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Brani scelti dalla Laborem Exercens sulla tecnologia e il lavoro

Papa Giovanni Paolo II
14 settembre 1981

I. L'uomo, mediante il lavoro, deve procurarsi il pane quotidiano e contribuire al continuo progresso delle scienze e della tecnica, e soprattutto all'incessante elevazione culturale e morale della società, in cui vive in comunità con i propri fratelli. E con la parola «lavoro» viene indicata ogni opera compiuta dall'uomo, indipendentemente dalle sue caratteristiche e dalle circostanze, cioè ogni attività umana che si può e si deve riconoscere come lavoro in mezzo a tutta la ricchezza delle azioni, delle quali l'uomo è capace ed alle quali è predisposto dalla stessa sua natura, in forza della sua umanità. Fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso nell'universo visibile, e in esso costituito perché dominasse la terra, l'uomo è perciò sin dall'inizio chiamato al lavoro. Il lavoro è una delle caratteristiche che distinguono l'uomo dal resto delle creature, la cui attività, connessa col mantenimento della vita, non si può chiamare lavoro; solo l'uomo ne è capace e solo l'uomo lo compie, riempiendo al tempo stesso con il lavoro la sua esistenza sulla terra. Così il lavoro porta su di sé un particolare segno dell'uomo e dell'umanità, il segno di una persona operante in una comunità di persone; e questo segno determina la sua qualifica interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura. (…)

    

4. Il lavoro inteso come un'attività «transitiva», cioè tale che, prendendo l'inizio nel soggetto umano, è indirizzata verso un oggetto esterno, suppone uno specifico dominio dell'uomo sulla «terra» ed a sua volta conferma e sviluppa questo dominio. È chiaro che col termine «terra», di cui parla il testo biblico, si deve intendere prima di tutto quel frammento dell'universo visibile, del quale l'uomo è abitante; per estensione, però, si può intendere tutto il mondo visibile, in quanto esso si trova nel raggio d'influsso dell'uomo e della sua ricerca di soddisfare alle proprie necessità. Le parole «soggiogate la terra» hanno un'immensa portata. Esse indicano tutte le risorse che la terra (e indirettamente il mondo visibile) nasconde in sé, e che, mediante l'attività cosciente dell'uomo, possono essere scoperte e da lui opportunamente usate. Così quelle parole, poste all'inizio della Bibbia, non cessano mai di essere attuali. Esse abbracciano ugualmente tutte le epoche passate della civiltà e dell'economia, come tutta la realtà contemporanea e le fasi future dello sviluppo, le quali, in qualche misura, forse si stanno già delineando, ma in gran parte rimangono ancora per l'uomo quasi sconosciute e nascoste.

Se a volte si parla di periodi di «accelerazione» nella vita economica e nella civilizzazione dell'umanità o delle singole Nazioni, unendo queste «accelerazioni» al progresso della scienza e della tecnica e, specialmente, alle scoperte decisive per la vita socio-economica, si può dire al tempo stesso che nessuna di queste «accelerazioni» supera l'essenziale contenuto di ciò che è stato detto in quell'antichissimo testo biblico. Diventando - mediante il suo lavoro - sempre di più padrone della terra, e confermando - ancora mediante il lavoro - il suo dominio sul mondo visibile, l'uomo, in ogni caso ed in ogni fase di questo processo, rimane sulla linea di quell'originaria disposizione del Creatore, la quale resta necessariamente e indissolubilmente legata al fatto che l'uomo è stato creato, come maschio e femmina, «a immagine di Dio». Questo processo è, al tempo stesso, universale: abbraccia tutti gli uomini, ogni generazione, ogni fase dello sviluppo economico e culturale, ed insieme è un processo che si attua in ogni uomo, in ogni consapevole soggetto umano. Tutti e ciascuno sono contemporaneamente da esso abbracciati. Tutti e ciascuno, in misura adeguata e in un numero incalcolabile di modi, prendono parte a questo gigantesco processo, mediante il quale l'uomo «soggioga la terra» col suo lavoro. 

   

5. Questa universalità e, al tempo stesso, questa molteplicità del processo del «soggiogare la terra» gettano luce sul lavoro umano, poiché il dominio dell'uomo sulla terra si compie nel lavoro e mediante il lavoro. Emerge così il significato del lavoro in senso oggettivo, il quale trova la sua espressione nelle varie epoche della cultura e della civiltà. L'uomo domina la terra già per il fatto che addomestica gli animali, allevandoli e ricavandone per sé il cibo e gli indumenti necessari, e per il fatto che può estrarre dalla terra e dal mare diverse risorse naturali. Molto di più, però, l'uomo «soggioga la terra», quando comincia a coltivarla e successivamente rielabora i suoi prodotti, adattandoli alle proprie necessità. L'agricoltura costituisce così un campo primario dell'attività economica e un indispensabile fattore, mediante il lavoro umano, della produzione. L'industria, a sua volta, consisterà sempre nel coniugare le ricchezze della terra - sia le risorse vive della natura, sia i prodotti dell'agricoltura, sia le risorse minerarie o chimiche - ed il lavoro dell'uomo, il lavoro fisico come quello intellettuale. Ciò vale, in un certo senso, anche nel campo della cosiddetta industria dei servizi, e in quello della ricerca, pura o applicata.

Oggi nell'industria e nell'agricoltura l'attività dell'uomo ha cessato in molti casi di essere un lavoro prevalentemente manuale, poiché la fatica delle mani e dei muscoli è aiutata dall'opera di macchine e di meccanismi sempre più perfezionati. Non soltanto nell'industria, ma anche nell'agricoltura, siamo testimoni delle trasformazioni rese possibili dal graduale e continuo sviluppo della scienza e della tecnica. E questo, nel suo insieme, è diventato storicamente una causa di grandi svolte della civiltà, dall'origine dell'«èra industriale» alle successive fasi di sviluppo per il tramite di nuove tecniche, come quelle dell'elettronica o dei microprocessori negli ultimi anni.

Se può sembrare che nel processo industriale «lavori» la macchina mentre l'uomo solamente attende ad essa, rendendo possibile e sostenendo in diversi modi il suo funzionamento, è anche vero che proprio per questo lo sviluppo industriale pone la base per riproporre in modo nuovo il problema del lavoro umano. Sia la prima industrializzazione che ha creato la cosiddetta questione operaia, sia i successivi cambiamenti industriali, dimostrano eloquentemente che, anche nell'epoca del «lavoro» sempre più meccanizzato, il soggetto proprio del lavoro rimane l'uomo.

Lo sviluppo dell'industria e dei diversi settori con essa connessi, fino alle più moderne tecnologie dell'elettronica specialmente nel campo della miniaturizzazione, dell'informatica, della telematica ed altri, indica quale immenso ruolo assume, nell'interazione tra il soggetto e l'oggetto del lavoro (nel più ampio senso di questa parola), proprio quell'alleata del lavoro, generata dal pensiero umano, che è la tecnica. Intesa in questo caso non come una capacità o una attitudine al lavoro, ma come un insieme di strumenti dei quali l'uomo si serve nel proprio lavoro, la tecnica è indubbiamente un'alleata dell'uomo. Essa gli facilita il lavoro, lo perfeziona, lo accelera e lo moltiplica. Essa favorisce l'aumento dei prodotti del lavoro, e di molti perfeziona anche la qualità. È un fatto, peraltro, che in alcuni casi la tecnica da alleata può anche trasformarsi quasi in avversaria dell'uomo, come quando la meccanizzazione del lavoro «soppianta» l'uomo, togliendogli ogni soddisfazione personale e lo stimolo alla creatività e alla responsabilità; quando sottrae l'occupazione a molti lavoratori prima impiegati, o quando, mediante l'esaltazione della macchina, riduce l'uomo ad esserne il servo.

Se le parole bibliche «soggiogate la terra», rivolte all'uomo fin dall'inizio, vengono intese nel contesto dell'intera epoca moderna, industriale e post-industriale, allora indubbiamente esse racchiudono in sé anche un rapporto con la tecnica, con quel mondo di meccanismi e di macchine, che è il frutto del lavoro dell'intelletto umano e la conferma storica del dominio dell'uomo sulla natura.

La recente epoca della storia dell'umanità, e specialmente di alcune società, porta con sé una giusta affermazione della tecnica come un coefficiente fondamentale di progresso economico; al tempo stesso, però, con questa affermazione sono sorti e continuamente sorgono gli interrogativi essenziali riguardanti il lavoro umano in rapporto al suo soggetto, che è appunto l'uomo. Questi interrogativi racchiudono in sé una carica particolare di contenuti e di tensioni di carattere etico ed etico-sociale. E perciò essi costituiscono una sfida continua per molteplici istituzioni, per gli Stati e per i governi, per i sistemi e le organizzazioni internazionali; essi costituiscono anche una sfida per la Chiesa.