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I gradi del sapere

Tommaso d´Aquino
1250

Commento al De Trinitate di Severino Boezio, questione 5, articolo 1

Nella presente questione del commento al De Trinitate di Boezio, san Tommaso d’Aquino (1225 –1274) elabora un'importante riflessione sulle scienze ed il metodo scientifico, che eserciterà un forte influsso sulla posteriore evoluzione dell’epistemologia. L’Aquinate sviluppa la classificazione generale delle scienze in speculative e pratiche, per poi soffermarsi nella divisione delle scienze speculative in filosofia naturale, matematica e metafisica, resa possibile grazie al loro oggetto e al diverso grado di astrazione dalla materia. Egli chiarisce inoltre il rapporto gerarchico tra le scienze, affermando al tempo stesso la loro autonomia metodica nel proprio ambito di ricerca, e distinguendo i diversi piani in cui i loro oggetti si collocano: fisico, matematico e metafisico.

I gradi del sapere

Per rispondere alla prima domanda si procede come segue.

Sembra che la divisione della scienza speculativa in queste tre parti (filosofia naturale, matematica e scienza divina) non sia pertinente. Infatti:

1. Le parti della scienza speculativa sono abiti che perfezionano la parte contemplativa dell'anima. Ora il Filosofo nel libro sesto dell'Etica [Aristotele, Eth. Nic. 6, 1, 1139a12; 3, 1139b15-17; 5-6, 1140b31-1141b8] sostiene che la parte scientifica dell'anima, ch'è appunto quella contemplativa, si perfeziona con tre abiti, cioè sapienza, scienza e intelletto. Queste tre dunque sono le parti della scienza speculativa, e non quelle proposte nel testo di Boezio.

2. Nell'ottavo libro sulla Città di Dio [Agostino, De Civitate Dei, 8, 4, CCL 47, 219-220] Agostino afferma che la filosofia razionale, o logica, è inclusa nella filosofia contemplativa o speculativa. Ma di essa non fa menzione la divisione di Boezio che sembra dunque insufficiente.

3. Si usa dividere la filosofia in sette arti liberali, che non includono filosofia naturale né scienza divina, ma solo logica e matematica. Quindi filosofia naturale e scienza divina non dovrebbero considerarsi parti della scienza speculativa.

4. Sembra che la medicina sia scienza massimamente operativa e tuttavia si dice ch'essa abbia una parte speculativa e una parte pratica. Per la stessa ragione tutte le altre scienze operative hanno una parte speculativa. Ne segue che nella divisione delle scienze speculative si dovrebbe includere l'etica o scienza morale, benché sia una scienza pratica, a motivo della sua parte speculativa.

5. La scienza medica e parte della fisica, allo stesso modo di altre arti chiamate "meccaniche", come scienza dell'agri­coltura, chimica, e altre simili. Ora, poiché queste scienze sono operative, non sembra che la filosofia naturale si debba includere nella scienza speculativa senza precisazioni.

6. Il tutto non si deve contraddistinguere dalla parte. Ma la scienza divina sembra essere un tutto in rapporto alla fisica e alla matematica, in quanto gli oggetti di queste sono parti dell’oggetto di quella. Oggetto della scienza divina o filosofia prima è infatti l'ente; e parti dell'ente sono la sostanza mobile, studiata nella filosofia naturale, e la quantità che è oggetto della matematica, come si dimostra nel terzo libro della Metafisica [Aristotele, Met. Beta 2, 997a26-30, b1-3]. Quindi la scienza divina non si deve contraddistinguere dalla filosofia naturale e dalla matematica.

7. Nel terzo libro Sull'anima [Aristotele, De an. 3, 8, 431b24.] si dice che le scienze si dividono allo stesso modo delle cose. Ma la filosofia tratta dell'ente, giacché è conoscenza dell'ente, come scrive Dionigi nella Lettera a Policarpo [Pseudo-Dionigi, hp 7, § 2, PG 3, 1080B]. E dunque, poiché l'ente si divide anzitutto in potenza e atto, uno e molti, sostanza e accidente, sembra che le parti della filosofia dovrebbero dividersi allo stesso modo.

8. Vi sono molte altre divisioni degli enti studiate dalle scienze, più essenziali delle divisioni in mobile e immobile, in astratto e non astratto; come, ad esempio, le divisioni in corporeo e incorporeo, in animato e inanimato, ed altre simili. La divisione delle patti della filosofia dovrebbe perciò basarsi più su queste differenze che non su quelle indicate nel testo di Boezio.

9. La scienza ch'è presupposta da altre scienze deve precederle. Ora tutte le altre scienze presuppongono la scienza divina, perché ad essa spetta il compito di dimostrare i principi delle altre scienze. Boezio doveva perciò mettere la scienza divina prima delle altre.

10. Si deve imparare la matematica prima della filosofia della natura, poiché la matematica possono facilmente impararla i bambini, ma solo i provetti possono imparare la filosofia della natura, come si dice nel sesto libra dell'Etica [Aristotele, Eth. Nic. 6, 9, 1142all-20]. Perciò si dice che presso gli antichi si osservasse questo ordine nell'apprendimento delle scienze: gli alunni studiavano prima la logica, poi la matematica, poi la filosofia della natura e dopo di essa la morale, e finalmente la scienza divina. Boezio doveva perciò mettere la matematica prima della filosofia della natura. La divisione proposta nel testo sembra perciò insufficiente.

 

Argomenti in contrario

1. Che la divisione sia appropriata il Filosofo lo dimostra nel sesto libra della Metafisica, la dove dice: "Tre sono di conseguenza le branche della filosofia teoretica: la matematica, la fisica e la teologia [Aristotele, Met. Epsilon l, 1026a18].”

2. Nel secondo libro della Fisica [Aristotele, Phys. 2, 7, 198a29-31] si propongono tre metodi scientifici che sembrano corrispondere alle tre branche.

3. Anche Tolomeo adopera questa divisione all’inizio del suo Almagesto [Tolomeo, Syntaxis mathematica 1,1, Opera omnia 1, 5, 7-10].

 

Risposta

L'intelletto teorico o speculativo si distingue dall'intelletto operativo o pratico proprio perché l'intelletto speculativo ha per fine la verità da contemplare, mentre l'intelletto pratico orienta la verità contemplata all'azione come al suo fine. Perciò il Filosofo insegna nel terzo libro Sull’anima [Aristotele, Dean.3 , 10, 433a15] che essi differiscono tra loro per il fine; e nel secondo libro della Metafisica [Aristotele, Met. alfa 1, 993b20], che “il fine della scienza teoretica è la verità, mentre il fine della pratica è l’azione”. 

Ora, poiché la materia deve essere proporzionata al fine, occorre che l'oggetto delle scienze pratiche abbracci cose che possiamo produrre con la nostra azione, in modo che la loro conoscenza possa ordinarsi all'azione come a suo fine. L'oggetto delle scienze speculative deve invece abbracciare cose non prodotte con la nostra opera e dunque il loro studio non si può ordinare all’azione come a suo fine. Secondo questa distinzione degli oggetti devono distinguersi anche le scienze speculative.

Si deve tuttavia sapere che quando gli abiti o le potenze si distinguono grazie agli oggetti, non si distinguono secondo qualsiasi differenza degli oggetti, ma solo per le differenze essenziali degli oggetti in quanto oggetti. Infatti essere un animale o una pianta riguarda il sensibile in quanto percepito dai sensi, e dunque la distinzione tra i sensi non si basa su questa differenza, ma piuttosto sulla differenza tra colore e suono. Le scienze speculative devono quindi distinguersi per le differenze degli oggetti di speculazione considerati appunto in quanto tali. Ora, all'oggetto speculabile - ossia all'oggetto della potenza speculativa - compete qualche caratteristica da parte della potenza intellettiva, e qualche altra da parte dell'abito della scienza che perfeziona l'intelletto. Da parte dell'intelletto allo speculabile compete che sia immateriale, poiché lo stesso intelletto è immateriale; da parte della scienza gli compete che sia necessaria, poiché la scienza tratta cose necessarie, come si dimostra nel primo libro degli Analitici secondi [Aristotele, Anal. post. 1, 2, 71b9-12.15; 6, 74b5-75a 37; 33, 88b30-35; cfr 5Th. 1, 86, 3]. Ora ogni cosa necessaria, in quanto necessaria, è indiveniente; invece ogni cosa che diviene, in quanto diviene, può essere o non essere, in assoluto o relativamente, come si dice nel libro nono della Metafisica [Aristotele, Met. Theta 8, 1050bll -15; cfr In IX Metaph. leer. 9, n. 1968]. Pertanto allo speculabile, ch'è oggetto della scienza speculativa, appartiene essenzialmente la separazione e dalla materia e dal divenire, o la connessione con essi. Ne segue che le scienze speculative si distinguono secondo il loro grado di separazione dalla materia e dal movimento.

Ci sono dunque alcuni oggetti di speculazione che dipendono dalla materia nell'essere, poiché non possono esistere senza materia. Questi oggetti si distinguono tra di loro. Alcuni dipendono dalla materia nell'essere e nell'essere pensati, come gli oggetti nella cui definizione entra la materia sensibile e, dunque, non si possono intendere senza materia sensibile. Per fare un esempio, nella definizione di uomo occorre includere la carne e le ossa. Di questi oggetti tratta la fisica o scienza naturale. 

Altri oggetti speculabili, invece, dipendono dalla materia nell'essere ma non nel pensiero, perché nella loro definizione non è inclusa la materia sensibile, com'è il caso della linea e del numero. Di questi oggetti tratta la matematica.

Ci sono finalmente oggetti speculabili che non dipendono dalla materia nell'essere, in quanto possono esistere senza materia, sia perché non esistono mai nella materia, come Dio e l'angelo, sia perché ora esistono nella materia e ora no, come la sostanza, la qualità, la potenza, l'atto, l'uno e i molti, e così via. Di tutti questi oggetti tratta la teologia o scienza divina, così chiamata perché ha Dio come suo oggetto principale. Con altro nome si chiama metafisica , ossia transfisica, poiché bisogna studiarla dopo la fisica: dobbiamo infatti pro cedere dalle cose sensibili a quelle non sensibili. Si chiama pure filosofia prima, poiché tutte le altre scienze, da essa traendo i loro principi, vengono dopo di essa. Non si dà un quarto genere di filosofia oltre a quelli ora menzionati: è infatti impossibile che alcune cose dipendano dalla materia sul piano del pensiero ma non dell'essere, poiché l'intelletto per sua natura è immateriale.

Replica agli argomenti

1. Nel libro sesto dell'Etica sopra citato il Filosofo considera gli abiti dell'intelletto in quanto sono virtù intellettuali. Ora si chiamano virtù perché perfezionano l'intelletto nella sua operazione: "la virtù infatti fa buono colui che la possiede e rende buona la sua opera" [Aristotele, Eth. Nic. 2, 5, 1106a15-17], e dunque egli distingue le virtù intellettuali secondo il diverso modo in cui gli abiti intellettivi perfezionano l’intelletto. Ora, diverso è il modo in cui la parte speculativa dell’anima viene perfezionata dall’intelletto, ch’è l’abito dei principi, quando alcune cose diventano note per se stesse, e diverso è il modo in cui essa viene perfezionata quando si conoscono conclusioni dimostrate per mezzo di questi principi, sia che la dimostrazione proceda da cause inferiori, come nel caso della scienza, sia che proceda da cause supreme, come nel caso della sapienza. Se poi si distinguono le scienze in quanto sono abiti, allora devono distinguersi in base agli oggetti, ossia in base alle cose di cui le stesse scienze trattano. In questo senso, nel testo di Boezio e nel sesto libro della Metafisica [Aristotele, Met. Epsilon 1, 1026a18], vengono distinte tre bran che della filosofia speculativa.

2. All'inizio della Metafisica [Aristotele, Met. Alfa 1, 980a22; 2, 982a14-17] si dimostra che le scienze speculative trattano cose la cui conoscenza si cerca per se stessa. La logica invece studia cose che non cerchiamo di conoscere per se stesse, ma come strumento aiuto per altre scienze. Perciò la logica non rientra nella filosofia speculativa come sua parte principale, ma come qualcosa che attiene ad essa, in quanto le provvede gli strumenti, cioè sillogismi, definizioni e altre cose simili, di cui abbiamo bisogno nelle scienze speculative. Perciò la logica, secondo Boezio nel Commenta a Porfirio [Boezio, In Porphyriilsagogen Comm. 1,3, CSEL 48, 140-143], più che scienza e strumento di scienza.

3. Le sette arti liberali non dividono esaurientemente la filosofia teoretica. Anzi, nel terzo libro del suo Didascalicon, Ugo di S. Vittore afferma che si elencano sette arti tralascian­ done altre, perche coloro che studiano filosofia vengono an­ zitutto istruiti in queste sette arti, le quali si distinguono in trivia e quadrivio [Ugo di San Vittore, Didascalicon,: il testo citato ha viaee allude a ll'etimo di "trivium" e "quadrivium"] perché sono come vie che introducono lo spirito volenteroso nei segreti della filosofia"32. Questa opi­ nione concorda anche con l'affermazione del Filosofo nel se­ condo libro della Metafisica [Aristotele, Met. alfa 3, 995a13], che il metodo della scienza si deve investigare prima delle scienze. Glossando questo testo, anche il Commentatore afferma che prima di tutte le altre scienze si deve imparare la logica, che insegna il metodo di tutte le scienze; e il trivia include la logica [Averroè, In Met. II com. 15]. Nel sesto libro dell'Etica [Aristotele, Eth. Nic. VI, 9, 1142a16-20] il Filosofo insegna pure che i bambini possono apprendere la matematica ma non la fisica, che richiede esperienza; e così fa intendere che dopo la logica si deve imparare la matematica, cui appartiene il quadrivio. In questa senso trivia e quadrivio sono come vie con cui ]'animo si pre­ para alle altre discipline filosofiche.

All'argomento si può replicare anche in altro modo. Ricevono il nome di arti le scienze che implicano non solo conoscenza ma anche una certa azione, che deriva immediatamente dalla stessa ragione; ad esempio, dare forma a giudizi, sillogismi e discorsi, contare, misurare, comporre melodie, computare il corso degli astri. Altre scienze invece o non comportano opera ma solo conoscenza, come teologia e scienza naturale, e dunque non possono ricevere il nome di arti, poiché "arte" si chiama la ragione pratica , come attesta il sesto libro della Metafisica [Aristotele, Met. epsilon 1, 1025b22; Eth. Nic. 6, 4, 1140a8-10; cfr De ver. 5, 1; 5Th. 1-2, 57, 4; In VI Ethic. lect. 3, n. 1153]; o implicano attività corporea, come medicina, chimica, e scienze analoghe, e dunque non possono dirsi arti liberali, poiché tali atti sono compiuti con ciò che nell'uomo non è libero, cioè col corpo. Il caso della scienza morale è particolare perché l'azione, cui essa è ordinata, non è atto della scienza, ma piuttosto della virtù, come si mostra nel libro dell'Etica [l9Aristorele, Eth. Nic. 1, 6, 1095a4-6; 6, 1098a15; 13, 1102a5-10.]. E dunque la scienza morale non può dirsi arte; nelle azioni invece la virtù prende il luogo dell'arte. Per questa, come riferisce Agostino nel quarto libra Sulla Citta di Dio [Agostino, Deciv. Dei 4, 21, CSEL 40/1, 188], gli antichi definirono la virtù come arte del bene e retto vivere.

4. Come dice Avicenna iniziando il suo trattato di Medicina [Avicenna, Canon Medicinae 1, ten. 1, cloctr. I, prol.], altra è la distinzione tra teoretico e pratico quando si divide la filosofia in teoretica e pratica, altra quando si dividono le arti in teoretiche e pratiche, altra quando si divide la medicina. Infatti quando la filosofia o anche le arti si distinguono in teoretiche e pratiche, la distinzione deve farsi in rapporto al loro fine, così da chiamare teoretico ciò che si ordina alla sola conoscenza della verità e pratico ciò che si ordina all'azione. Quando tuttavia si cerca la differenza tra tutta la filosofia e le arti, e di grande interesse precisare che la filosofia si distingue in riferimento al fine della felicita, a cui si ordina tutta la vita umana. Citando Varrone nel diciannovesimo libro Sulla Citta di Dio [Agostino, De civ. Dei 19, 1, 3, CSEL 40/2, 366; il Liberde philosophia di Varrone è andato perduto], dice infatti Agostino: “L’unica ragione che muove all'uomo a filosofare è quella di essere felice".

E poiché, come si dimostra nel decimo libro dell'Etica [43 Aristotele, Eth. Nic. 10, 7-8, 1177a12-1178b32], i filosofi insegnano che vi e una duplice felicità, una contemplativa e l'altra attiva, essi hanno coerentemente distinto anche

due parti della filosofia, chiamando morale la filosofia pratica, e teoretica la filosofia naturale e quella razionale. Si dice invece che alcune arti sono speculative e altre pratiche in riferimento ad alcuni fini speciali delle arti: in questo senso diciamo che l 'agricoltura e arte pratica e che la dialettica e arte teoretica.

Al contrario, quando si distingue la medicina in teoretica e pratica, la distinzione non si fa in rapporto al fine. In rapporto al fine, infatti, tutta la medicina e pratica, in quanto ordinata all'attività. La distinzione menzionata si fa invece a seconda che i temi trattati in medicina sono vicini o lontani dall'attività. Si chiama infatti pratica la parte della medicina che insegna i metodi per ottenere guarigioni, ad esempio che per "queste" pustole si devono impiegare "questi" particolari rimedi. Si chiama invece teoretica quella parte che insegna i principi, per cui l'uomo si regola nell'agire benché non immediatamente: ad esempio, insegna che ci sono tre virtù curative e tanti tipi di febbre. Ne consegue che, se vien detta teoretica una parte di una scienza attiva, non si deve solo per questo includere quella parte nella scienza speculativa.

5. Una scienza è contenuta sotto un'altra in due modi. Anzitutto, come sua parte, in quanto cioè il suo oggetto fa parte dell'oggetto dell'altra scienza , come la pianta e parte del corpo naturale; in questa senso la botanica è contenuta nella scienza naturale come sua parte. L'altro modo si ha quando una scienza è contenuta sotto un 'altra in quanta subalternata ad essa; quando cioè la scienza superiore da ragione del perché (propter quid) di quelle cose che la scienza inferiore conosce solo come fatto (quia); in questo senso la musica è contenuta nell'aritmetica. La medicina dunque non si considera parte della fisica, poiché l'oggetto della medicina non fa parte dell'oggetto della scienza naturale per lo stesso motivo per cui è oggetto della medicina. Benché infatti il corpo sanabile sia il corpo naturale, esso tuttavia non è oggetto della medicina in quanto sanabile dalla natura, ma in quanto sanabile con l'arte. Siccome nella guarigione che avviene anche per mezzo dell'arte, l'arte è serva della natura poiché la guarigione, che deriva da poteri della natura, viene perfezionata con l'aiuto dell'arte, ne segue che il fine delle pratiche mediche si basa su proprietà delle cose naturali. In questa senso la medicina è subalterna alla fisica; e per lo stesso motivo anche la chimica, la scienza dell'agricoltura e simili.

In conclusione, la fisica in sé e in tutte le sue parti è speculativa, benché alcune scienze operative siano subalterne.

Benché gli oggetti delle altre scienze siano parte dell'ente, ch'è oggetto della metafisica , non segue che le altre scienze siano parte della metafisica . Ogni scienza infatti tratta una parte dell'ente, secondo una prospettiva particolare ch'è diversa da quella in cui la metafisica tratta l'ente. Perciò il suo oggetto, propriamente parlando, non fa parte dell'oggetto della metafisica; non è infatti parte dell'ente nello stesso senso in cui l'ente è oggetto della metafisica; da questo punto di vista essa è una scienza speciale, distinta dalle altre. Si può in­ vece dire parte della metafisica la scienza che tratta della potenza o quella che tratta dell'atto o dell'uno o di qualcosa del genere, perché questi sono considerati nello stesso modo dell'ente, di cui si tratta nella metafisica.

7. Queste parti dell'ente esigono d'essere trattate come l'ente comune, perché anch'esse non dipendono dalla materia. La scienza che le tratta dunque non si distingue dalla scienza dell'ente comune.

8. Le differenze che l 'obiezione menziona non diversificano essenzialmente le cose in quanto conoscibili. Perciò le scienze non si distinguono grazie ad esse.

9. Benché la scienza divina sia per natura la prima di tutte le scienze, tuttavia rispetto a noi (quoad nos) le altre scienze vengono prima. Come dice Avicenna all'inizio della sua Metafisica [Avicenna, Meta. l , 3, ed. Van Riet 1, 20s], l 'ordine della scienza divina richiede che si studi dopo le scienze naturali, le quali spiegano molte nozioni di cui fa uso la scienza divina, come generazione, corruzione, divenire e cose analoghe. La scienza divina si deve pure studiare dopo la matematica: per conoscere le sostanze separate la scienza divina deve prima conoscere il numero e la disposizione delle sfere celesti, e questa è impossibile senza l'astronomia, che presuppone tutta la matematica. Le altre scienze invece, come musica e scienze morali e simili, contribuiscono a completare la metafisica.

E tuttavia non si dà necessariamente circolo vizioso, dicendo chela metafisica presuppone conclusioni che si dimostrano in altre scienze mentre essa prova i loro principi. I principi che un'altra scienza, ad esempio la fisica, prende dalla filosofia prima, non provano le cose che il metafisico prende dalla fisica, ma si dimostrano con altri principi immediatamente evidenti. Similmente, il metafisico non prova i principi che offre al fisico con principi che riceve da lui, ma con altri principi immediatamente evidenti. Non si dà dunque nessun circolo vizioso nella definizione dei rapporti tra metafisica e scienze.

Di più. Gli effetti sensibili, da cui procedono le dimostrazioni naturali, sono all’inizio più evidenti per noi. Ma una volta che per mezzo di essi arriviamo a conoscere le cause prime, queste ci manifestano la ragione (propter quid) di quegli effetti su cui ci basiamo per dimostrare l’esistenza (quia) delle cause. E così la scienza naturale offre qualcosa alla scienza divina e tuttavia i suoi principi si spiegano grazie ad essa. Per questo motivo Boezio colloca la scienza divina dopo le altre, perché è l’ultima rispetto a noi.

10. Benché si debba imparare la filosofia della natura dopo la matematica in quanto le sue leggi universali richiedono esperienza e tempo, tuttavia le cose naturali, poiché cadono sotto i sensi, sono per noi naturalmente più note delle entità matematiche astratte dalla materia sensibile.

Forza e debolezza del pensiero. Commento al De Trinitate di Boezio, tr. it. di Guido Mazzotta, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996, pp. 135-146.