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Riflessioni su Scienza e Creazione

Joseph Kälin
1957

da un saggio pubblicato dall’Istituto della Società Görres per l’incontro fra scienze naturali e fede

Joseph Kälin, zoologo ed antropologo svizzero, già rettore dell’Università di Friburgo, è stato fondatore dell’Istituto per l’incontro fra scienza e fede, all’interno della Görresgesellschaft. In questa pagina, egli parla della conoscenza di Dio da parte dell’uomo di scienza. La conoscenza scientifica e quella teologica sono due strade strettamente connesse, che conducono il ricercatore a trasformare la meraviglia di fronte al creato in stupore di fronte alla verità e in riverenza dinanzi al mistero.

Conoscenza scientifica e teologica del mondo

Il significato della creazione nella conoscenza razionale di Dio, non consiste tanto nel fatto che la conoscenza scientifica diviene parte della rivelazione, quanto piuttosto nella esaltazione del contenuto della rivelazione a causa della ricchezza delle determinazioni dell'essere presenti in natura. Questa concezione risulta anche dalla dottrina teologica della participatio, secondo la quale le cose del mondo, nonostante la totale impotenza ad essere dell'essere creato, in quanto riflesso dell'essere divino, in quanto “vestigia dei” nella creatio continua, divengono suoi segni.

Così nella prospettiva dello scienziato, la via della fede, nel senso della conoscenza razionale di Dio, è paragonabile all'incontro di Mosè con Jahvè. La preghiera di Mosè a Dio, affinché gli mostri il suo volto, viene respinta da Jhavè con le parole: “…tu non puoi vedere la mia faccia; poiché un uomo non può vedere me e restar vivo”. Però gli fece questa concessione: “Ecco qui un luogo vicino a me: mettiti su quella roccia; e mentre passerà la mia gloria, io ti porrò nel cavo della roccia e ti coprirò con la mia mano, finché io non sia passato. Poi ritirerò la mia mano, e mi vedrai da tergo; ma la mia faccia non si può vedere”.

Il mistero del volto coperto non si può svelare, noi non ci possiamo solo avvicinare ad esso, mentre la sua grandezza cresce costantemente ai nostri occhi. Dubarle lo formula chiaramente nei “Rencontres internationales de Genève”, quando vede che il grande compito della scienza consiste nel contribuire alla spiegazione progressiva e all'approfondimento concettuale del patrimonio della fede, nonché nel rafforzare contemporaneamente sempre di più la coscienza del mistero di Dio mediante lo sviluppo di metodi di pensiero e di mezzi di conoscenza. Ciò che la teologia esige fondamentalmente dalle scienze naturali è dunque il mostrare la finalità della cosiddetta creazione materiale, in base alla sua struttura funzionale. Questo è il metodo in base al quale anche Leibniz cercò di spiegare la contingenza della creazione, partendo dalla sua causa formale. In questa prospettiva la scienza e la concezione teologica del mondo possono essere considerati come piani diversi dell'interpretazione che qui come lì rimanda alla stessa causa ultima dell'essere. Nella concezione teologica questa causa è nella trascendenza dell'essere divino. Questa trascendenza non può né essere postulata né essere confutata solamente in base ad una metodologia e ad un'impostazione scientifica dei problemi. […].

Vita organica e finalismo nei fenomeni vitali

Il finalismo della creazione è particolarmente evidente nello studio della vita. Il suo complemento biologico è quello della totalità organica. Di fronte al problema della sua ragion sufficiente c'è una sola alternativa: la sospensione del giudizio o la spiegazione metafisica. Infatti nella realizzazione dinamica di sé, regolativa e diretta ad un fine, della forma organica, si manifesta, come nella soggettività del comportamento animale, un processo ordinato. E' un processo ordinato nel quale l'essere vivente, superando se stesso in ontogenesi e filogenesi, ascende a sempre nuovi stadi della realizzazione della forma e dell'arricchimento di esperienza. Questo procedere della vita relativamente finalistico è un dato di fatto biologico. Russel ha apportato un gran numero di prove di questo fatto nel suo libro sulle forze che dirigono l'organismo. Il problema dell'interpretazione filosofica di questo processo (pro o contro la concezione kantiana come regolativa del pensiero) è un'esigenza filosofica. Di fronte alla grandezza del mistero che sta dietro a questa esigenza, il silenzio del biologo si tramuta in riverenza. Chi però crede che il processo organico, nella sua interiorità, si potrà spiegare con il caso assoluto mediante processi integrativi basati su principi fisici, nel senso di una explicatio ultima, si rende oggetto di un problema psicologico. Whitehead ha caratterizzato acutamente questo problema: “Gli scienziati la cui mèta è quella di dimostrare l'assurdità della vita, costituiscono un interessante oggetto di studio”.

Il finalismo dei fenomeni vitali è così trasparente perfino nel processo meccanico della microevoluzione, che uno dei massimi esponenti americani dello studio dell'evoluzione, Simpson, caratterizza il processo di adattamento nella microevoluzione con le parole: “Questo processo rappresenta un evento naturale che nel suo corso si svolge i maniera completamente meccanica. Questo processo ci fa pensare ad un proposito, senza che si possa trovare chi persegua questo proposito. E questo ha creato un piano esteso senza l'azione contemporanea di un pianificatore. Può darsi che l'avvio al processo di leggi fisiche secondo cui esso si svolge, siano stati determinati una volta da qualcuno e che questa maniera meccanicistica di attuare un piano corrispondente, sia da considerarsi come lo strumento di colui che ha progettato”. Così anche dal punto di vista scientifico è aperta la via alla formulazione teologica del problema. Ricordiamo le parole di Adalbert Stifter nella introduzione ai suoi “Bunde Steine”: “Quando gli uomini erano ancora nell'infanzia, e il loro occhio non era ancora stato toccato dalla scienza, erano colpiti da quanto li circondava e destava la loro attenzione, e provavano paura o ammirazione. Ma quando aprirono gli occhi, perché la mente cominciò a rivolgersi ai nessi, allora i singoli fenomeni scesero sempre più in basso e la legge si elevò sempre più alta. Le meraviglie cessarono, crebbe lo stupore”. Soprattutto lo stupore che la creazione è realtà.

     

Joseph Kälin, Vorträge zur Eröffnung des Instituts der Görresgesellschaft für die Begegnung von Naturwissenschaft und Glauben, Max Hueber Verlag, Monaco, 1957, fasc. 1, pp. 12-14; tr. it. in H. Muschalek, Dio e gli scienziati, Paoline, Alba 1972, pp. 177-18.