto piuttosto quella di un medico, ovvero di qualcuno che per missione si sforzava di assistere i sofferenti, cercando di migliorare le loro condizioni di vita. Questa compassione era proprio ciò che lo determinava a svolgere le ricerche necessarie per scoprire nuove cure ed incoraggiare altri a condividere la sua missione. Egli amava definire ogni uomo come "unico e insostituibile" proprio in forza della sua relazione con l'infinito.

La sua attività di medico e di ricercatore non si è mai arrestata. Ricevette numerosi riconoscimenti per il suo lavoro sulle patologie cromosomiche, tra cui nel 1962 il premio Kennedy, nel 1969 il William Allen Memorial Award, e nel 1993 il premio Griffuel per il suo lavoro pionieristico sulle anomalie cromosomiche nel cancro. Lejeune è autore di: La Progenèse (Parigi, 1954); Les Chromosomes Humaines (con R.Turpin, Parigi, 1965); Le Malattie Cromosomiche (con E.Dutrillaux, Milano, 1972) e di oltre 340 tra articoli e testi di conferenze, apparsi tra il 1953 ed il 1997. Alcuni suoi saggi sono raccolti in italiano nel volume Il messaggio della vita, Cantagalli, Siena 2002. Più voci ascrivono alla sua posizione di credente il motivo del mancato conferimento del premio Nobel, un caso peraltro non isolato. Alla guida dell'unità di citogenetica clinica dell' Hôpital Necker-Enfantes Malades di Parigi, Lejeune e la sua équipe studiarono oltre 30.000 cariotipi di pazienti e seguirono più di 9.000 persone con difetti dell'intelligenza. I risultati della sua ricerca clinica e scientifica sono documentati in numerose pubblicazioni su diverse sindromi cromosomiche (monosomie, trisomie, delezioni e translocazioni autosomiche; sindromi di Klinefelter, di Turner e X-fragile; mosaicismi). I suoi studi sulla struttura dei cromosomi nelle varie specie animali costituirono la base delle sue argomentazioni sulle teorie evoluzioniste.

Legato a Giovanni Paolo II da sentimenti di profonda stima ed amicizia, il Pontefice lo volle come primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, istituita l'11 febbraio del 1994, poche settimane prima della sua morte. Dopo la sua morte, una prestigiosa Fondazione Lejeune finanzia studi e ricerche in ambito bio-medico.

 

Bibliografia:
J. LEJEUNE, Il messaggio della vita, Cantagalli, Siena 2002;
J.-M. LE MéNé, Il professor Lejeune, fondatore della genetica moderna, Cantagalli, Siena 2008.