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L'esperienza umana degli uomini che conquistarono la Luna. Riflessioni a partire dal libro di Andrew Smith, "Polvere di Luna"

Diego Santimone
2019

Una delle poche eccezioni al materiale – soprattutto tradotto in lingua italiana – che narra dell’impresa lunare delle missioni Apollo è il libro-intervista Polvere di Luna (titolo originale Moondust) di Andrew Smith. Molto distante dalla descrizione rigidamente cardinale – seppure necessaria anch’essa – della serie di missioni spaziali che hanno preparato e realizzato le prime missioni umane sul satellite selenico. Lontano da informazioni tecniche, statistiche e dati, Smith ha realizzato alle soglie del XXI secolo un’opera-testimonianza scaturita dalla personale constatazione che entro pochi lustri gli uomini dell’Apollo avrebbero terminato il loro viaggio terreno a bordo dell’astronave Terra. Ha così deciso di incontrare i nove astronauti lunari ancora in vita per poter cogliere quella che è stata la loro esperienza umana, al di là di ogni (importante) dato tecnico e scientifico. Il risultato è un libro capace di cogliere l’altro programma lunare, quello talvolta trascurato nei libri di storia: «Più si guarda ad Apollo e più sembra che vi siano stati al suo interno due programmi spaziali nettamente distinti che correvano in parallelo: uno ufficiale che aveva a che fare con l’ingegneria, il volo e il fatto di battere i sovietici, e un altro ufficioso, quasi clandestino, che riguardava le persone e il loro posto nell’universo: la coscienza, Dio, la mente, la vita» (A. Smith, Polvere di Luna. La storia degli uomini che sfidarono lo spazio, Cairo Editore, Milano, 2006, pp. 316-317).

L’autore struttura in maniera sistematica e sincronica i contributi degli uomini dell’Apollo, facendo emergere vissuti personali e familiari, ricordi delle missioni svolte, riflessioni circa l’esistenza, nonché il riconoscimento del contributo che l’Apollo ha avuto nel definire/modificare la loro vita. È il peso della Luna nella loro storia.

Nel tempo seguente alle missioni, molti uomini della Luna hanno vissuto un senso di frustrazione per la fine dell’esperienza, di delusione nel constatare di essere nuovamente legati alle catene della gravità terrestre. Il loro viaggio non è stato indifferente, a nessuno di loro: «sono dovuti tornare indietro e dissolvere la loro eccentrica odissea in una qualche esistenza terrestre, cercando di scendere a patti con noi e con la quotidianità. Hanno dovuto reimparare come vivere una vita, cercare di trovarvi un nuovo significato, lì sulla Terra, in quell’angoletto del vasto cosmo in cui hanno avuto l’inaccessibile fortuna di imbattersi» (p. 319).

In seguito alcuni astronauti Apollo fecero scelte di vita molto lineari e coerenti alla loro carriera lavorativa pregressa; le biografie di altri invece stupirono per la loro imprevedibilità ed eterogeneità. La cosa diviene più interessante se si considera che fra i primi spiccano in stragrande maggioranza i comandanti di missione (con il sedile di sinistra sul modulo lunare) e fra quelli del secondo gruppo i piloti del modulo lunare (con il sedile a destra). Senza voler proporre una tesi scientifica – a causa dei pochi dati statistici disponibili – è sicuramente interessante cogliere questa sottolineatura, avanzata dagli stessi astronauti. Ed Mitchell, pilota del modulo lunare di Apollo 14 ha affermato che: «I sei che sedettero a sinistra seguirono – dopo il rientro sulla Terra – percorsi prevedibili, ma i sei dei sedili di destra imboccarono ogni genere di direzione inaspettata. È un fenomeno noto negli studi militari: chi sta nel sedile dietro di un velivolo a due posti e chi sta ai comandi hanno esperienze diverse perché sono concentrati su cose diverse. Quelli di noi che sono stati sulla Luna come piloti del LM (…) potevamo assimilare e riflettere su quello che stavamo facendo in modo più approfondito» (pp. 364-365). Il fenomeno del “posto destro – posto sinistro” è interessante nel suo significato ultimo: la persona umana viene ispirata e condizionata nel profondo – fino a influenzare le scelte di vita più diverse – se ha la possibilità di aprirsi/dedicarsi al pro-vocante sublime che il viaggio lunare propone. Ecco allora le storie di uomini lunari che divengono imprenditori, ricercatori parascientifici, artisti, ministri di culto, evangelizzatori: quello stesso thauma che fece cadere Talete nel pozzo raggiunge e stimola la contemplazione di esseri umani lontani 380.000 chilometri dalla Terra.

La Luna non è esperienza che fa accedere ad una meraviglia esclusiva. È invece “semplicemente” una delle possibili pro-vocazioni delle dimensioni più basali e profonde dell’essere umano, di determinazione della propria esistenza ed unicità; durante la missione Apollo 12 Alan Bean disse a sé stesso: «Se torno a casa, vivrò la mia vita a modo mio» (p. 205). La Luna ha sprigionato l’umanità degli uomini Apollo che l’hanno toccata, amplificandola, nel bene e nel male; è stata fedele al compito che svolge fin da quando esiste: «Per me (Smith, ndr) è questa la lezione collettiva sorprendente degli uomini della Luna. Nessuno ne è stato cambiato, ma ciascuno ne è stato galvanizzato. Qualunque cosa abbiano portato con sé, l’hanno riportata indietro moltiplicata per dieci, come carboni frantumati in diamanti. Attraverso l’Apollo la Luna ha fatto quello che ha sempre fatto: riflesso luce fresca su quello che già c’era» (p. 383).

Il viaggio lunare si è rivelato come occasione antropologica: «Chiedo a Schmitt (Apollo 17, ndr) se pensa che andare sulla Luna l’abbia cambiato, ripetendo l’opinione di Alan Bean secondo cui tutti gli esploratori lunari siano tornati in realtà più simili a come erano già, e il viso gli si illumina» (p. 317). Uno thauma – quello lunare – che radica profondamente quegli uomini alla terra abitata dall’umanità: «Al ritorno dallo spazio, Alan Bean (Apollo 12, ndr) sedeva per ore al centro commerciale di Houston a mangiare il gelato e a guardare la gente turbinare intorno a lui, rapito dal semplice e miracoloso fatto che erano lì ed erano vivi in quel momento, esattamente come lui» (p. 382).

Polvere di Luna non è un racconto “spaziale” generato nel vuoto cosmico, ma in case e salotti. E non sono uomini d’acciaio o intrepidi ironman quelli che vengono intervistati, ma astronauti che disvelano la loro piena umanità, ormai anziani, legati spesso da una forte amicizia o da una mirabile stima reciproca, consorti di mogli e padri di figli che intervengono senza timore nel testimoniare l’esperienza che la Luna gli ha fatto sperimentare nella loro relazionalità familiare.

E addentrandosi nei dialoghi e nelle interviste, si ha la sensazione simile a quella provata nell’ascoltare i racconti dei propri nonni o degli anziani del paese. E si scopre che i propri nonni, plasmati e forgiati dall’esperienza della vita, sono stati eroici tanto quanto gli astronauti Apollo, nell’aver “semplicemente” accettato la sfida del pellegrinare umano più importante. Quello dell’esistere. Ed anche il lettore si percepisce destinato a questa grande vocazione eroica che è la vita umana. Riflettendo circa la stesura del libro Smith afferma: «Proprio come  loro sono andati sulla Luna solo per trovare la Terra, io sono venuto a cercare loro ma  quello che mi pare di vedere è me stesso e chiunque altro rilesso in loro: scopro che i pensieri e le domande che gli esploratori suscitano in noi che li guardiamo valgono più di qualunque risposta possiamo sperare di ricavarne; che il nostro incanto non è per loro, è per noi stessi. E per me questo rispecchiamento ha un senso ancora più profondo, perché anche se ci ho messo un po’ ad accorgermene, quando sono rientrati avevano tutti pressappoco l’età che ho io adesso» (p. 319).

È una riflessione sull’esperienzialità umana che esige di essere favorita non soltanto in astronautica, ma in occasione di ogni evento tecnico-scientifico. Solo i dati – i numeri – non bastano per recepire conoscenza e saggezza offerti. Occorre sempre l’integralità e l’unicità dell’umano.

Prima o poi le missioni da e verso la Luna diverranno routine – come oggi lo è un volo fra Milano e Roma – grazie al progresso tecnologico, agli interessi economici e ai cambiamenti socioculturali. E come ancora oggi un bimbo si stupisce di fronte al suo primo volo in aereo e rimane a bocca aperta di fronte al panorama offerto dal finestrino, così ogni persona che lascerà la gravità terrestre per quella lunare si accingerà a fare quello che l’umano è in grado di fare meglio. Provocazione della Luna, costitutivo della vita. Stupirsi.