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Una fede che diventa cultura: Romano Guardini e Giovanni Paolo II

Luigi Negri
2011

brano tratto da: Luigi Negri, Fede e cultura. Scritti scelti, Jaca Book, Milano 2011, pp. 309-312

   


     

Non si può fare a meno di affrontare un tema caro a Guardini: il problema della cultura. Qui sta l'autentica attualità del pensiero dell'Autore, che ha saputo indicare con estrema chiarezza non solo i problemi più seri e più veri dell'epoca attuale, ma soprattutto soluzioni efficaci da tempo attese, con uno spirito nuovo, vicino ai problemi dell'uomo. In questo senso va visto un «continuum» che unisce Guardini al magistero di Giovanni Paolo II, perché nel suo insegnamento e nei suoi discorsi sono evidenti i rimandi al pensiero dell'Autore, tanto che essi sembrano rivivere, in tutta la loro forza e profondità, nelle espressioni del Santo Padre. Questa linea di continuità è evidente soprattutto nei tre temi strettamente legati alla cultura: il problema religioso, il progresso e il potere.

Cultura-Religione-Cristianesimo 

Per una cultura che difenda il giusto valore dell'uomo, il punto di partenza della riconquista antropologica di Guardini è l'uomo stesso, nella sua inquietudine e apertura verso quel Valore che è fondamento di ogni cosa.

Così anche per il Papa, fare cultura significa comprendere l'essere umano nella sua piena dimensione; ciò implica, dunque, l'apertura alla trascendenza: per la considerazione integrale dell'uomo non basta dare un elenco analitico degli aspetti della sua personalità, perché egli, in quanto persona, trascende costitutivamente tutti gli elementi che lo compongono. Guardini, affermando che la religione consiste nel rapporto vivo dell'uomo concreto con il Dio vivente, si domanda spesso, nel corso della sua opera, in che rapporto stiano problema religioso e fattore culturale. L'Autore porta come esempio due forme-limite, che mostrano l'estrema diversità di intendere tale rapporto.

Mentre il buddhismo, che considera ogni ente concreto irreale, tanto da essere trasportato in un evento interiore per raggiungere una propria validità, risolve la cultura, cancellandola, nell'elemento religioso, l'atteggiamento nordico, che trova compimento nell'azione audace, nel godimento della vita attuale in modo immediato, rimuove e assolve l'elemento religioso nel culturale. Secondo Guardini queste sono diverse direzioni dell'atto religioso, entro l'ordine complessivo formato dall'uomo e dal mondo.

Se in un primo momento appaiono come forme diametralmente opposte, dopo un'attenta analisi si scopre che le loro posizioni sono relative e non assolute: l'una non significa l'esclusione o il controvalore dell'altra, come asseriva la coscienza moderna. Il fattore religioso e quello culturale sono forze che stanno in parte nello stesso senso, in parte in quello opposto ma entro la medesima totalità; sono cioè variazioni della stessa posizione fondamentale che è l'unita del mondo e dell'uomo. Lo stesso Guardini, però, afferma che il rapporto cambia qualitativamente non appena si pongono in relazione cultura e cristianesimo. Non si può infatti eguagliare quest'ultimo con il «religioso» in genere.

Da questo punto di vista il problema di come si rapportino cristianesimo e cultura assume un nuovo carattere: non soltanto vi è assoluta trascendenza (non come quella relativa di Buddha che può trasformarsi in ogni momento nell'immanenza), ma anche una nuova immanenza, poiché apre nel credente una intimità più profonda e di specie diversa. Guardini afferma che esiste il pericolo che la religione cristiana venga trasposta in cultura, ridotta cioè a partito, a società, a politica cristiana, ma vi è anche la possibilità, partendo dalla fede, di rimuovere la stessa cultura in modo autentico.

Se in Dio l'uomo può ritrovare il suo valore, è in Gesù Cristo che egli attinge la sua pienezza di significato, così e portando Cristo nel cuore della cultura in cui si vive, che si riesce a creare una vera «umanizzazione».

In questo modo la missione cristiana rappresenta la certezza, la speranza e la possibilità di attuazione per ogni singolo uomo e per ogni intero popolo. Nel discorso ai docenti universitari di Bologna, lo stesso Giovanni Paolo II afferma che la fede, restando fede, deve farsi cultura, non trascurando, né mortificando i valori autentici del mondo, ma esaltandoli e purificandoli.

Il cristianesimo diventa così la condizione per la valorizzazione delle varie forme di cultura che sono sorte nel corso dei secoli; capace di accogliere e di esaltare tutto ciò che è stato intuito, pensato e realizzato riguardo all'uomo.

Grazie al suo messaggio di salvezza, esso offre la possibilità di fondare un'antropologia autentica per una nuova e vera umanità. La fede diventa cultura, dunque, quando vive la sua vocazione essenziale, illuminando la strada all'uomo che va in cerca del suo significate definitivo.