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Esegesi biblica e sistema copernicano

Johannes Keplero
1609

dall'Introduzione all'opera Astronomia Nova

La Rivoluzione Scientifica è avvenuta all'interno di un contesto culturale cristiano. I suoi protagonisti, infatti, pur nella diversità dei contributi forniti alla scienza, hanno condiviso l'idea di un universo ordinato da Dio secondo leggi matematiche. In queste pagine dell'Astronomia Nova (1609) Keplero ribadisce come lo studio del creato rappresenti una via privilegiata per lodare l'eccellenza della creazione. Ecco la ragione per la quale quei passi biblici, in apparente contrasto con i risultati dell'indagine scientifica, non possono essere interpretati alla lettera. In altre parole, la finalità del testo biblico, secondo l'astronomo tedesco, non è quella di fornire indicazioni sulla reale struttura dell'universo. È questa la tematica centrale che emerge da questa sezione dell'opera, della quale viene qui offerta la traduzione.

Vi sono molte persone mosse dalla devozione religiosa a non dar fiducia a Copernico, temendo che la falsità possa essere attribuita allo Spirito Santo che si rivela nelle Scritture se abbiamo detto che la terra si muove e il sole resta fermo.

Costoro allora valutino questo argomento; poiché noi acquisiamo moltissime nozioni, e anche le più importanti, attraverso la vista, è impossibile per noi separare il nostro discorso dall'esperienza visiva. Perciò ogni giorno accade che molte volte noi ci esprimiamo in accordo con il senso visivo, sebbene sappiamo con certezza che la stessa cosa di cui parliamo ha una diversa realtà.

Un esempio in tal senso si trova in quel verso di Virgilio: Lasciamo il porto, le terre e le città si allontanano (Eneide, 3,72).

Allo stesso modo quando usciamo dalla parte stretta di una valle, diciamo che una grande pianura si apre dinanzi a noi.

Così disse Cristo a Pietro: vai in alto mare (Lc 5,4): come se il mare sia più in alto rispetto al litorale. Così infatti appare alla vista; e gli studiosi di ottica dimostrano le ragioni di questo errore. Cristo in verità usa un’espressione molto comune, che tuttavia è il risultato di questo tipo di ingannevole apparenza visiva.
Pertanto definiamo sorgere e tramontare delle stelle la loro ascesa e discesa, anche se, mentre diciamo che il sole ascende altri dicono che discende. Per questo argomento vedi l'Astronomiae Pars Optica, cap. 10.

Così ancora oggi gli astronomi tolemaici affermano che i pianeti sono stazionari, quando sono osservati sostare vicino alle stesse stelle fisse per diversi giorni, sebbene ritengano che gli stessi pianeti poi realmente si muovono in linea retta verso il basso o verso l'alto in allontanamento dalla terra.
Così tutti gli scrittori usano la parola solstizio, anche se di fatto negano che il sole stia fermo.

Allo stesso modo non ci sarà mai nessuno tanto legato a Copernico da non dire che il sole sta entrando nella costellazione del Cancro o del Leone, sebbene voglia dire che la Terra sta entrando nel Capricorno o nell'Acquario. E ci sono molti altri esempi di tal genere.

Per l’appunto le Sacre Scritture parlano con gli esseri umani di argomenti comuni (in relazione ai quali non è loro compito istruire il genere umano), secondo le abitudini degli uomini, affinché tali argomenti siano compresi dagli uomini stessi; esse adoperano quei concetti che sono ritenuti molto chiari presso gli esseri umani, per introdurne altri più elevati e di contenuto religioso.

Non c'è nulla di strano, dunque, se anche la Scrittura parla in accordo con la percezione sensoriale degli uomini quando la verità delle cose contrasta con i sensi, che gli uomini ne siano consapevoli o meno. Chi ignora che l'allusione nel Salmo 19 è poetica? In quel caso, sotto l'immagine del sole, sono lodate la diffusione del Vangelo e anche il percorso intrapreso da Cristo Signore in questo mondo per causa nostra; si narra che il sole esce dal tabernacolo dell'orizzonte, come uno sposo dalla stanza nuziale, esulta come un eroe che percorre la via [Sal 19(18), 6]. Virgilio imita questo versetto quando scrive: Aurora lasciando il giaciglio di color zafferano di Titone (Eneide IV, 585).

Naturalmente il versetto biblico era antecedente. Il salmista sapeva che il sole non esce dall'orizzonte come da un tabernacolo (anche se così potrebbe sembrare all'apparenza): d'altra parte pensava che il sole si muovesse perché così appare agli occhi. In entrambi i casi, egli ha scritto in questo modo perché così sembra all'apparenza visiva. Egli non deve essere accusato di aver detto una falsità in entrambi i casi; infatti l'esperienza visiva ha anche la sua verità, ben adatta allo scopo recondito del salmista, cioè la raffigurazione del Figlio di Dio e della diffusione del Vangelo.

Anche Giosuè cita le valli sullo sfondo delle quali il sole e la luna si muovono, poiché così gli sembrava quando era nei pressi del Giordano (cfr. Gs 10,12-14). In ogni caso entrambi raggiungono il loro intento: Davide (e con lui Siracide), ha esposto queste cose per la manifesta magnificenza di Dio, affinchè si presentassero agli occhi, o anche per un significato mistico espresso attraverso questi fenomeni visibili. Giosuè voleva dire che il sole si sarebbe trattenuto nel suo posto nel mezzo del cielo per un giorno intero con riferimento alla sua apparenza visiva, poiché per altri uomini durante lo stesso intervallo di tempo sarebbe rimasto sotto la terra.

Ma gli ignari guardano alla sola opposizione dei termini: il Sole si è fermato, cioè, in verità, la Terra. Non così fanno coloro che vedono che tale opposizione nasce solo all’interno dei contenuti dell’Ottica e dell’Astronomia. Né sono questi talmente contro i modi di pensare degli uomini, da non voler vedere che Giosuè chiedeva nella preghiera solo che i monti non gli togliessero il sole; che egli espresse tale preghiera con parole conformi al senso della vista, in quanto sarebbe stato del tutto inopportuno in quella circostanza ragionare di astronomia e degli errori visivi.

Infatti se qualcuno lo avesse ammonito del fatto che il sole realmente non si muove sullo sfondo della valle di Aialon, ma soltanto che sembra ai nostri sensi che faccia così, forse Giosuè non avrebbe richiesto l'allungamento del giorno, per qualunque ragione ciò avvenga? Egli avrebbe pertanto agito alla stessa maniera se qualcuno lo avesse corretto con argomentazioni relative alla perenne stabilità del sole e al moto terrestre.
 
Dio immediatamente ha capito dalle parole di Giosuè ciò che egli richiedeva e ha agito di conseguenza fermando il moto terrestre, così che il sole potesse sembrargli che si fermasse. Tutto ciò affinché tutta la richiesta di Giosuè fosse esaudita e che così potesse apparirgli, qualsiasi cosa fosse realmente accaduta nel frattempo. Infatti, che tale apparenza visiva si verificasse, non è stata cosa vana e senza scopo, ma strettamente legata all'effetto desiderato.

Ma vedi il cap. 10 della Astronomiae Pars Optica; troverai ragioni per cui a tutti gli uomini certamente sembra muoversi il sole e non la terra; sicuramente capirai perché il sole appare piccolo e la terra grande; e anche perché, a causa della sua apparente lentezza, il moto del sole è percepito non dalla vista, ma soltanto dal ragionamento, a causa della mutata distanza dalle montagne dopo un certo periodo di tempo. E' pertanto impossibile che una ragione non precedentemente formata  pensi qualcosa altro tranne che la terra, con l'arco di cielo collocato sopra di essa, sia come una grande casa, immobile, sopra la quale il sole, piccolo di statura, viaggi da una parte all'altra come un uccello vola nell'aria.

Le cose che certamente tutti gli uomini immaginano, la prima frase della Sacra Scrittura ha annunciato: “All'inizio”, disse Mosè, “Dio creò il cielo e la terra” (Gen 1,1), perchè queste due sono le parti principali che si presentano al senso visivo. È come se Mosè dicesse all'uomo: “Dio creò tutto questo edificio universale che vedi, illuminato sopra, buio e ampiamente disteso sotto, sul quale sei collocato e dal quale sei coperto”.

In un altro passo biblico, si chiede all'uomo se ha imparato a misurare i cieli in alto ed esplorare in basso le fondamenta della Terra (cfr. Gb 38): questo poiché alla gente comune sembra che entrambi ugualmente si estendano su spazi infiniti. Tuttavia, non c'è nessun uomo saggio che, ascoltando queste parole, le userebbe per limitare la capacità degli astronomi, o nel dimostrare la disprezzabile piccolezza della terra rispetto al cielo, o nell'investigare le distanze astronomiche. Perché queste parole non riguardano la misurazione colta dalla ragione; esse riguardano l'investigazione reale che è del tutto impossibile per l'essere umano, fissato sulla terra e che respira l'aria libera. Leggi tutto il cap. 38 dellibro di Giobbe, e paragonalo con le argomentazioni disputate in astronomia e fisica.

Se qualcuno affermasse, dal Salmo 24, che la terra è fondata sopra dei fiumi, in modo da sostenere la nuova e assurda conclusione filosofica che la terra galleggia sopra i fiumi [Sal 24(23),2], non sarebbe corretto dirgli che dovrebbe giudicare lo Spirito Santo come un messaggero divino e evitare di trascinarlo per forza e in modo ridicolo nelle dispute di fisica? Perché in quel passo il salmista intende solo ciò che gli uomini già sanno e constatano quotidianamente, cioè che i grandi fiumi scorrono attraverso la terra, innalzata in superficie dopo la separazione delle acque, e i mari la circondano. Per l'appunto lo stesso tipo di discorso si trova in un altro passo, quando gli israeliti cantano di essersi seduti sopra le acque di Babilonia, cioè sulla riva, o sulle sponde dell'Eufrate e del Tigri [Sal 137(136), 1-6].

Se si accetta ciò senza problemi, per quale motivo non può essere accettato che in altri passi, che di solito si esprimono contro il moto terrestre, allo stesso modo dovremmo invertire la nostra attenzione dalla fisica alle finalità della Scrittura?
Generatio praeterit (dice l’Ecclesiaste) et generatio advenit, Terra autem in aeternum stat. Forse che in questa circostanza Salomone sta disputando con gli astronomi? O piuttosto non istruisce gli uomini sulla mutabilità terrestre, poiché la Terra, culla del genere umano, resta sempre la stessa e il moto del Sole si ripete continuamente? Il vento si muove in circolo e ritorna allo stesso posto. I fiumi dalle fonti sfociano nel mare e dal mare ritornano alle fonti. E così altri uomini discendono da quelli che muoiono e sempre la stessa è la favola della vita; niente vi è di nuovo sotto il Sole (cfr. Qo 1,9).

Non vi è alcuna dottrina relativa al mondo fisico. Il messaggio è morale, una cosa di per sé manifesta e che viene vista con gli occhi di tutti, ma che viene poco meditata. Ciò pertanto insegna Salomone. Chi infatti non sa che la Terra è sempre la stessa? Chi non vede che il Sole sorge ogni giorno, che i fiumi perennemente confluiscono nel mare, che le periodiche vicissitudini dei venti si ripresentano, che gli uomini si avvicendano gli uni agli altri? Ma chi davvero crede che la stessa favola della vita si attui continuamente, con protagonisti diversi, e che nulla nelle vicende umane sia nuovo? Così Salomone, narra ciò che è evidente a tutti e ci ammonisce di ciò che viene negato quasi da ognuno erroneamente.

Si dice che nel salmo 104, nella sua totalità, sia contenuta una trattazione fisica, in quanto tutto incentrato su aspetti fisici. E in esso si annuncia che Dio ha fondato la terra sulla sua stabilità e che essa non potrà mai vacillare [cfr. Sal 104(103),5]. Ma in questo caso il salmista è molto lontano dall'aver fatto una disquisizione relativa a cause fisiche. Infatti tutto il significato del salmo confluisce nella grandezza di Dio che ha fatto tutte queste cose: il salmista ha scritto un inno a Dio come Creatore, nel quale presenta il mondo come ordine delle cose, così come appare agli occhi.

Se si valuta bene la cosa, è un commento sull'Esamerone della Genesi. Infatti in questa sezione della Bibbia i primi tre giorni sono stati dedicati alla separazione delle regioni: il primo, della regione della luce dalle tenebre esterne; il secondo, delle acque dalle acque attraverso l'interposizione del firmamento esteso; il terzo, della terra dai mari, quando la terra viene rivestita con piante e germogli. Gli ultimi tre giorni sono stati poi dedicati al riempimento delle regioni così distinte: il quarto del cielo, il quinto dei mari e dell'aria, il sesto della terra: così  in questo salmo ci sono lo stesso numero di parti distinte, analoghe alle opere dei sei giorni.

Nel secondo verso, infatti, descrive il Creatore in termini di Luce, prima tra le creature e opera del primo giorno.
La seconda parte inizia con il terzo verso e riguarda le acque sopra i cieli, l'estensione del cielo, e i fenomeni atmosferici che il salmista sembra attribuire alle acque sopracelesti, cioè nuvole, venti, turbini, lampi.

La terza parte inizia dal sesto verso e celebra la terra come fondamento delle cose che qui esamina. Il salmista riferisce tutte le cose alla terra e agli esseri viventi che in essa si trovano, perché, secondo il giudizio della vista, le parti principali del mondo sono due: cielo e terra. Egli pertanto considera che, come avvenuto per così lungo tempo, allo stesso modo ora la terra non  affonda né si dissolve, né precipita; tuttavia a nessuno è noto con certezza su cosa sia fondata.

Egli non vuole insegnare cose che gli uomini ignorano, ma richiamare alla mente ciò che essi negano, cioè la grandezza di Dio e la potenza nella creazione di un'opera tanto grande, così solida e stabile. Se un astronomo insegna che la terra è trasportata attraverso i cieli, egli non annulla ciò che il salmista qui afferma e neanche va contro l'esperienza umana. È inoltre vero che la terra, opera dell'Architetto Divino, non crolla come sono soliti fare i nostri edifici consunti dall'età e dalla corrosione, non si inclina da una parte, che le sedi degli esseri viventi non sono sconvolte, che le montagne e le coste sono stabili, ferme contro la forza del vento e delle onde, così come erano all'inizio. E il salmista aggiunge anche un bellissimo racconto della separazione delle acque dai continenti; inoltre abbellisce la narrazione con l'aggiunta delle fonti e delle utilità che le fonti e le rocce apportano ad uccelli e quadrupedi. Egli non tralascia l'abbellimento della superficie terrestre, ricordato da Mosè tra le opere del terzo giorno, ma il salmista lo desume dalla sua causa precedente, cioè da una pura umidificazione nel cielo e abbellisce la descrizione ricordando i benefici derivanti da quell'abbellimento per la sopravvivenza e la felicità dell'uomo, e per i rifugi degli animali.

La quarta parte inizia al verso 20 e celebra l'opera del quarto giorno, il sole e la luna, ma principalmente il beneficio per l'uomo e per gli altri esseri viventi proveniente dalla divisione del tempo. E' questo beneficio che è il suo oggetto in questo caso: come appare con evidenza, qui lo stesso autore non scrive come un astronomo.
In caso contrario non avrebbe omesso di citare i cinque pianeti, rispetto al cui movimento nulla vi è di più ammirevole, nulla di più bello, nulla che dimostri in modo più evidente la sapienza del Creatore, per coloro che sono in grado di comprendere.

La quinta parte, al verso 26, riguarda l'opera del quinto giorno, quando riempie il mare con il pesce e lo adorna con i viaggi marini.

La sesta è stata aggiunta in modo non chiaro al verso 28 e riguarda gli animali viventi sulla terra, creati nel sesto giorno. Alla fine egli afferma generalmente la bontà di Dio che sostiene tutte le cose e ne crea di nuove. Così, ogni cosa il salmista abbia detto del mondo si riferisce agli esseri viventi. Egli non riferisce nulla che non sia chiaramente conosciuto, perché la sua volontà è di esaltare le cose conosciute, non di cercare quelle sconosciute, e di invitare gli uomini a considerare i benefici che ad essi provengono da queste opere dei singoli giorni della creazione.

Anche io imploro il mio lettore, quando allontanatosi dal tempio avrà intrapreso la dottrina astronomica, affinché non dimentichi la bontà divina conferita agli uomini, alla cui considerazione il salmista invita particolarmente; gli chiedo anche che con me lodi e celebri la grandezza e la sapienza del Creatore, che gli presento basandomi su una spiegazione più approfondita della forma del mondo, sulla ricerca delle cause e sull'individuazione degli errori dell'apparenza visiva. E sia così, affinché ammiri il dono di Dio e i suoi benefici per tutto il genere dei viventi, non solo per ciò che concerne la fermezza e stabilità della terra, ma anche riconosca la sapienza del Creatore nel moto della stessa terra, tanto difficile da scoprire quanto stupefacente nella sua bellezza.
 

da J. Keplero, Astronomia Nova, in Johannes Kepler Gesammelte Werke, vol. III, a cura della Kepler-Kommission der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, C.H. Beck, München 1937, pp. 28-33, trad. it. di Alessandro Giostra.