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Il cristianesimo e la scienza fisica

John Henry Newman
1855

da una conferenza tenuta alla Scuola di Medicina della Università Cattolica di Dublino

    

1. Il tema del rapporto tra Fisica e Teologia

Ora che abbiamo appena iniziato il nostro secondo anno accademico naturale, Signori, che, come nella scorso novembre, quando stavamo accingendoci alla nostra grande impresa vi offrii alcune osservazioni suggerite dall'occasione, così ora di nuovo non debba far passare le prime settimane della sessione senza rivolgervi poche parole su uno di quei temi che oggi ci interessano in modo particolare. E quando mi metto a pensare a quale argomento sottoporrò quindi alla vostra considerazione, nella scelta mi sembra di essere diretto dal principio che ho seguito in quella prima occasione alla quale ho fatto riferimento. Allora stavamo aprendo le Scuole di Filosofia e Lettere, come ora stiamo aprendo quelle di Medicina; e come allora tentai una breve indagine sulle reciproche influenze della Rivelazione e della Letteratura, così ora, credo, non impegnerò inutilmente la vostra attenzione se farò una o due riflessioni analoghe sulle relazioni esistenti tra la Rivelazione e la Scienza Fisica.

Questo tema, considerato nelle giuste dimensioni, è di gran lunga troppo ampio per un’occasione come questa; posso tuttavia scegliere un aspetto fra i molti che offre alla discussione e, nell’illustrarlo, gettare luce anche su altri che al momento non affronto formalmente. Propongo, dunque di discutere l’antagonismo che comunemente si ritiene esista tra fisica e teologia; e di dimostrare in primo luogo che, in realtà tale antagonismo non esiste, e poi di spiegare il fatto che si sia diffusa un'immaginazione così priva di fondamento.

Penso di non sbagliare sul fatto che, sia nelle parti colte sia in quelle semi-colte della società, esista una specie di congettura o di dubbio che in fondo ci sia davvero una certa contraddizione fra le dichiarazioni della religione e i risultati dell'indagine fisica; un sospetto tale che, mentre incoraggia quelle persone non troppo religiose ad anticipare il giorno futuro in cui alla fine la differenza esploderà in aperto conflitto a svantaggio della Rivelazione, d'altra parte, conduce le menti religiose che non hanno avuto l'opportunità di riconsiderare con cura lo stato del caso, ad essere sospettose delle ricerche della scienza e pregiudiziali contro le sue scoperte. La conseguenza è, da un lato, un certo disprezzo della teologia; dall'altro, una disposizione a sottovalutare, negare, ridicolizzare, scoraggiare e quasi denunciare le fatiche del ricercatore in fisiologia, astronomia o geologia.

Ritengo che nessuno di questi signori che ora mi onorano con la loro presenza sia esposto alla tentazione del pregiudizio religioso o scientifico; ma questo non è un motivo per cui qualche informazione in proposito non possa avere la sua utilità anche in questo posto. Ci può condurre a considerare il tema in sé in modo più attento e preciso; può aiutarci ad ottenere idee più chiare di prima su come la fisica e la teologia stanno l'una in rapporto all'altra.

2. Mondo naturale e mondo soprannaturale, e relative forme di sapere

Cominciamo con una prima approssimazione al reale stato delle cose, o con un'ampia visione che per quanto possa richiedere delle correzioni, servirà subito ad illustrare e a partire con il tema. Possiamo, dunque, dividere la conoscenza in naturale e soprannaturale. Naturalmente alcune forme di conoscenza appartengono nello stesso tempo ad entrambi i generi; per il momento mettiamo da parte questo caso, e vediamo i due ambiti della conoscenza in se stessi, distinti l'uno dall'altro nell'idea. Per natura s'intende, suppongo, quel vasto sistema di cose, considerato come un tutto, di cui siamo a conoscenza attraverso le nostre facoltà naturali. Per mondo soprannaturale s'intende quell'universo ancora più meraviglioso e terribile, del quale il Creatore stesso è la pienezza e che ci diventa noto non attraverso le nostre facoltà naturali, ma in virtù di una comunicazione aggiunta e diretta da parte Sua. Queste due grandi sfere della conoscenza, come ho detto, si intersecano; in primo luogo, nella misura in cui il sapere soprannaturale comprende le verità e i fatti del mondo naturale e, in secondo luogo, nella misura in cui d'altra parte le verità e i fatti del mondo naturale sono dati per inferenze relative al mondo soprannaturale. Tuttavia, ammettendo del tutto questa inferenza, nell'insieme, si troverà che i due mondi e i due rispettivi generi di conoscenza sono separati l'uno dall'alt ro; e che, quindi, in quanto separati, nell'insieme non possono contraddirsi l'un l'altro. Ossia, in altre parole, una persona che ha la più completa conoscenza di uno di questi mondi, tuttavia nell'insieme, al pari degli altri uomini, può essere tanto ignorante quanto incapace di formarsi un giudizio sui fatti e sulle verità dell'altro. Colui che conosce tutto ciò che si può verosimilmente conoscere della fisica , della politica, della geografia, dell'etnologia e dell'etica non si sarà per niente avvicinato a decidere della questione se esistano o no gli angeli, e quanti siano i loro ordini; e d'altra parte, i teologi dogmatici e mistici più dotti, - Sant'Agostino, San Tommaso, - non per questo conosceranno le leggi del moto o la ricchezza delle nazioni più di un contadino. Non intendo dire che non ci possono essere speculazioni e congetture da una parte e dall'altra, ma parlo di una conclusione che meriti di essere chiamata, non dirò conoscenza, ma neppure opinione. Se allora la teologia e la filosofia del mondo soprannaturale, e la scienza la filosofia di quello naturale, la teologia e la scienza, nelle rispettive idee o anche nei loro effettivi ambiti, nell'insieme, sono incomunicabili, incapaci di collidere e bisognose, al più, di essere collegate, mai di essere riconciliate.

Ora questa ampia visione generale del nostro tema si rivela d i fatto così vera, malgrado delle deduzioni che se ne possono fare in dettaglio, che i recenti curatori francesi di una delle opere di San Tommaso possono addurre come una delle ragioni per cui quel grande teologo stipulò un'alleanza, non con Platone, ma con Aristotele, perché Aristotele (dicono), iversamente da Platone, si limitò alla scienza umana, e quindi fu sicuro di non entrare in collisione con quella divina.

"Non senza ragione", essi dicono, "San Tommaso riconosceva Aristotele come se fosse il Maestro della filosofia umana; infatti, nella misura in cui Aristotele non era un teologo, egli aveva trattato solo tematiche logiche, fisiche, psicologiche e metafisiche, escludendo quelle che riguardano le relazioni soprannaturali dell'uomo con Dio, ossia la religione; che, d'altra parte, erano state la fonte dei peggiori errori degli altri filosofi, e soprattutto di Platone".

3. I rispettivi oggetti della Teologia e della Fisica

Ma se c'è una verità così sostanziale anche in questa affermazione molto generale relativa alla rispettiva indipendenza degli ambiti della teologia e della scienza generale e alla conseguente impossibilità di collisione fra le due, quanto più vera dev'essere quella affermazione, per la stessa natura delle cose, quando mettiamo a confronto la teologia, non con la scienza in generale, ma in particolare con la fisica! Nella fisica è compresa quella famiglia di scienze che riguardano il mondo sensibile, i fenomeni che vediamo, sentiamo e tocchiamo, o, in altre parole, la materia. È la filosofia della materia. La sua base operativa , ciò da cui parte, ciò in cui ripara, sono i fenomeni che colpiscono i sensi. Sono quei fenomeni che essa accerta, cataloga, confronta, combina, adatta e poi usa per determinare qualcosa che li trascende, ossia l'ordine al quale sono subordinati o quelle che di solito chiamiamo leggi di natura. Non oltrepassa mai l'analisi della causa e dell'effetto. Il suo scopo è di risolvere la complessità dei fenomeni in elementi semplici e in principi; ma quando ha raggiunto quei primi elementi, principi e leggi, la sua missione e alla fine; si tiene all'interno di quel sistema materiale con cui ha iniziato, e non si avventura mai al di là delle "flammantia moenia mundi". Può, è vero, se vuole, dubitare della completezza dell'analisi fin lì condotta, e per questa ragione tentare di giungere a leggi più semplici e a un numero inferiore di principi. Può essere insoddisfatta delle sue combina zioni, ipotesi, sistemi; e lasciare Tolomeo per Newton, gli alchimisti per Lavoisier e Davy;- cioè può decidere di non aver ancora toccato il fondo del proprio oggetto; ma tuttavia il suo scopo sarà di giungere al fondo, e nient'altro. Con la materia ha cominciato, con la materia finirà; non passerà mai nell'ambito della mente. Si dice chela concezione indù sia che la terra è sospesa su una tartaruga; ma il fisico, in quanto tale, non si chiederà mai da quale influenza esterna all'universo, l'universo sia sostenuto; semplicemente perché egli è un fisico.

Se invece è un uomo religioso, naturalmente avrà una idea molto determinata dell'argomento; ma quella sua idea è personale, non professionale, -l'idea, non di un fisico, ma di un uomo religioso; e questo non perché la scienza fisica dica qualcosa di diverso, ma semplicemente perché non dice proprio niente sull'argomento, né può farlo in virtù dell'impresa stessa in cui si è impegnata. La questione è semplicemente extra artem. Il filosofo fisico non ha niente a che fare con le cause finali e, se le inserirà nelle sue indagini, entrerà in un'inestricabile confusione. Egli deve guardare in una direzione determinata, non in una qualunque altra. Si dice che in certi Paesi, quando uno straniero chiede la strada, gli si chiede subito a propria volta da che posto provenga; altrettanto inopportuno sarebbe per un fisico indagare come i fenomeni e le leggi del mondo materiale abbiano avuto origine in principio, quando il suo semplice compito è quello di accertare che cosa essi siano. All'interno dei limiti di quei fenomeni egli può speculare e dimostrare; può indicare l'azione delle leggi della materia in certi periodi di tempo; può penetrare nel passato e anticipare il futuro; può elencare i mutamenti che hanno provocato sulla materia, e la nascita, la crescita e la morte dei fenomeni; e così in un certo senso, per quanto possibile, può scrivere la storia del mondo materiale; tuttavia avanzerà sempre dai fenomeni, concluderà in base all'evidenza interna che essi forniscono. Non si avvicinerà alle questioni di quale sia l'ultimo elemento che chiamiamo materia, come giunse ad essere, se possa cessare di esistere, se mai non fu, se mai giungerà al nulla, in che cosa consistano realmente le sue leggi, se possano cessare di esistere, se possano essere sospese, che cosa sia la causalità, che cosa sia il tempo, quali relazioni ci siano fra il tempo e la causa e l'effetto, e centinaia di altre questioni simili.

Tale è la scienza fisica, e la teologia, com'è ovvio, è esattamente ciò che tale scienza non è. La teologia inizia, come suggerisce il suo nome, non da fatti, fenomeni o effetti sensibili, nient'affatto dalla natura, ma dall'Autore della natura, - dall'unica causa invisibile, inavvicinabile, fonte di tutte le case. Essa inizia all'altro estremo della conoscenza, e si occupa, non del finito, ma dell'infinito. Dispiega e sistema ciò che Egli stesso ci ha detto di sé; della Sua natura, dei Suoi attributi, della Sua volontà e delle Sue azioni. Nella misura in cui si avvicina alla fisica, affronta esattamente la controparte delle questioni che occupano il filosofo fisico. Egli contempla i fatti che si trova davanti; il teologo dà le ragioni di quei fatti. II fisico tratta delle cause efficienti; il teologo di quelle finali. II fisico ci parla delle leggi; il teologo del loro Autore, Conservatore e Controllore; del loro scopo, della loro sospensione, se c'è; del loro inizio e della loro fine. Questo è il modo in cui le due scuole stanno l'una in rapporto all'altra, nel punto in cui si avvicinano di più; ma per la maggior parte sono assolutamente divergenti. In che cosa la scienza fisica si impegna, ho già detto; quanto alla teologia, essa contempla il mondo, non della materia, ma della mente; l'Intelligenza Suprema; le anime e il loro destino; la coscienza e il dovere; le relazioni passate, presenti e future del Creatore con le creature.

4. L’incommensurabilità di Teologia e Fisica

Dalle osservazioni fatte fin qui, dunque, la teologia e la fisica non possono toccarsi l'un l'altra, non hanno alcuna comunicazione, non hanno alcun terreno in cui differire o accordarsi, sospettare o simpatizzare. Tanto si potrebbe dire che le verità musicali interferiscono con le dottrine della scienza dell'architettura; tanto ci potrebbe essere un conflitto fra il fisico meccanico e il geologo, l'ingegnere e il grammatico; tanto il parlamento britannico o la nazione francese potrebbero sospettare qualche possibile potenza militare sulla superficie lunare, quanto la fisica attacchi briga con la teologia. E può ben accadere, - prima di procedere a completare nei dettagli questo profilo e spiegare ciò che va spiegato in questa affermazione, - corroborarla, così com'è, con le significative parole che in proposito scrive uno scrittore di oggi: - "Spesso sentiamo dire", egli osserva scrivendo da protestante (e qui lasciate che vi assicuri, Signori, che per quanto le sue parole abbiano un tono polemico, non le cito sotto quell'aspetto, o volendo qui incalzare i protestanti, ma semplicemente secondo la mia idea che la Rivelazione e la Scienza Fisica in realtà non possono entrare in collisione), "spesso sentiamo dire che il mondo sta diventando sempre più illuminato e che questa illuminazione dev'essere favorevole al protestantesimo, e sfavorevole al cattolicesimo. Vorremmo poterla pensare in questo modo. Ma vediamo molte ragioni per dubitare che si tratti di un'attesa ben fondata. Vediamo che negli ultimi duecentocinquant'anni la mente umana è stata attiva al massimo grado; che ha fatto grandi progressi in ogni branca della filosofia naturale; che ha prodotto innumerevoli invenzioni che tendono a promuovere le comodità della vita; che la medicina, la chirurgia, la chimica, l'ingegneria sono state notevolmente migliorate, che il governo, la polizia e la legge sono stati migliorati, benché non in una misura tanto grande quanto le scienze fisiche. Eppure vediamo che, in questi duecentocinquant'anni, il protestantesimo non ha fatto alcuna conquista degna di essere menzionata. Anzi, crediamo che, nella misura in cui c'è stato mutamento, quel mutamento, nell'insieme, è stato favorevole alla Chiesa di Roma. Non possiamo, quindi, sentirci fiduciosi che il progresso del sapere sarà necessariamente fatale ad un sistema che ha quanto meno tenuto la sua posizione malgrado l'immenso progresso fatto dal genere umano nel sapere dai tempi della regina Elisabetta.

"L'argomentazione che stiamo considerando ci sembra fondata su un errore radicale. Ci sono branche del sapere rispetto alle quali la legge della mente umana è il progresso. In matematica, una volta che una proposizione è stata dimostrata, in seguito non è mai messa in discussione. Ogni nuova storia è una base tanto solida per una nuova sovrastruttura quanto lo erano le fondamenta originarie. Qui, dunque, c'è una continua aggiunta al deposito della verità. Nelle scienze induttive, ancora, la legge è il progresso...

"Ma con la teologia le cose sono molto diverse. Quanto alla religione naturale (essendo la Rivelazione per il momento del tutto al di fuori della questione), non è facile vedere che un filosofo di oggi sia in una posizione più favorevole di quella di Talete o di Simonide. Egli ha davanti a sé esattamente le medesime prove del progetto nella struttura dell'universo che avevano i primi Greci... . Quanto all'altra grande questione, la questione di che cosa diventi l'uomo dopo la morte, non vediamo che un europeo dall'educazione colta, lasciato solo alla sua ragione, senza altro aiuto, abbia più verosimilmente ragione di un indiana Piedineri. Non una delle molte scienze in cui superiamo gli indiani Piedineri, getta la più piccola luce sullo stato dell'anima dopo che la vita animale si sia estinta...

"La teologia naturale, dunque, non è una scienza progressiva. Quella conoscenza della nostra origine e del nostro destino che deriviamo dalla Rivelazione è di una chiarezza molto diversa, e di un'importanza molto diversa. Ma neppure la Religione Rivelata ha la natura di una scienza progressiva... In teologia non può esserci un progresso analogo a quello che si verifica di continuo in farmacia, in geologia e in navigazione. Un cristiano del quinto secolo con una Bibbia non si trova né meglio né peggio di un Cristiano del diciannovesimo secolo con una Bibbia, supponendo naturalmente che sincerità e acume naturale siano uguali. Non importa affatto che il compasso, la stampa, la polvere da sparo, il vapore, il gas, la vaccinazione e mille altre scoperte e invenzioni, che nel quinto· secolo erano ignote, nel diciannovesimo siano familiari. Nessuna di queste scoperte e invenzioni ha la più piccola influenza sulla questione se l'uomo sia giustificato solo dalla fede o se l'invocazione dei santi sia una pratica ortodossa… Confidiamo che il mondo non ritornerà mai indietro al sistema solare di Tolomeo; né la nostra fiducia è scossa dal fatto che un uomo così grande come Bacone abbia rifiutato con disprezzo la teoria di Galileo; Bacone infatti non aveva affatto i mezzi per giungere ad una conclusione sicura... Ma quando riflettiamo sul fatto che Tommaso Moro era pronto a morire per la dottrina della transustanziazione, non possiamo non sentire qualche dubbio quanto al fatto che la dottrina della transustanziazione non possa trionfare su ogni opposizione. Moro fu un uomo di talento eminente. Sul tema egli ebbe ogni informazione che abbiamo noi, o che, finché dura il mondo, avrà ogni essere umano... Nessun progresso che ha fatto la scienza, o farà, può aggiungere qualcosa a ciò che ci sembra la forza schiacciante dell'argomentazione contro la Presenza Reale. Non riusciamo quindi a capire perché ciò che credeva Sir Tommaso Moro della transustanziazione non si possa credere fino alla fine dei tempi da parte di uomini di pari abilità e onestà di Sir Tommaso Moro. Ma Sir Tommaso Moro è uno dei modelli eletti della sapienza e della virtù umane; e la dottrina della transustanziazione è un severo genere di prova. La fede che resiste a quella prova resiste a qualunque prova...

"La storia del cattolicesimo illustra in modo straordinario queste osservazioni. Durante gli ultimi sette secoli la mentalità pubblica dell'Europa ha fatto un costante progresso in ogni ambito del sapere secolare; ma in religione non riusciamo a individuare alcun progresso costante… Da quando nella cristianità occidentale fu istituita l'autorità della Chiesa di Roma, quattro volte l'intelletto umano si è ribellato al suo giogo. Due volte quella Chiesa rimase completamente vittoriosa. Due volte uscì dal conflitto portando i segni di ferite crudeli, ma con il principio vitale ancora forte dentro di sé. Quando riflettiamo sui tremendi assalti ai quali è sopravvissuta, troviamo difficile pensare in che modo possa morire".

Vedete, Signori, che, se accettate il giudizio di una mente sagace, profondamente preparata in storia, la teologia cattolica non ha niente da temere dal progresso della scienza fisica, anche indipendentemente dalla natura divina delle sue dottrine. Essa parla di cose soprannaturali; e queste, per la stessa forza delle parole, la ricerca naturale non le può toccare.

5. Un'eccezione

È vero che l'autore in questione, mentre dice tutto e molto altro con lo stesso proposito, fa anche menzione un'eccezione alla sua affermazione generale, per quanto la permetterla da parte. Anch'io debbo qui mettere in evidenza la stessa eccezione; e vedrete subito, Signori, appena la si nominerà, quanto poco in realtà essa interferisca sull'ampia visione che ho tracciato. È vero, dunque, che in uno o due casi la Rivelazione ha oltrepassato i limiti del territorio che ha scelto, che è il mondo invisibile, per gettare luce sulla storia dell'universo materiale. La Sacra Scrittura, è perfettamente vero, enuncia pochi fatti fondamentali di carattere fisico, così pochi che si potrebbero contare. Essa parla di un processo di formazione dal caos che occupò sei giorni; parla del firmamento; del sole e della luna creati a vantaggio della terra; dell'immobilità della terra; di un grande diluvio; e di diversi altri fatti ed eventi simili. È vero; e non esiste alcuna ragione perché dovremmo avanzare difficolta nell'accettare queste affermazioni così come stanno, quando il loro significato e il loro orientamento sono determinati dall'autorità; infatti, lo si deve ricordare, il loro significato non ha ancora impegnato l'attenzione formale della Chiesa o ricevuto un'interpretazione che, come cattolici, siamo tenuti ad accettare, e in assenza di tale interpreta zione determinata, c'è forse un po' di presunzione nel dire che significa questo e non quello. E stando così le cose, non è affatto probabile che le indagini fisiche facciano mai delle scoperte incompatibili nello stesso tempo con tutti e ciascuno di quei sensi che ammette la lettura, e che sono ancora aperti. Quanto a certe interpretazioni popolari dei testi in questione, ne avrò qualcosa da dire fra poco;  qui mi interessa soltanto la lettura delle Sacre Scritture in sé, nella misura in cui riguarda la storia dei cieli e della terra; e dico che possiamo attendere in pace e tranquillità un vero conflitto fra la Scrittura interpretata dall’autorità e i risultati della scienza chiaramente accertati, prima di considerare come dover trattare una difficolta che abbiamo ragionevoli motivi di pensare che in realtà non si verificherà mai.

E dopo aver rilevato questa eccezione, ho fatto davvero massima ammissione possibile sull'esistenza di un terreno comune su cui la teologia e la scienza fisica possano combattere una battaglia. Nel complesso, le due materie occupano con assoluta certezza campi distinti, in cui ognuna può insegnare senza aspettarsi un'interferenza da parte dell'altra.

All'Onnipotente avrebbe potuto far piacere sostituire l'indagine fisica con la Rivelazione delle verità che ne sono oggetto, benché Egli non l'abbia fatto: ma che Gli avesse fatto piacere o no, in ogni caso la teologia e la fisica sarebbero scienze distinte; e niente di ciò che dice l'una del mondo materiale, può mai contraddire ciò che dice l'altra di quello immateriale. Qui, dunque, la questione ha fine; e qui potrei concludere anch'io, se non incombesse su dime il dovere di spiegare come accade che, per quanto la teologia e la fisica non possano litigare, tuttavia, di fatto i filosofi fisici e i teologi hanno litigato, e litigano ancora. Alla soluzione di questa difficoltà dedicherò il resto della mia conferenza.

6. I rispettivi metodi di Fisica e Teologia, e le tentazioni della reciproca usurpazione

Osservo, dunque, che i metodi fondamentali del ragiona mento e dell'indagine usati in teologia e in fisica sono contrari l'uno all'altro; ognuna di esse ha un metodo proprio; e in questo, penso, si trova il punto di controversia fra le due scuole, ossia nel fatto che nessuna di esse si accontenta del tutto di rimanere a casa propria , ma che, mentre ognuna ha il proprio metodo, che è il migliore per la propria forma di scienza, ognuna l 'ha considerato il migliore per tutti gli scopi qualunque essi fossero, e in tempi diversi ha pensato di imporlo sull'altra scienza, danneggiando o rifiutando quel metodo opposto che ad essa appartiene legittimamente.

II metodo argomentativo della teologia e quello di una scienza rigorosa, come la geometria, o deduttiva; il metodo della fisica, almeno in partenza, è quello di una ricerca empirica o induttiva. In entrambi i casi questa caratteristica nasce dalla stessa natura delle cose. In fisica, davanti al ricercatore si pone una massa ampia ed eterogenea di informazioni, tutte in un disordine confuso e bisognose di sistemazione e di analisi. In teologia mancano fenomeni così diversificati, e alloro posto si presenta la Rivelazione. Del cristianesimo ciò che si conosce è esattamente ciò che è rivelato, e nient'altro; certe verità, comunicate direttamente dall'alto, sono affidate alla custodia dei fedeli, e fino alla fine a quelle verità non si può aggiungere davvero niente. Dal tempo degli Apostoli fino alla fine del mondo non si può aggiungere alcuna verità rigorosamente nuova all'informazione teologica che gli Apostoli furono ispirati ad annunciare. Naturalmente, dalle dottrine originali è possibile fare innumerevoli deduzioni; ma poiché la conclusione deriva sempre dalle premesse, strettamente parlando, tali deduzioni non sono un'aggiunta; e per quanto l'esperienza possa guidare e modificare in vari modi quelle deduzioni, tuttavia, nell'insieme, la teologia conserva il rigoroso carattere di scienza, avanzando in forma sillogistica dalle premesse alla conclusione.

Il metodo della fisica è esattamente il contrario di questo: non ha principi o verità da cui partire, annunciate dall'esterno e già accertate. Deve iniziare dalla vista e dal tatto; deve maneggiare, pesare e misurare la sua esuberante selva di fenomeni, e da questi avanzare verso nuove verità, - verità, cioè, che sono al di là e distinte dai fenomeni dai quali hanno origine. Così alla scienza fisica e sperimentale, la teologia tradizionale; la scienza fisica è più ricca, la teologia più precisa; la fisica più audace, la teologia più sicura; la fisica progressiva, la teologia, in confronto, statica; la teologia è fedele al passato, la fisica ha visioni del futuro. Tali esse sono, ripeto, e tali i loro rispettivi metodi di indagine, secondo la natura delle cose.

Ma menti abituate ad uno di questi metodi difficilmente possono trattenersi dall'estenderlo al di là dei legittimi limiti, a meno che non siano messe in guardia e non abbiano un grande controllo su se stesse. Non si può negare che di tanto in tanto i teologi siano stati inclini a dare una forma logica tradizionale alle scienze che non ammettono alcun trattamento di questo genere. Né si può negare, d 'altra parte, che gli uomini di scienza mostrino spesso una particolare irritazione per i teologi perché si fondano sull'antichità, sui precedenti, sull'autorità e sulla logica, e perché rifiutano di introdur re Bacone o Niebuhr nelle loro scuole o di applicare qualche nuovo procedimento sperimentale e critico per migliorare ciò che è stato dato una volta per tutte dall'alto. Ne deriva il reciproco sospetto delle due parti; e ora tenterò di darne degli esempi.

7. Esempi del reciproco sospetto di Fisica e Teologia

In primo luogo, dunque, lasciate che mi riferisca a quelle interpretazioni della Scrittura , popolari e di lunga data, benché non provenienti dall'autorità, alle quali ho già avuto occasione di alludere. La Scrittura, lo sappiamo, dev'essere interpretata secondo l'unanime consenso dei Padri; ma al di là di questo consenso, che è autorità, portando con sé la prova della sua verità, nella cristianità c'è sempre stato in circolazione un certo numero di opinioni, più o meno opposte alla tradizione divina; opinioni che hanno una certa probabilità di essere più che umane, o di avere una base o un'aggiunta di verità, ma che, quanto alla loro origine o alla misura della loro verità, non ammettono alcuna prova oltre al corso degli eventi, e che nel frattempo si devono accettare almeno con attenzione e rispetto. A volte si tratta di commenti alle profezie della Scrittura, a volte ad altri luoghi oscuri o a misteri. Un tempo, ad esempio, era opinione tratta dal testo sacro che l'ordine divino dovesse durare mille anni, e non di più; la storia la smentisce. Una tradizione ancora più precisa e più plausibile, derivata dalla Scrittura, era quella che affermava che, quando l'Impero romano fosse andato in pezzi, sarebbe apparso l'Anticristo, che sarebbe stato subito seguito da una Seconda Venuta191. Diversi Padri interpretano in questa modo San Paolo, e Bellarmino accetta questa interpretazione ancora nel sedicesimo secolo192. Solo i fatti possono determinare se, sotto qualche aspetto della storia cristiana , essa sia vera; ma oggi possiamo almeno dire che non è vera in quell'ampio e chiaro senso in cui fu accettata un tempo.

Passando dai commenti sui passi profetici della Scrittura a quelli sui passi cosmologici, suppongo che sia credenza comune di tutti i tempi, sostenuta da interpretazioni accettate del testo sacro, che la terra fosse immobile. Ne derivo, suppongo, che  il vescovo irlandese che affermava l'esistenza degli antipodi mise in allarme i suoi contemporanei; per quanta sia bene osservare che, anche nei tempi bui in cui viveva, la Santa Sede, alla quale si fece ricorso, non si impegnò in alcuna condanna dell'insolita opinione. Il medesimo allarme assalì ancora l'opinione pubblica quando si cominciò a sostenere il sistema copernicano: ne si dovettero rapidamente rifiutare le tradizioni che furono il motivo di quell'allarme; eppure alla fine esse furono rigettate. Se in qualche ambito furono imposte queste tradizioni umane e, per così dire, convertite in legge, con pregiudizio e detrimento delle indagini scientifiche (il che non fu mai fatto dalla Chiesa in quanta tale), questo fu il caso della indebita interferenza da parte delle scuole teologiche nell'ambito della fisica.

Tanto si può dire per quanto riguarda le interpretazioni della Scrittura; ma è facile vedere che per attaccare ripetutamente il ricercatore di fisica , per esigere la sua sottomissione e per precludere quel processo di analisi che è proprio della sua peculiare ricerca si potrebbero avanzare, con minor diritto e maggior inopportunità, altre opinioni accettate che non si fondano sul testo sacro. Tali sono le formule dittatoriali contra le quali inveisce Bacone, e il cui effetto fu di mutare la fisica in una scienza deduttiva e di obbligare lo studente ad assumere implicitamente, come primi principi, enunciazioni e massime che erano venerabili solo perché nessuno poteva dire donde provenissero, e autorevoli solo perché nessuno poteva dire quali fossero gli argomenti in loro favore. L'indignazione del filosofo fisico sarebbe stata proporzionale a queste usurpazioni nel suo campo di indagine; e avrebbe esercitato uno scetticismo che ne alleggeriva i sentimenti, mentre si faceva approvare dalla ragione, se egli fu chiamato a ricordare sempre che i corpi leggeri vanno verso l'alto e i corpi pesanti verso il basso, e altre massime simili, che non avevano alcuna pretesa di origine divina o di essere considerate principi auto-evidenti o verità intuitive.

E in maniera analoga, se un filosofo con un vero genio per la ricerca fisica trovasse che le scuole di fisica del suo tempo si occupano della discussione delle cause fina­ li e risolvono le difficolta nella natura materiale attraverso di esse; se trovasse che e stabilito, ad esempio, che le radici degli alberi vanno verso il fiume perché hanno bisogno di umidità, o che l'asse della terra si trova in un certo angolo rispetto al piano del suo moto a causa di certi vantaggi che ne derivano ai suoi abitanti, non mi meraviglierei se si impegnasse in una grande riforma del processo di indagine, predicando il metodo dell'induzione, e se immaginasse che i teologi indirettamente o per qualche aspetto fossero la causa dell'errore, non mi meraviglierei se per un momento si irritasse, per quanto senza ragione, con la stessa teologia.

Vorrei che nella sua opposizione alla teologia la scuola sperimentale dei filosofi non si fosse spinta oltre l'indulgere ad una certa indignazione nei suoi confronti per le colpe dei suoi discepoli; ma si deve confessare che per parte sua e incorsa in eccessi di cui la scuola dell'alta scienza deduttiva non ha fornito alcun precedente; e che, se un tempo per un momento ha subito la tirannia del metodo logico di indagine, attraverso rappresaglie ha incoraggiato violazioni e usurpazioni nel territorio della teologia molto più serie di quella interferenza non voluta e ormai obsoleta da parte dei teologi, che è stata il suo pretesto. E su queste ingiustificabili e dannose ingerenze fatte dagli sperimentali nell'ambito della teologia, ora, Signori, devo richiamare la vostra attenzione. 

8. L'errore di considerare la Teologia come scienza sperimentale

Mi lascerete dunque ripetere ciò che ho già detto, che, considerando le cose come stanno, la stessa idea della Rivelazione è quella di una diretta interferenza dall'alto per introdurre verità altrimenti ignote; inoltre, data che tale comunicazione implica dei destinatari, si troverà che in quell'idea sarà praticamente implicito un autorevole depositario delle case rivelate. La conoscenza di queste verità rivelate non si ottiene dunque con una ricerca sui fatti, ma semplicemente appellandosi ai loro autorevoli custodi, come sa ogni cattolico, imparando ciò che è materia di insegnamento e soffermandosi sulle dottrine annunciate, analizzandole in dettaglio; secondo il testo, "la fede dipende dalla predicazione". Non dimostro ciò che, dopo tutto, non ha bisogno di prova, perché parlo a cattolici; espongo quello che noi cattolici sappiamo e affermeremo sempre essere il metodo proprio della teologia, com'è stato sempre riconosciuto. Tale, dico, è il metodo teologico, deduttivo; la storia degli ultimi tre secoli, tuttavia, e solo una lunga serie di tentativi da parte dei partigiani della filosofia baconiana di sbarazzarsi del metodo proprio della teologia e di farne una scienza sperimentale.

Ma, dico, per avere una scienza sperimentale, dobbiamo avere un'ampia raccolta di fenomeni o fatti: dove, dunque, sono quelli che devono essere addotti come base per una teologia induttiva? Si sono usati, Signori, tre principali depositi: il primo, il testo della Sacra Scrittura; il secondo, gli eventi e gli atti della storia ecclesiastica; il terzo, i fenomeni del mondo visibile. Questa triplice materia, - la Scrittura, l'antichità, la natura, - è stato assunto come fondamento su cui il metodo induttivo si può esercitare per indagare e accertare quella verità teologica che per un cattolico e materia di insegnamento, di trasmissione e di deduzione.

Ora fermiamoci per un attimo a fare una riflessione prima di entrare nei dettagli. La verità non può contraddire la verità; se queste tre materie, sotto la pressione del metodo induttivo, potessero produrre rispettivamente conclusioni teologiche in armonia e in accordo l'una con l'altra, e anche contrarie alle dottrine della teologia in quanto scienza deduttiva, allora quella teologia non sarebbe immediatamente abbattuta (dato che rimarrebbe ancora aperta alla discussione la questione di quale dei due sistemi dottrinali sia la verità, e quale la verità apparente), ma certamente la scienza teologica deduttiva accettata si troverebbe in una posizione preoccupante, e sarebbe sotto processo.

Ancora , la verità non può contraddire la verità; - se, dunque, d'altra parte, queste tre materie, -la Scrittura, l'antichità e la natura, - indagate per tre secoli da uomini di grandi abilità, con il metodo o lo strumento di Bacone, si sono rispettivamente risolte in conclusioni contraddittorie l'una rispetto all'altra, anzi, questa o quella presa in se stessa, la Scrittura o l'antichità, si sono risolte in diversi sistemi dottrinali, cosicché nell'insieme, invece di produrre tutte e tre un unico gruppo di conclusioni, ne hanno prodotto una grande quantità.; allora e in quel caso -non ne deriva subito che possa accadere che nessuno di questi gruppi di conclusioni sia quello vero, e tutto il resto falso; ma almeno tale catastrofe getterà un'ombra molto pesante di dubbio su tutti, e rafforza la dichiarazione precedente, o piuttosto la profezia, che introdurre il metodo di ricerca e di induzione nello studio della teologia era soltanto un errore enorme.

Ora penso che mi consentirete di dire, Signori, come fatto storico, che la seconda supposizione si è effettivamente realizzata, mentre la prima no. Intendo dire che, lungi dall'essere stata costruita, da parte del partito sperimentale, una prova scientifica di un sistema di dottrine antagonistico alla vecchia teologia, attraverso una triplice convergenza, dalle diverse basi della Scrittura, dell'antichità e della natura, al contrario, quel metodo empirico che ha compiuto cose tanto meravigliose nella fisica e nelle altre scienze umane, ha subito un rovescio assolutamente straordinario ed eloquente nel territorio usurpato, - non è giunto ad alcuna conclusione, - non ha illuminato alcune visione determinate, - non ha messo a fuoco le sue lenti, - non ha mostrato neppure la tendenza ad una prospettiva di successo; anzi, ancora di più, ha già confessato il proprio assoluto fallimento e ha chiuso l'indagine stessa senza lasciar posto al legittimo metodo che aveva spodestato, ma annunciando che non si può conoscere niente sull'argomento, - che la religione non è una scienza e che lo scetticismo religioso è l'unica vera filosofia; oppure ancora , con un'ammissione ancora più significativa, che la decisione è fra la vecchia teologia e nessun altra, e che, per quanto sia certo che la verità religiosa non si trovi da nessuna parte, tuttavia, se si trova da qualche parte, indubbiamente non è nelle nuove scuole empiriche, ma in quel vecchio insegnamento fondato sul metodo deduttivo, che era in auge e praticato al tempo in cui l'esperimento e l'induzione cominciavano la loro brillante carriera. Che singolare disfatta di un nobile strumento, quando è stato usato per l'arrogante e tirannica invasione di un territorio sacro! Che cosa può esserci di più sacro della teologia? Che cosa può esserci di più nobile del metodo baconiano? Ma i due non si corrispondono; sono male accoppiati. L'epoca ha sbagliato chiave e serratura. Ha rotto la chiave in una serratura che non le appartiene; ha rovinato le seghettature con una chiave che ad esse non si adatterà mai. Speriamo che alla fine il suo disgusto e la sua disperazione attuali siano i preliminari di un pentimento generoso e grande.

Ho pensato, Signori, che innanzitutto mi avreste consentito di trarre questa morale; e ora dirò poche parole in dettaglio su un caso di questo errore.

9. La questione della teologia naturale

Sembra, dunque, che, invece di fare ricorso alla tradizione e all'insegnamento della Chiesa cattolica, sia stata la filosofia della scuola moderna a sforzarsi di determinare le dottrine della teologia attraverso la Sacra Scrittura, o l'antichità ecclesiastica, o i fenomeni fisici. E può sorgere la questione del perché, dopo tutto, tali informazioni, scritturali, storiche o fisiche, non si dovrebbero usare. E se vengono usate, perché non dovrebbero condurre a risultati veri? A questa domanda si possono dare diverse risposte: mi limiterò ad una; e ancora, per brevità, la applicherò soprattutto ad uno dei tre espedienti ai quali gli oppositori della teologia hanno fatto ricorso. Lasciando da parte, quindi, ciò che si potrebbe dire su quella che si chiama religione scritturale e religione storica, propongo di volgere la vostra attenzione, in conclusione, al vero carattere della religione fisica, o teologia naturale, in quanto è più strettamente connessa al principale oggetto di questa conferenza.

La scuola dei fisici, per suo stesso orientamento e metodo di ragionare, come ho detto, non ha niente a che fare con la religione. In ogni caso, c'è una scienza che si avvale dei fenomeni e delle leggi dell'universo materiale, che vengono mostrate da quella scuola come lo strumento per stabilire l'esistenza di un progetto nella loro costruzione, e quindi il fatto di un Creatore e Conservatore. In questi tempi moderni, questa scienza, almeno in Inghilterra, ha preso il nome di teologia naturale c;, benché assolutamente distinta dalla fisica, tuttavia i filosofi fisici, avendole fornito i dati pili curiosi e interessanti, sono propensi a rivendicarla come propria, e di conseguenza a vantarsene. Non ho alcuna intenzione di sottovalutare i meriti di questa cosiddetta teologia naturale o, più propriamente, fisica. Ci sono moltissime menti costituite in modo tale che, quando volgono i loro pensieri alla questione dell'esistenza di un Essere Supremo, si sentono confortati nel fondare la prova soprattutto o esclusivamente sull'argomento del progetto che l'universo fornisce. Per loro questa scienza della Teologia Fisica è di grande importanza. Inoltre, questa scienza mostra, con grande prominenza e chiarezza, tre delle nozioni fondamentali che la ragione umana attribuisce all'idea di un Essere Supremo, ossia, tre dei Suoi attributi pili semplici, la potenza, la sapienza e la bontà.

Questi sono tre grandi servizi resi alla fede dalla teologia fisica, e li riconosco come tali. Se, tuttavia, per questa la fede debba malta alla fisica o ai fisici, è un'altra questione. L'argomento del progetto, in realtà, non è in alcun senso dovuto alla filosofia di Bacone. Su questa punta l'autore che ho appena citato ha un passo considerevole, di cui vi ho già letto una parte. "Quanta alla religione naturale", egli dice, "non è facile vedere che il filosofo di oggi e più favorevolmente situato di Talete o di Simonide. Egli ha davanti a sé esattamente le stesse prove del progetto nella struttura dell'universo che avevano i primi Greci. Diciamo esattamente le stesse; infatti le scoperte degli astronomi e degli anatomisti moderni non hanno davvero aggiunto niente alla forza di quell'argomento che una mente riflessiva trova in ogni animale, uccello, insetto, pesce, foglia, fiore e conchiglia. Il ragionamento da cui Socrate, al cospetto di Senofonte, confutò il piccolo ateo Aristodemo, è esattamente il ragionamento della teologia naturale di Paley. Socrate fa precisamente lo stesso usa delle statue di Policleto e delle pitture di Zeusi che Paley fa dell'orologio".

La teologia fisica , dunque, è esattamente ciò che era duemila anni fa, e non ha ricevuto molto aiuto dalla scienza moderna: ma ora, al contrario, penso che ne abbia ricevuto uno svantaggio visibile, - intendo dire che è stata tolta dal suo posto, è stata messa in un pasta anche troppo eminente, e quindi è stata usata quasi come uno strumento contro il cristianesimo, - come tenterò di spiegare in poche parole.

10. Limiti dell'assolutizzazione di indagini per lora natura parziali

Osservo, dunque, che in ogni materia ci sono molte inda­gini che ci conducono soltanto per un certo tratto verso la verità, e non per l'intera strada: o conducendoci, ad esempio, ad una forte probabilità, non alla certezza, o ancora, provando solo alcune cose di tutte quelle che sono vere. Ed è chia­ro che, se indagini come queste sono considerate la misura dell'intera verità e sono erette a scienze sostanziali invece di essere comprese come sono in realtà, ossia come procedi­menti iniziali e subordinati, ci inganneranno non per loro natura, eppure in modo serio.

Ricorriamo per un attimo, nell'esempio, ai casi che ho messo da parte. Considerate quella che si chiama re­ligione scritturale, o religione della Bibbia. Il difetto che il teologo, al di là della questione del giudizio personale, trove­rà in una religione logicamente derivata solo dalla Scrittura, e non che non sia vera, pur nei suoi limiti, ma che non sia tutta la verità; che consista solo di alcune dell'intero cerchio delle dottrine teologiche e che, anche nel caso di quelle che comprende, non le investe sempre di certezza, ma solo di probabilità. Se la religione della Bibbia diventa subordinata alla teologia, e soltanto un esemplare di induzione utile; ma se viene issata, come qualcosa di completo in se, contra la teologia, si trasforma in un dannoso paralogismo. E se tale paralogismo ha preso piede, e questa a causa dell'in­fluenza della filosofia baconiana, ci mostra che cosa derivi dall'intrusione di quella filosofia in un ambito in cui non ha alcun interesse.

E così, ancora, per quanto riguarda la religione storica, o ciò che spesso si chiama antichità. Nessun cattolico può considerare con sospetto una ricerca sui documenti della Chiesa primitiva: la verità non può contraddire la verità; confidiamo che ciò che vi si trova, quando sarà esaminato con maturità, non sarà nient'altro che un esempio e una conferma della nostra teologia. Ma è tutt'altra cosa se i risultati avranno la medesima completezza della nostra teologia; essi concorderanno sì con essa, ma solo entro i loro limiti. Non c'è alcuna ragione per cui i dati forniti all'indagine dai documenti superstiti dell'antichità debbano essere sufficienti per tutto ciò che era compreso nella Rivelazione divina annunciata dagli Apostoli; e aspettarsi che lo siano è come aspettarsi che in un processo un solo testimone debba pro­vare l'intera tesi e che, in caso contrario, la sua testimonianza effettivamente la contraddica. Finché, dunque, questa ricerca sulla storia ecclesiastica e sugli scritti dei Padri conserva il proprio posto, in quanto subordinata alla sovranità magisteriale della tradizione teologica e alla voce della Chiesa, essa merita il riconoscimento dei teologi; ma quando essa (per così dire) vale per se stessa, quando professa di adempiere una funzione per cui non fu mai designata, quando pretende di risolversi in un insegnamento vero e completo, derivato da un procedimento scientifico di induzione, allora essa non e che un altro esempio di usurpazione del metodo empirico baconiano in un ambito non proprio.

E ora veniamo al caso della teologia fisica, che abbiamo direttamente davanti. Malgrado qualunque cosa si possa dire in suo favore, confesso che l'ho sempre considerata con il più grande sospetto. Come una classe di pensatori ha sostituito quella che si chiama Religione Scritturale, un'altra la Religione Patristica o Primitiva, all'insegnamen­to teologico del cattolicesimo, così una religione o teologia fisica e il vangelo stesso di molte persone della scuola fisica, e quindi, per quanto vera possa essere in se stessa, tuttavia in quelle circostanze è un vangelo falso. Meta della verità e falsità: - considerate, Signori, ciò che questa cosiddetta teologia insegna, e poi dite se ciò che ho asserito e sconveniente.

Naturalmente ogni attributo divino include virtualmente tutto; tuttavia se un predicatore insistesse sempre sulla giustizia divina, praticamente oscurerebbe la misericordia divina, e se insistesse soltanto sulla incomunicabilità e sulla distanza dell'Essenza increata dalla creatura, tenderebbe a mettere in ombra la dottrina di una Provvidenza particolare. Osservate, dunque, Signori, che la teologia fisica insegna tre attributi divini, posso dire, in modo esclusivo; e di questi, più della Potenza, e meno della Bontà.

E in secondo luogo, per contro, quali sono quei particolari attributi, che sono i correlativi immediati del sentimento religioso? La santità, l'onniscienza, la giustizia, la misericordia, la fedeltà. Di queste parti assolutamente importanti, essenziali dell'idea di religione, che cosa ci insegnano la teologia fisica, l'argomento del progetto, le fini disquisizioni sulle cause finali, se non in modo molto indiretto, debole, enigmatico? La religione è più della teologia; e qualcosa di relativo a noi; e include la nostra relazione con il suo oggetto. Che cosa ci dice la teologia fisica del dovere e della coscienza? Di una Provvidenza particolare? E venendo infine al cristianesimo, che cosa ci insegna anche degli ultimi quattro giorni, della morte, del giudizio, del cielo e dell'inferno, i puri e semplici elementi essenziali del cristianesimo? Non ci può dire proprio niente sul cristianesimo.

Signori, lasciate che porti questa punta alla vostra più seria attenzione. Dico che la teologia fisica non può, per sua stessa natura, dirci una sola parola sul cristianesimo vera e proprio; non può affatto essere cristiana, in alcun senso vero: - e per questa chiara ragione, perché deriva da informazioni che esistevano esattamente come sono ora prima che l'uomo fosse creato e che Adamo cadesse. Come può essere una vera teologia sostanziale, per quanto ne prenda il nome, quella che è soltanto un'astrazione, un aspetto particolare di tutta la verità, ed è quasi muta quanta agli attributi morali del Creatore, e lo è completamente quanto a quelli evangelici?

Anzi, ancor di più; non esito a dire che, prendendo gli uomini come sono, questa cosiddetta scienza, se occupa la mente, tende a disporla contra il cristianesimo. E per questa chiara ragione, perché parla solo di leggi; e non può contemplarne la sospensione, ossia i miracoli, che fanno parte dell'essenza dell'idea di Rivela zione. Così, molto facilmente il Dio della teologia fisica può diventare un mero idolo; Egli infatti si presenta alla mente induttiva attraverso decreti stabiliti, così eccellenti, così ingegnosi, così benefici che, quan­do essa li avrà per lungo tempo osservati, li riterrà troppo belli per essere sospesi e alla fine limiterà la nozione che Ne ha, così da concludere che Egli non potrebbe mai avere cuore (se posso osare di usare tale termine) di distruggere o rovinare la Sua opera; e questa conclusione sarà il primo passo verso una seconda degradazione dell'idea di Dio, e la Sua identificazione con la Sua opera. Un Essere di potenza, sapienza e bontà, e nient'altro, non è molto diverso dal Dio dei panteisti.

Parlando in questa modo della teologia della scuola fisica moderna, ho detto solo poche parole su un ampio soggetto; eppure, benché siano poche parole, confido che siano abbastanza chiare per non correre il rischio di essere consi­derate in un senso che non prevedo. Innestate la scienza, se così dev'essere chiamata, nella teologia vera e propria, e sarà al suo posto, e sarà una scienza religiosa. Allora illustrerà la terribile, incomprensibile, adorabile fertilità dell'Onnipotenza divina; servirà a provare il vero miracolo della Rivelazio­ne nelle sue diverse parti, imprimendo sulla mente in modo vivo che cosa siano le leggi della natura e come nel loro or­ dine siano immutabili; e in altri modi servirà alla verità teologica. Separatela dall'insegnamento soprannaturale e fate in modo che si fondi su se stessa, e (per quanta naturalmente sia meglio per il filosofo preso individualmente), tuttavia, per quanto riguarda la sua influenza sul mondo e sugli interessi della religione, in realtà dubito se debba preferire che sia ateo piuttosto che sostenitore di tale religione naturalistica e panteistica. La sua professione di teologia inganna gli altri, forse inganna lui stesso.

Non supponete neppure per un istante, Signori, che identifichi la grande mente di Bacone con un'illusione così seria: egli ci ha espressamente messo in guardia contro di essa; ma non posso negare che molti della sua scuola di tanto in tanto in questa modo abbiano volta la ricerca fisica contro il cristianesimo. Ma vi ho trattenuto molto più a lungo di quanto non in­ tendessi; e ora posso solo ringraziarvi per la pazienza che vi ha consentito di sostenere una discussione che non può esser completa, su un tema che, per quanto importante, non può essere popolare.

    

J. H. Newman, Scritti sull'università, a cura di M. Marchetto, Bompiani, Milano 2008, pp. 501-551