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La lotta contro Lourdes

Agostino Gemelli
1958

Vita e pensiero

P. Gemelli ripercorreva, in qusto saggio del 1958, la storia delle apparizioni di Lourdes, dal punto di vista del credente e del medico, e il modo con cui venivano attaccate in nome della “scienza”. Una lettura interessante ancora oggi, nel momento in cui ci troviamo a fare i conti con l’occhio sempre aperto della tecnica.

Le iniziali lotte contro Bernadette

Chi considera la storia di Lourdes non può non rilevare un doppio aspetto di ciò che da un secolo si verifica. Sin dall'inizio già la folla accorreva alla fonte che aveva incominciato a sgorgare mentre le mani della piccola Bernadette avevano scavato nel terreno per ordine della «Dama». La folla era così persistente che le autorità governative arrivarono ad un certo punto a far chiudere la grotta e il luogo sottostante da una palizzata nella illusione di arrestare quella ondata di popolo. Mentre il popolo considerava Bernadette una creatura privilegiata di Dio, nel contempo gli uomini cosidetti colti mostravano grande diffidenza contro ciò che si narrava delle improvvise guarigioni e interpretavano i fatti o come frutto di isterismo o come frutto di illusione. Oggi è possibile seguire giorno per giorno gli avvenimenti sulla base dei documenti raccolti con molta cura dal prof. R. Laurentin, che insegna all'Università di Angers (Lourdes. Dossier des documents autentiques Parìs, 1957). Benché alcuni documenti siano mutili ed altri manchino, la raccolta è preziosa perché ci fa seguire, passo per passo, gli avvenimenti provocati dalle apparizioni e il contegno delle autorità civili e le varie persecuzioni alle quali è stata sottoposta sin dall'inizio la piccola Bernadette.

Immensa è la letteratura che si occupa di Lourdes: ma fra tutti i libri che raccontano dò che è avvenuto in quei primi anni, senza dubbio il più importante è quello di Henri Lasserre, opera che nel settembre 1869 Pio IX lodava con un breve diretto all'autore. Non metto da parte la storia di Lourdes di P. Cross il quale, oltre ad avere scritto un interessante volume di storia (oggi ripubblicato da Lethìelleux in un bel volume) ha fatto una minuziosa e preziosa inchiesta conservata in sei fascicoli di manoscritti inediti; né la storia medica di Lourdes scritta dal dott. Boissarie che organizzò il «bureau cles constatations médicales», né metto da parte un'opera apparsa più tardi e molto documentata, e cioè la storia critica degli avvenimenti di Lourdes del canonico Bertrin. Nella immensa letteratura che Lourdes ha provocato, il volume del Lasserre conserva un suo carattere di spontaneità che commuove profondamente. Egli stesso ha sperimentato la grazia di Dio per la guarigione da una malattia di occhi; egli stesso racconta in ogni suo particolare le varie fasi di questa vicenda. A che la sua acuità visiva diminuiva e che la lettura anche di un breve scritto lo affaticava enormemente, ne informò due intimi amici protestanti, marito e moglie. Si era nel 1862, a distanza di quattro anni dalle apparizioni della Vergine a Bernadette. I due protestanti avevano avuto occasione, in un loro viaggio, di passare da Lourdes e ne avevano udito le meraviglie: « Se io fossi cattolico credente come lo sei tu e fossi malato, non dubiterei un istante a sperimentare quest'acqua di cui narrano meraviglie ». Il Lasserre non si lasciò convincere subito. Ed è interessante leggere il suo tormento interiore perché da un canto voleva ricorrere a una simile esperienza per recuperare il prezioso dono della vista, d'altro canto pensava che, se veramente fosse guarito per intervento della Vergine, avrebbe dovuto cambiar vita, dal momento che, a suo giudizio, essa non era quella di un cattolico totalmente fedele agli insegnamenti della Chiesa. È interessante notare che l'amico protestante lo esortava a fare l'esperienza nel modo migliore: «Eleva le preghiere necessarie; vai a confessarti; metti la tua anima in un stato conveniente; compi le pratiche che la tua religione ti suggerisce»... L'amico protestante, al Lasserre che si meravigliava perché lui, non cattolico, lo esortava a fare questo, rispose: «Io sono un uomo di scienza: un esperimento deve essere fatto nelle condizioni prescritte perché se ne possa trarre una conclusione valevole». Il Lasserre resistette qualche tempo, finché un giorno, inginocchiatosi nella propria camera, ad alta voce invocò la Vergine perché lo aiutasse. Nel frattempo era giunta da Lourdes una cassetta che conteneva una bottiglia con l'acqua di Lourdes; l'aprì e con un pannolino bagnò gli occhi e la fronte; d'un tratto recuperò la vista. Da questa esperienza personale il Lasserre è stato condotto a scrivere il magnifico libro che io in questi giorni ho riletto dopo la prima lettura fatta quarant'anni or sono; alla fine ho chiuso il volume avendo gli occhi molli di lagrime.

Nel suo volume il Lasserre riferisce uno fra i molti episodi di uomini «considerables» che si sentirono convertiti alla fede dal contegno della piccola pastorella. Se non pochi furono convertiti dal contegno di Bernadette, colpiti dal tono di perfetta sincerità di questa povera fanciulla, vi erano però alcuni che, pur riconoscendo la piena sincerità della fanciulla (aveva tredici anni) attribuirono la fede e la sicurezza di questa alle allucinazioni. Taluno era incline verso un'altra spiegazione: la fanciulla era un'abile commediante. Fra questi primi testimoni uno è da ricordare, Estrade, ricevitore delle imposte indirette. Costui, benché la curiosità lo spingesse alla grotta di Massabielle, non voleva dare la prova di comportarsi come uno dei numerosi della folla credulona. Ma un giorno, anche per accompagnare una sua sorella, si decise a recarsi alla grotta. Il racconto di quanto egli ha osservato fu pubblicato dal grande giornalista Louis Veuillot, nell'Univers del 28 luglio 1888. «Io arrivai alla grotta, - egli disse - disposto ad esaminare i fatti e anche, per dire tutto l'intimo del mio animo, per ridere entro me, poiché mi attendevo di assistere ad una commedia o a una singolarità grottesca. Una folla immensa si veniva ammassando intorno alla roccia selvaggia. Io ammiravo la semplicità di tanta gente dabbene e sorridevo entro me stesso della credulità di una folla di buone e pie donne che stavano ginocchioni dinanzi alla roccia. All'ora consueta, verso il sorgere del sole, Bernadette arriva. Io le ero vicino e osservavo i suoi tratti fanciulleschi e il suo volto che rivelava un carattere dolce, innocente, nonché la sua profonda tranquillità. Ella si inginocchiò con semplicità, senza preoccuparsi della folla che la circondava, come se ella fosse stata sola, lontana dallo sguardo umano, in una chiesa o in un bosco deserto; cavò di tasca il suo rosario, cominciò a pregare. Osservai che il suo sguardo parve ricevere e riflettere una luce sconcertante; tosto divenne fisso, e si fermò meravigliato, ripeto, inondato di felicità. Io guardai la roccia: nulla vidi, ad eccezione dei rami secchi del rosaio selvatico. Tutte le mie prevenzioni, tutte le mie obbiezioni filosofiche, tutte le mie negazioni preconcette caddero d'un tratto e al loro posto un sentimento straordinario si impadronì di me, a malgrado di me. Io ebbi la certezza e la irresistibile intuizione che un Essere misterioso si trovava là. I miei occhi non lo vedevano, ma la mia anima, come quelle dei numerosi spettatori di quell'ora solenne, lo vedevano come me con somma evidenza. Sì; io lo dichiaro; un Essere divino era là. Improvvisamente e completamente trasfigurata Bernadette non era più Bernadette». L'Estrade continua a descrivere il volto e i gesti di Bernadette trasfigurata. «A un certo momento Bernadette camminò sui suoi ginocchi. Mentre ella procedeva su questo piano un po' inclinato, le persone che erano vicine come me la intesero dire: "Penitenza! penitenza! penitenza!". Dopo alcuni istanti, Bernadette si alzò e riprese la strada della città in mezzo alla folla. Era una povera figliola, abbigliata dimessamente, che sembrava non aver avuto alcuna parte in questo spettacolo sorprendente». Dalla folla, dunque, emergono queste due figure: Estrade e Lasserre, che ci danno una testimonianza commovente.

Ma la lotta contro Lourdes era incominciata. Ed era incominciata sotto la forma dell'interrogatorio inquisitore al quale la povera fanciulla fu sottoposta da un commissario di polizia, Jacomet. Al leggere il resoconto di questo interrogatorio si rimane stupiti per la serenità, per la dolcezza con la quale Bernadette rispondeva. È meravigliosa la fermezza con la quale, alla lettura del verbale, essa rispondeva: «Io non ho detto questo».

A quell'interrogatorio c'era, come testimonio, l'Estrade del quale ho detto sopra come fu conquistato dalla fanciulletta. Ma già durante questi interrogatori, egli, da uomo onesto, si era posto un quesito e la risposta era stata precisa. No, questa fanciulla non è una commediante che mentisce. Nel frattempo degli avvenimenti si occupavano i giornali. Il settimanale del luogo parlava di catalessi; altri parlava di allucinazioni. Cominciava così quella campagna contro Bernadette e contro Lourdes che ancora oggi non è punto finita. A dare la bibliografia di coloro che hanno scritto contro Lourdes ci sarebbe da riempire numerose pagine. Ma ciò che è interessante è la monotonia della enumerazione delle cause alle quali sono attribuite le guarigioni. Chi fa appello alle forze ignote della natura, chi fa appello ad una azione ipotetica dell'acqua di Lourdes; molti scrittori usano la diagnosi di isterismo per spiegare le guarigioni, altri enumerano le risorse dell'organismo umano. Sono monotone le enumerazioni delle cause alle quali vengono attribuite le guarigioni di Lourdes; talvolta si vestono di apparenza scientifica, sfruttando questa o quella scoperta. Ciò che è comune a tutti questi scrittori è l'affermazione della impossibilità del miracolo, la impossibilità del soprannaturale, perché ammettere questo vorrebbe dire il crollo di tutto l'edificio delle nostre conoscenze scientifiche.

Ho detto monotonia nella enumerazione delle cause ipotetiche alle quali attribuire il miracolo, pur di non ammettere l'intervento soprannaturale. Però questo non basta. Infatti ecco il principe degli avversari di Lourdes, Zola, nel suo noto romanzo usa quest'altra arma: la deformazione dei fatti. Lourdes è del 1894. Il cavallo di battaglia usato dallo Zola è la suggestione. Ma per arrivare a dimostrare l'efficacia di questa ipotetica forza, Zola comincia con il trasformare la figura di Bernadette. Proseguendo egli presenta varie figure di malati che non sono che deformazioni di veri malati che hanno sperimentato la grazia di Dio: Sofia (che in realtà si chiama Clémentine Trouvé), Elisa Rouquet (che in realtà si chiamava Marie Lemarchand), la Grìvotte (in realtà Marie Lebranches), tutte creature che la fantasia del romanziere ha inventato, lavorando però sulla realtà di alcune malate che sono guarite, che egli però non ha conosciuto, né esaminato. Huysmans, di cui tutti ricordano il volume: Foules de Lourdes, e che non è certo un testimonio sospetto, scrisse che la storia di Marie Lemarchand, come l'ha raccontata Zola, «est réellement inexacte». II volume dello Zola diede origine a una serie di polemiche a base di accuse di falsi, o almeno deformazioni della verità, a base di contestazioni del valore delle testimonianze, e di violente polemiche.
    

La discussione alla associazione sanitaria milanese 

In una di queste polemiche fui trascinato contro voglia anch'io. Racconterò brevemente i fatti, che sono descritti in un volume: La lotta contro Lourdes, nel quale è contenuto il resoconto stenografico di una celebre discussione che nel 1910 ho dovuto sostenere con trecento medici membri dell'Associazione sanitaria milanese. Il 1909 resterà memorabile, nella storia d'Italia, per la campagna che è stata combattuta contro i cattolici, che guardano alla grotta di Massabielle come a un segno di Dio. In questa campagna si sono formulate le accuse più gravi contro i cattolici, contro il santuario di Lourdes, contro i preti, contro la gerarchia ecclesiastica. Nella campagna spietata vi furono momenti di trepidazione, in cui parve che la marea montante del fango avesse realmente a travolgere il purissimo edificio delle credenze nostre o almeno a insozzare l'immacolato manto di Maria Santissima. Durante il 1909 in numerose città d'Italia, l'on. Podrccca, il direttore del periodico L'Asiuo, aveva tenuto conferenze nelle quali pretendeva di svelare i misteri di Lourdes e dare la dimostrazione che le guarigioni di Lourdes sono o il frutto di un indegno trucco o almeno l'effetto di una illusione incosciente, forse sfruttata da chi vi ha interesse. Il santuario di Lourdes cioè è una immane bottega, è una prova dello sfruttamento che la Chiesa cattolica fa delle anime.

Numerosissimi vescovi mi invitarono allora nelle loro diocesi per controbattere tali bestemmie. A Milano un gruppo di medici ritenne «non fosse morale che un medico avesse a girare l'Italia affermando che non solo la scienza medica non ha nulla da dire contro le guarigioni miracolose di Lourdes, ma che di più essa ha prestato la propria opera per la constatazione di tali fatti »; «Non è morale che i cattolici abusino della scienza e la facciano servire ai loro usi confessionali, a tutto loro vantaggio economico... ». Ai primi di novembre del 1909 ricevetti una lettera dal presidente dell'Associazione sanitaria milanese, il dott. G. Forlanini (fratello del celebre tisiologo), nella quale mi si informava che un gruppo di soci aveva presentato domanda alla presidenza perché questa mi invitasse a «ripetere dinanzi ai colleghi della Associazione sanitaria la conferenza da me tenuta nella chiesa di san Fedele sui miracoli di Lourdes ». Consigliatomi con gli amici, risposi che in linea di massima accettavo, ma ponevo alcune condizioni che, alla fine di lunghe trattative, vennero accettate.

La mia conferenza ebbe un solo scopo: dimostrare che la medicina non ha modo di spiegare le guarigioni miracolose. All'uopo fermai la mia attenzione su due casi che descrissi accuratamente e alla fine esaminai le varie ipotesi: l'azione terapeutica dell'acqua di Lourdes, l'azione radioattiva di tale acqua, la fede che guarisce di Charcot, la psicoterapia e altre consimili. Ed ecco le conclusioni del mio discorso, durato una intera notte:

« A Lourdes avvengono dei fatti che si verificano con meccanismo del tutto speciale, profondamente diverso da quello che noi medici ci aspetteremmo. Vi si verificano cioè alcune guarigioni a proposito delle quali possiamo dire tutto ciò che noi vogliamo, ma delle quali dobbiamo riconoscere, insieme con uomini che non sono certo sospetti in questa testimonianza, che esse sono reali e dalle quali è da escludersi nel modo più certo il trucco o la illusione. Noi dobbiamo confessare che noi, come medici, non possiamo negare i fatti ma non li sappiamo spiegare».

Aggiunsi: 

«La mia conclusione temo avrà suscitato in alcuni di voi questa reazione: Come? Noi eravamo venuti qui per sentir dire che le guarigioni di Lourdes sono miracolose! Come? Noi ci aspettavamo di sentire magnificare le virtù terapeutiche dell'acqua miracolosa di Lourdes!... Me ne spiace per i delusi. Io, parlando da medico, non potevo dire la parola miracolo, e darvi la dimostrazione del miracolo. Come medico, mi importava solo darvi la dimostrazione della verità degli avvenimenti di Lourdes e darvi la prova che oggi la medicina non cc ne sa dare alcuna spiegazione».
   

Non posso, come è evidente, riportare nemmeno per estratti le risposte che furono date al mio lungo discorso. Mi limito a qualche citazione. Si ripeté dai miei avversari con monotonia ciò che gli avversari di Lourdes vanno ripetendo da un secolo. Ecco quello che disse il prof. Bonardi, un clinico che godeva di una certa notorietà a Milano:

«Malgrado le punzecchiature di padre Gemelli teniamo fede alla nostra dottrina: una dottrina che ha le sue radici nella gloriosa scuola ionica con Talete, Anassimandro, e continua gloriosa con la scuola atomistica, che passa intatta attraverso le dottrine neo-platoniche, che torna a far capolino colla scuola salernitana, che è tanta parte del sistema spinoziano e che nel nostro secolo ha per sacerdoti uomini come un Comte, uno Spencer, un Huxley, e tra noi Lombroso, Ardigò; in una dottrina millenaria che non sarà distrutta dai vostri conati. Nel positivismo scientifico vi è un po' dello spirito gigante che non può mai essere vinto; quando è colla schiena verso terra è appunto quando riprende nuove forze e risorge più glorioso e luminoso di prima».

Forse più interessante è stato l'intervento del prof. Paolo Pini, che era un neurologo. Riporto la chiusa del suo discorso:

«Noi diciamo al malato: armatevi di energia, il vostro male è immaginario, voi potete camminare, voi non avete bisogno di andare a Lourdes. Ed invece voi cosa dite ai vostri malati? Voi cercate per mezzo della Chiesa di far schiavo il malato, di conquistarvi il corpo di cui l'anima vi sfugge: voi sfrattate la scienza. Quando, egregi colleghi, noi rimproveriamo a padre Gemelli soprattutto di aver detto qui "non so", noi facciamo opera buona perché dimostriamo una volta di più che padre Gemelli non ha avuto il coraggio di dire dei miracoli di Lourdes ciò che va dicendo nelle varie chiese d'Italia. Senti, caro Gemelli, noi ci siamo trovati sui banchi della scuola, ci siamo trovati al circolo socialista, e tu allora cri ultrapositivista, io modesto positivista; oggi sei ultrareazionario mentre io rimango al mio posto di battaglia; ma quello che vogliamo da te è la sincerità; e, poiché tu hai mancato con noi di sincerità, poiché c'è un contrasto tra quello che sei qui e quello che sei fuori di qui, noi ti dobbiamo smascherare».

La serie dei discorsi è stata chiusa dal dott. Filippetti, che fu poi sindaco socialista di Milano. Dal suo discorso riporto il seguente brano:

«E' stata veramente una buona idea per noi medici naturalisti e positivisti di chiamare, dirci di sfidare il nostro collega Gemelli a venirci a portare qui quello che egli sui fatti miracolosi di Lourdes ha portato sui pulpiti d'Italia; egli ha chiacchierato fuori di qui dei miracoli, ma qui è stato costretto a parlare da medico e da medico ha detto: io vi do due casi da considerare; questi due casi sono assolutamente straordinari e voi non potete spiegarli; voi non potete cercare l'intima natura delle guarigioni di questi fatti e quindi dovete dire: "non so". Il suo "non so…" non è completo; egli doveva arrestarsi tanto dentro qui, fra medici, come fuori di qui a questo suo "non so"; perché non si può scindere la responsabilità propria a seconda del luogo; ed io riconosco che egli sarebbe stato nel vero, non avrebbe detto che il vero, pur facendo, da parte mia, tutte le riserve sul modo come furono constatati questi fatti. E' vero; ci troviamo di fronte a fatti che devono essere intimamente considerati, che hanno bisogno di spiegazione, spiegazione che per ora non possiamo dare; ma noi ci saremmo arrestati qui. Quante volte noi in molti casi della nostra vita medica ci troviamo di fronte a fenomeni consimili per cui dobbiamo proclamare: "non sappiamo"! Ma nessuno di noi, appunto perché questo nostro "non so " è fondato su basi scientifiche, nessuno dì noi sull'oscuro al di là di questi fatti fabbrica delle ipotesi assurde; perché assurdo logico è quello di proclamare il miracolo quando non c'è altro che ignoranza; questo assurdo noi medici naturalisti, positivisti non lo vogliamo. Anche il collega Gemelli in questo luogo si è arrestato a questo punto; ma fuori di qui, egli è proceduto oltre ed ha proclamato il miracolo; e noi abbiamo veduto qui In persona del Gemelli ridotta, dimezzata, dichiarata da lui stesso in fallimento. E nella sua risposta il dott. Gemelli lo deve riconoscere». 

Della mia risposta riporto solo due brani:

«Il dott. Pini mi ha accusato di poca sincerità, di aver sfuggito la questione fondamentale, di aver dimezzato la mia personalità c di aver tenuto qui un contegno diverso da quello da me tenuto fuori di qui. Ed anche a questo proposito io debbo ripetervi che io non sono tenuto a giustificarmi dinnanzi a voi di ciò che io penso e faccio fuori di qui. Né voi avete il diritto di chiedermi le ragioni che mi guidano nelle mie azioni. Voi qui avete solo il diritto di discutere le opinioni scientifiche che io ho espresso qui; il resto è affare mio privato, ed io non vi posso permettere - abbiate o no ragione di biasimarmi - di esaminare la mia vita. Se ho girato l'Italia parlando di Lourdes e dicendo quello che le mie convinzioni mi dettavano, questo non può né essere lodato né biasimato da voi. Non posso però far a meno di notare che queste vostre accuse mettono in luce quale era lo scopo di coloro che hanno mosso interpellanza alla Presidenza perché io venissi qui a parlarvi delle guarigioni per le quali io ritengo miracolosi i fatti di Lourdes. Si voleva cioè che io venissi qui a farvi una disquisizione sul miracolo, perché a ci si sarebbe potuto facilmente rispondere che il miracolo è impossibile, o almeno inconoscibile dal medico e con ciò si sarebbe dato il bando al "viaggiatore dell'acqua di Lourdes "».

«No, egregi colleghi, io avrei fatto ingiuria alla vostra scienza, alla mia scienza, e soprattutto alla mia fede, se io avessi portato qui le ragioni per le quali io credo al miracoloA vrei mostrato dì tenere in ben piccolo conto tutti gli studi che secoli di indagini hanno accumulato sui motivi di credibilità, avrei mostrato di ignorare tutte le ricerche sulla psicologia dell'atto di fede. Mentre io mi sono attenuto a questa separazione di campi di ricerca, voi invece, in quasi tutte le vostre risposte, siete venuti fuori con questa frase che suonava stridente alle mie orecchie di studioso: "Non possiamo credere al miracolo; il miracolo è impossibile". Con ciò siete stati illogici. Con ciò avete commesso un errore di metodo. La dimostrazione del miracolo o la dimostrazione della sua impossibilità né io, né voi, come medici, la potevamo assolutamente dare, perché essa, come vi dicevo, comprende un complesso di questioni. Avrei dovuto partire da uno studio di psicologia dell'atto di fede; avrei dovuto fare la selezione degli elementi che costituiscono i motivi di credibilità; avrei dovuto condurvi con mc al tempio di Esculapio c mostrarvi gli ex-voto che ricordano le guarigioni ottenute per intervento eli Apollo; avrei dovuto farvi il confronto dei santoni della Mecca con i santi cristiani; avrei dovuto illuminare la questione con il contributo eli scienze varie: l'archeologia, la filo· logia, la glottologia, la scienza delle religioni, la sociologia, la psicologia dei popoli, ecc. Ma io non ho potuto farlo perché qui parlo da medico».

Aggiunsi poi:

«Non posso comprendere ciò che disse il Pini, c cioè che voi, miseri professionisti, avete da sudare per guadagnarvi il pane, mentre io posso permettermi il lusso di comperare c di leggere i libri ultimi usciti. No, il medico, per l'alta sua missione (egli non ha semplicemente un fine materiale, ma anche uno morale), il medico, che quando entra in una casa non porta solo un aiuto materiale, ma compie anche un sublime apostolato, deve essere all'altezza di questo suo compito c perciò deve cercare di allargare le proprie conoscenze. Voi invece vi siete mostrati inferiori a questa cultura che ogni medico, io credo, debba avere. Perciò, alla fine dei conti, avrei avuto buon gioco se vi avessi seguiti nelle scorrerie fuori del cmpo medico. Ma non ho voluto farlo.

Vale la pena di riportare alcune frasi della chiusura del dibattito:

«Io vorrei che voi, che siete stati allevati nelle nostre scuole a nutrire un entusiasmo infantile per la concezione del positivismo, che siete stati abituati a sciogliere gli enigmi dell'universo esclusivamente con il microscopio e con la provetta, che siete stati educati a non vedere che quello che il nostro bisturi può infilare o che si può scorgere nel campo del microscopio aveste a convincervi che è necessario mutare via via e persuadervi che le provette non servono che ad analisi chimiche, che il microscopio non serve che a studiare le strutture microscopiche, che le bilance servono solo a pesare, c così via; c che è vano, squadrando crani c pesando urine, illudersi di risolvere problemi di natura metafisica. Io vorrei che aveste a persuadervi che fu grave errore quello di aver confuso il metodo positivo con il positivismo; che il metodo positivo ha condotto a meravigliose conquiste e che sarà la via per la quale giungeremo ad assodare nuovi veri, c che il positivismo invece è una concezione unilaterale della quale il tempo ha oramai fatto giustizia. Io vorrei che aveste a persuadervi che, se volete mettervi a contatto con le correnti più vive c più sane del nostro paese, dovete operare questo rivolgimento nelle vostre anime. Solo questa convinzione io vi chiedo come conclusione della discussione di queste due sere. Questa è la sola conclusione che il metodo positivo vi permette oggidì». 
    

Una tesi di laurea a Parigi 

Un nuovo attacco critico contro Lourdes si è avuto di recente, attacco che ha dato origine a numerose polemiche. Si tratta di questo. Un medico, la signora Teresa Valot, ha presentato alla facoltà di medicina di Parigi, il 27 luglio 1955, una tesi su Lourdes. Il testo di questa tesi è stato ripubblicato con il titolo: Lourdes et l'illusion en thérapeutique (Maloine, Paris, 3" ediz., 1957). Il testo è accmnpagnato da un commento preparato dal marito dell'autrice, il dott. Guy Valot, che ha curato la pubblicazione perché la signora è morta in un grave incidente d'auto.

La tesi contiene le più diverse argomentazioni. Non è risparmiata Bernadette Soubirous, la fanciulla ingenua, per mostrare che essa era vittima delle illusioni. Frutto di illusioni madame Valot giudica quanto ha scritto il medico Dozous, uno dei primissimi che hanno studiato i m racoli di Lourdcs e che si è convertito alla fede di fronte ai fatti straordinari che egli descrive e dei quali è stato testimone. L'autrice passa a descrivere tutto l'ambiente di Lourdes; demolisce il valore dei giudizi formulati sulle guarigioni dal « bureau cles constatations méclicales » e conclude per vedere nelle guarigioni di Lourdes fatti analoghi a quelli operati dai cosidetti guaritori. Espone l'esame di alcuni malati di tubercolosi, di cancro e di altre forme organiche, per concludere che a Lourdes non si sono mai verificate guarigioni di lesioni anatomiche controllate scientificamente.

Confesso che al leggere la tesi della signora Valot sono rimasto sconcertato. Mai in Italia potrebbe essere presentata una tale tesi ad una facoltà medica e tanto meno potrebbe essere approvata con il massimo della lode.

Anche nel commento scritto dal marito della signora Valot e che fa seguito al testo della tesi non si fa che ripetere le solite grossolane accuse contro Lourdes. Tra le molte pubblicazioni intorno a Lourdes questa è la raccolta più audace di luoghi comuni, di accuse infondate, di falsificazioni di fatti. Ciò risulta dimostrato in un volume dell'abbé A. Deroo: Lourdes. Cité des miracles ott marché d'illusion? (Fayard, Paris, 1956). Ritengo inutile fare un esame particolareggiato della tesi della signora Valot. Bisognerebbe ripetere le critiche già mosse durante un secolo, per ristabilire la verità falsificata.

Ma una critica fondamentale deve essere mossa alla signora Valot. Essa non si è recata sul posto; non ha esaminato nessun malato; si è accontentata di ricostruire i fatti sulle pubblicazioni nelle quali il caso era descritto per cavarne una sua interpretazione, la quale è che tutto è illusione a Lourdes. Lo sviluppo dell'arte 1nedica, secondo essa, demolisce le interpretazioni erronee avanzate con insistenza dagli apologisti di Lourdes. Di recente in un articolo apparso nella Civiltà cattolica (Miracolo e forze ignote, 3 agosto 1957), che è forse uno degli scritti più interessanti apparsi su questo argomento, articolo in cui è soprattutto dimostrato che il fare appello a ignote forze naturali, come da molti si suoi fare, non è argomento valido per demolire le credenze nel miracolo, il padre Francesco Bauducco s.j. giustamente scrive: «Per giudicare l'estranaturalità d'un fatto non occorre percepire fin dove si protenda la forza naturale; basta sapere dove non si estende; in altri termini, non necessita conoscere quanto possa la natura, basta sapere quanto essa non può, allo stesso modo che si sa bene distinguere la notte dal giorno, sebbene sfugga il punto preciso in cui cessa la notte e incomincia il giorno. Noi non conosciamo tutte le leggi del codice penale, ma possiamo sapere con certezza che in un caso particolare è stata violata una determinata legge; non possiamo assegnare con esattezza il limite della forza di un uomo, ma possiamo con sicurezza affermare che egli da solo non smuoverà mai una montagna».
    

La testimonianza di Alexis Carrel 

Se nella lotta contro Lourdes sono stati numerosi gli avversari che hanno negato il fatto delle guarigioni miracolose, Alexis Carrel, ha ben compreso questo concetto. Il grosso pubblico conosce questo medico per il suo volume L'homme cet inconnu, che ha avuto una eccezionale diffusione. Io lo conobbi quando era professore alla università di Montpellier quando per le sue convinzioni religiose si era venuto a trovare in una situazione difficile. Egli aveva proprio allora incominciato i suoi stud1 sulla coltivazione dei tessuti che gli hanno poi meritato il premio Nobel. I buoni risultati ottenuti da quelle prime ricerche mi convinsero di suggerirgli di chiedere ed ottenere un posto di lavoro alla Carnegie Foundation. Aveva, credo, circa trent'anni. Eravamo diventati amici anche perché aveva scritto il volumetto Le voyage a Lourdes, che io lessi in manoscritto, ma che non fu allora pubblicato. Ci volle un anno per. risolvere il problema; ma un giorno mi arriva un telegramma che mi annuncia la· sua nomina alla Carnegie e una sua visita a Milano prima di partire per l'America. I lavori compiuti dal Carrel alla Carnegie furono di tale importanza che, ancora prima che egli ricevesse il premio Nobel, di lì a circa trent'anni un giorno proposi a S.S. Pio XI di s.m. di chiamarlo a far parte dell'Accademia pontificia delle scienze. Carrel accettò con entusiasmo; venne in Italia e io lo accompagnai in udienza dal Papa, il quale volle che Carrel gli descrivesse i risultati nella cultura dei tessuti. Fu un'udienza commovente, che, mi disse Carrel, lo aveva ripagato di tutte le amarezze patite.

Ho conosciuto l'animo fine ed elevato di Carrel come cristiano e come scienziato. Nella descrizione che egli ha fatto del viaggio a Lourdes e nella quale si nasconde sotto il nome di Lerrac (anagramma di Carrel) racconta non solo ciò che egli ha veduto, ma soprattutto come ha assistito ad un vero miracolo. Si trattava di un caso grave di peritonite tubercolare. Egli era rimasto sempre scettico e si era detto più volte durante quel viaggio: il miracolo ? assurdo. Ma il Signore lo aveva condotto ad assistere ad una tale guarigione di fronte alla quale tutte le obbiezioni caddero. Carrel racconta che, uscito dall'ospedale dei Sette Dolori di Lourdes, dopo una tranquilla discussione con alcuni colleghi che avevano concluso che si trattava di una reale guarigione, - era una donna che il Carrel, quando la portavano alla piscina, aveva giudicato che era un delitto esporla ad una così grave prova, - si aggirò per molte ore nella spianata innanzi alla chiesa superiore. Era combattuto da sentimenti opposti, ma alla fine udì uscire un cantico dalla chiesa inferiore; vi entrò, si sedette vicino ad un vecchio contadino, fino a che dal profondo del suo essere uscì una preghiera che vale la pena di riprodurre, anche se a molti lettori certamente è nota: «Io credo in te. Tu hai risposto alle mie preghiere con un miracolo radioso. Io sono ancora cieco, dubito ancora. Ma il più grande desiderio della mia vita è credere, credere temente, implicitamente, e non analizzare, non dubitare mai più... Sotto la corazza dura e profonda del mio orgoglio intellettuale dura ancora un sogno represso. Ahimé, per ora non è altro che un sogno, ma è il più affascinante di tutti. E' il sogno di credere in te e di amarti con lo spirito luminoso degli uomini di Dio».

Mi raccontava trent'anni dopo, mentre eravamo seduti a Roma ad uno dei caffè di via Vittorio Veneto: «Io ho sempre sentito su di me la mano della Vergine; ormai io sono certo della mia convinzione. Una grande pace entrò nel mio cuore». E poiché un caffè affollato non era il luogo più adatto per fare questi ragionamenti, uscimmo al più presto di lì e ci recammo nella chiesa eli san Claudio ove, come è noto, è esposto in permanenza il Ss. Sacramento. Ad un certo momento, mentre pregavamo, ed era ormai terminata la benedizione con il Ss. Sacramento, Carrel, chinandosi profondamente, mi prese la mano destra, me la baciò. Io lo strinsi al mio petto e insieme ringraziammo la Vergine di Lourdes. Ambedue eravamo debitori ad essa di grandi doni, di questo soprattutto, della fede serena, che dona pace all'anima.
    

Conclusioni 

Gli avversari di Lourdes, nel negare la verità dei miracoli e nel lottare contro la propagazione della credenza Lourdes, ricorrono alle più diverse ipotesi, la più caratteristica delle quali è l'appello alle forze ignote della natura. Ora uno studio accurato delle varie guarigioni ottenute a Lourdes dimostra che l'agente dei fatti di Lourdes si rivela con tutto il comportamento di una causa libera, di cui nessuno, nemmeno approssimativamente, può determinare le condizioni di attività, benché le occasioni di osservarle non siano mancate in un secolo. E che sia realmente una causa libera quella che agisce a Lourdes lo prova il fatto che noi nello studio di quanto avviene a Lourdes non troviamo nessun fatto che ne sia condizione necessaria. Noi non troviamo altro che Lourdes. E, come scrisse Teilhard de Chardin, «questa Lourdes nella quale si verificano queste guarigioni, non è Lourdes concepito, sperato, posseduto con passione, Lourdes nel delirio dei pellegrinaggi e con l'immersione nelle piscine, Lourdes idea motrice nel miracolato o forza psichicamente irresistibile, ma è Lourdes solamente, Lourdes come realtà nuda ed obbiettiva, alla quale è attaccata un'efficacia misteriosa indipendente da tutto ciò che vi possono apportare o ne possono risentire i malati e la folla in preghiera ».

Si aggiunga che le guarigioni non offrono nemmeno un solo carattere di affinità; non colpiscono una sola categoria di mali, non appariscono in circostanze determinate di tempo e di luogo; gli effetti si susseguono senza una regola apparente. Così quello che avviene a Lourdes è fuori dell'ordine umano non solo perché è extramedicale, ma anche per il modo nel quale avviene.

Si aggiunga: se i fatti colpiscono lo studioso, il loro andamento oltrepassa addirittura la sua scienza. «Egli non riconosce più, dice il medesimo autore, la natura nella quale il suo sguardo perspicace sa così bene d'ordinario ritrovare la costanza dei fenomeni e che dimostra nel complesso dei fatti naturali il regno della legge. Egli non si sente più in casa propria, nel suo dominio. Ciò che gli fa scuotere la testa è soprattutto la mancanza di circostanze che accompagnano costantemente le guarigioni.

Perciò lo studioso si trova scoraggiato; se anche non conoscesse la causa di tali fatti, ma almeno potesse vedere una certa regolarità di fenomeno, ciò gli darebbe la sicurezza della esistenza di una causa naturale; ma tale regolarità e costanza di circostanze manca... ».

Siamo cioè costretti a riconoscere che a Lourdes agisce una causa libera. Certo noi non dobbiamo pretendere di dedurre questo intervento dalla sola sproporzione tra l'effetto prodotto e i suoi antecedenti naturali conosciuti o immaginabili. Dal fatto che tutti gli antecedenti naturali conosciuti o immaginabili d'un fenomeno che sembra miracoloso sono incapaci di avere una conseguenza simile, non ne segue che questo risultato sia attribuibile a una forza soprannaturale, misteriosa, l'esercizio della quale sfugge alla nostra ricerca. Ma questa spiegazione non può più essere respinta da uno spirito libero di pregiudizi, allorché considera che, come centinaia di casi di guarigione che si verificano a Lourdes, insieme con l'assenza delle cause naturali conosciute o immaginabili capaci di spiegare il fatto miracoloso, si ritrova sempre anche l'ineluttabile antecedente di un appello ad una causa libera, al potere divino da parte del miracolato. Come si può negare ogni influenza a questo appello se, in mancanza di non si ritrova questa stupefacente sproporzione tra gli antecedenti naturali c l'effetto miracoloso e se nei miracoli più diversi ottenuti a beneficio di non importa quale soggetto, di non importa infermo, si ritrova sempre, inevitabilmente, l'antecedente invariabile e costante dell'azione divina affermata? Dopo aver fatta tale constatazione, uno spirito abituato ai procedimenti dell'intuizione scientifica non può sottrarsi alla conclusione dell'efficacia di tale appello a Dio che solo si ritrova sempre lo stesso, accompagnato dalla medesima sproporzione precitata, come unico fatto costante in mezzo all'indefinibile variabilità di tutti gli altri elementi che precedono o accompagnano il fenomeno miracoloso.

Così uno spirito privo di pregiudizi è costretto a riconoscere che quello che opera a Lourdes è una volontà, ed una volontà più potente della nostra, ma libera e indipendente, che ascolta la preghiera, l'invocazione del nome di Dio, così come fa un padrone che accorda ciò che gli piace avendo la volontà manifesta di limitare a rare eccezioni la sua azione miracolosa; così si deve riconoscere che essa è una causa libera, intelligente, conservatrice delle leggi della natura, ma non così strettamente che essa non abbia ancora il diritto di manifestare con un modo di agire straordinario la padronanza assoluta, l'azione continua che essa esercita in ogni tempo nel creato. Questo agente misterioso non può essere che Dio, l'essere infinito e personale che gli uomini di fede adorano. E, poiché l'invocazione a Dio è fatta per mezzo dell'intercessione di Maria santissima, così i miracoli di Lourdes sono dimostrazione della verità non solamente della religione cattolica, ma ancora dimostrazione della bontà della Vergine immacolata. Bisogna dire a coloro che non sono convinti della realtà dei miracoli di Lourdes che non si lascino deviare nella formulazione delle loro elusioni dalle affermazioni dei vari avversari. E' necessario che vadano a Lourdes. Ripeto quanto scrissi a conclusione del mio volume 

La lotta contro Lourdes
quando la folla stende le mani verso l'Ostensorio, quando la folla ripete l'invocazione del sacerdote:

Signore, fa che io veda; Signore, fa che io oda; Signore, fa che io cammini; nell'atmosfera del miracolo sgorga spontanea dal nostro cuore la confessione delle nostre colpe; e si determina il ritorno alla fede; la più grande, la più importante delle cose che si producono a Lourdes: la conversione delle anime a Gesù Cristo.

A Lourdes l'anima esperimenta nella sua ricchezza e nella sua pienezza l'azione divina. Perciò dico agli uomini di buona volontà: «Andate a Lourdes, osservate con spirito di sincerità, con cuore semplice». Se in voi è lo spirito di sincerità e l'amore reale per il vero, non potrete tralasciare di buttarvi in ginocchio e di ripetere le parole di san Pietro: «Signore, a chi mai ci rivolgeremo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il figlio di Dio» (Giovanni, VI, v. 70).

   

da Vita e Pensiero, Febbraio 1958,