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La relazione tra scienza e religione

Richard P. Feynman
1956

The Pleasure of Finding Things Out. The Best Short Works of Richard P. Feynman

Proponiamo qui di seguito la nostra traduzione di un breve saggio del fisico Richard Feynman derivato da una sua conferenza del 1956 al Caltech YMCA Lunch Forum. Il brano presenta, in maniera schietta, alcune riflessioni dell’autore sui rapporti tra scienza e religione. Colpisce la distinzione di tre “aspetti” fondamentali della religione: l’aspetto metafisico, l’aspetto etico, e l’aspetto ispiratore. Il saggio è attraversato dall’idea che nessun conflitto di fondo e nessuna alternativa radicale si pongono tra scienza e religione, nonostante il fatto che l’apprendimento professionale di una disciplina scientifica modifichi la forma mentis dello scienziato che influenzano necessariamente anche il modo di rapportarsi alla religione e alla fede in Dio. 

In questa età di specializzazione, gli uomini che conoscono a fondo un campo sono spesso incompetenti a discuterne un altro. Per questo motivo i grandi problemi delle relazioni tra l'uno e l'altro aspetto dell'attività umana sono stati discussi sempre meno in pubblico. Quando guardiamo ai grandi dibattiti del passato su questi temi, proviamo gelosia per quei tempi, perché avremmo certamente apprezzato il fervore di tale argomento. I vecchi problemi, come la relazione tra scienza e religione, sono ancora con noi, e credo costituiscano ancora difficili dilemmi, ma sono di rado discussi pubblicamente a causa dei limiti della specializzazione.

Eppure, sono stato a lungo interessato a questo problema, ed ora vorrei discuterlo. Avendo presente la mia evidente mancanza di conoscenza e comprensione della religione (una mancanza che diventerà sempre più evidente mentre andremo avanti), organizzerò la discussione in questo modo: supporrò che non un solo uomo ma un gruppo di uomini stanno discutendo il problema, che il gruppo è composto da specialisti in molti campi - le varie scienze, le varie religioni e così via - e che discuteremo il problema da vari punti di vista, come in una tavola rotonda. Ognuno deve offrire il suo punto di vista, che può essere plasmato e modificato dalla discussione successiva. Inoltre, immagino che qualcuno sia stato scelto a sorte per essere il primo a presentare le sue opinioni: io sono costui.

Vorrei iniziare presentando un problema alla tavola rotonda: un giovane, cresciuto in una famiglia religiosa, studia una scienza, e di conseguenza arriva a dubitare del - e forse più tardi a non credere al - Dio di suo padre. Ora, questo non è un esempio isolato: accade piuttosto spesso. Anche se non ho statistiche su questo, credo che molti scienziati - in realtà, credo che più della metà degli scienziati – effettivamente non credono nel Dio dei loro padri; vale a dire, non credono in un Dio nel senso convenzionale.

Ora, dal momento che la fede in un Dio è una caratteristica centrale della religione, il problema che ho proposto enfatizza la questione del rapporto tra scienza e religione. Perché questo giovane finisce per non credere?

La prima risposta che potrebbe esser proposta è molto semplice: vedi, gli scienziati sono i suoi insegnanti e (come ho appena sottolineato) sono tutti atei nel cuore, quindi il male si diffonde dall’uno all'altro. Ma colui che accettasse questa visione, penso sappia meno della scienza di quanto io sappia della religione.

Un'altra risposta potrebbe essere che una conoscenza limitata è pericolosa; questo ragazzo ha imparato qualcosa, e pensa di sapere tutto, ma presto si libererà di questa sofisticazione giovanile e si renderà conto che il mondo è più complicato, e ricomincerà a capire che deve esserci un Dio.

In realtà, non penso sia inevitabile che il nostro giovane esca da tale situazione. Ci sono molti scienziati - uomini che si definirebbero maturi - che ancora non credono in Dio. Infatti, come vorrei spiegare in seguito, la risposta non è che il giovane pensa di sapere tutto - è l'esatto opposto.

Una terza risposta che si potrebbe ottenere è che questo giovane non comprende correttamente la scienza. Non credo che la scienza possa confutare l'esistenza di Dio; penso che ciò sia impossibile. E se è impossibile, allora credere nella scienza e in un Dio - il Dio ordinario della religione – non diventa una possibilità coerente? 

Sì, è coerente. Nonostante abbia affermato che più della metà degli scienziati non crede in Dio, molti scienziati credono sia nella scienza che in Dio, in un modo perfettamente coerente. Ma questa coerenza, anche se possibile, non è facile da raggiungere. Vorrei provare a discutere due punti al riguardo: perché non è facile da raggiungere, e se vale la pena tentare di raggiungerla.

Dire "credo in Dio", ovviamente, è sempre enigmatico: cos'è Dio? Ciò che intendo è il tipo di Dio personale, caratteristico delle religioni occidentali, a cui si prega, e che ha qualcosa a che fare con la creazione dell'universo e con la propria guida morale.

Apprendendo una scienza, allo studente si presentano due fonti di difficoltà nel cercare di saldare insieme scienza e religione. La prima fonte di difficoltà è questa: che è imperativo nella scienza dubitare; è assolutamente necessario, per il progresso scientifico, fare dell'incertezza una parte fondamentale della propria natura interiore. Per progredire nella conoscenza dobbiamo rimanere modesti e premettere la nostra ignoranza. Nulla è certo o provato oltre ogni dubbio. Si indaga per curiosità, perché c’è qualcosa di ignoto, non perché si conosce già la risposta. E mentre ci si impadronisce di maggiori informazioni nelle scienze, non si sta scoprendo la verità, ma si sta scoprendo che questo o quello è più o meno probabile. 

Vale a dire: se investighiamo ulteriormente, scopriamo che le affermazioni della scienza non sono a proposito di ciò che è vero e ciò che non è vero, ma sono affermazioni su ciò che è noto a diversi gradi di certezza: "È molto più probabile che così e così è vero che non è vero; " o "tale e tale è quasi certo, ma c'è ancora un po' di dubbio"; oppure - all'altro estremo - "beh, davvero non lo sappiamo". Ognuno dei concetti di scienza è su una scala graduata tra falsità assoluta o verità assoluta, ma mai in una delle due estremità.

È necessario, credo, accettare questa idea, non solo per la scienza, ma anche in altri ambiti; è di grande valore riconoscere l'ignoranza. È un dato di fatto che quando prendiamo decisioni nella nostra vita non necessariamente sappiamo se le stiamo prendendo correttamente; pensiamo solo che stiamo facendo il meglio che possiamo - ed è quello che dovremmo fare.

    

Atteggiamento di incertezza

Penso che quando scopriamo di vivere effettivamente nell'incertezza, allora dovremmo ammetterlo; è di grande valore rendersi conto che non conosciamo le risposte a diverse domande. Questo atteggiamento mentale - questo atteggiamento di incertezza - è vitale per lo scienziato, ed è questo atteggiamento mentale che lo studente deve acquisire in primo luogo. Diventa quindi un'abitudine di pensiero. Una volta acquisita, non si può tornare indietro. 

Quello che succede, quindi, è che il giovane inizia a dubitare di ogni cosa perché non può prendere nulla per verità assoluta. Quindi la domanda cambia un po': da "Esiste un Dio?" a "Quanto è sicuro che ci sia un Dio?" Questo sottile cambiamento ha forti implicazioni, e sancisce la separazione tra i sentieri della scienza e della religione. Non credo che un vero scienziato possa mai più credere nello stesso modo. Sebbene ci siano scienziati che credono in Dio, non credo che pensino a Dio allo stesso modo delle persone religiose. Se sono coerenti con la loro scienza, penso che dicano qualcosa di simile a loro stessi: "Sono quasi certo che c'è un Dio. Il dubbio è molto piccolo". Questo è molto diverso dal dire: "So che esiste un Dio". Non credo che uno scienziato possa mai ottenere quella visione - quella comprensione veramente religiosa, quella vera conoscenza che esiste un Dio - quella certezza assoluta che hanno le persone religiose.

Naturalmente, questo processo di dubbio non inizia sempre aggredendo la questione dell'esistenza di Dio. Di solito vengono esaminati dapprima i precetti speciali, come la questione di una vita dopo la morte, o i dettagli della dottrina religiosa, come le vicende della vita di Cristo. È più interessante, tuttavia, addentrarsi direttamente nel problema centrale in modo franco e discutere la versione più estrema del dubbio circa l'esistenza di Dio.

Una volta che la domanda è si allontana dall’assolutezza, e arriva a scivolare sulla scala dell'incertezza, potrebbe precipitare su posizioni molto diverse. In molti casi arriva assai vicino all’esser certi. Ma dall’altra parte, per alcuni, il risultato netto di un accurato esame della teoria che suo padre aveva di Dio potrebbe essere la convinzione che quella era quasi certamente sbagliata. 

   

Credere in Dio – e i fatti della scienza

Questo ci porta alla seconda difficoltà che il nostro studente ha nel cercare di saldare scienza e religione: perché spesso finisce che credere in Dio - almeno, il Dio di tipo religioso - è considerato molto irragionevole, molto improbabile? Penso che la risposta abbia a che fare con le cose scientifiche - i fatti o i fatti parziali - che l'uomo impara.

Per esempio, la dimensione dell'universo è molto impressionante, con noi su una minuscola particella che gira intorno al sole, tra centomila milioni di soli in questa galassia, a sua volta una tra un miliardo di galassie.

Inoltre, vi è la stretta relazione dell'uomo biologico con gli animali, e di una forma di vita con un'altra. L'uomo è un ritardatario nel vasto dramma dell’evoluzione; può tutto il resto essere solo un'impalcatura per la sua creazione?

Ancora una volta, ci sono gli atomi di cui tutti sembrano essere costruiti, seguendo leggi immutabili. Niente può sfuggirgli; le stelle sono fatte delle stesse cose, e gli animali sono fatti delle stesse cose, ma il tutto è di una tale complessità da apparire misteriosamente vivo - come l'uomo stesso.

È una grande avventura contemplare l'universo oltre l'uomo, pensare a cosa significa senza l'uomo - come è stato per gran parte della sua lunga storia, e come è nella maggior parte dei luoghi. Una volta che questa visione oggettiva è finalmente raggiunta, e il mistero e la maestosità della materia sono apprezzati, rivolgere lo sguardo oggettivo all'uomo visto come materia, per vedere la vita come parte del mistero universale di maggiore profondità, significa vivere un'esperienza raramente descritta. Di solito finisce in una risata, divertimento nella futilità del cercare di capire. Queste visioni scientifiche finiscono in stupore e mistero, perse ai margini nell'incertezza; ma sembrano così profonde e così impressionanti che l’idea secondo cui tutto è organizzato semplicemente per essere il palcoscenico sul quale Dio osserva la lotta dell'uomo per il bene e il male sembra essere inadeguata.

Supponiamo quindi che questo sia il caso del nostro particolare studente, e che tale convinzione cresca così che egli crede che la preghiera individuale, per esempio, non sia ascoltata. (Non sto cercando di smentire la realtà di Dio, sto cercando di darvi un'idea di - qualche simpatia per - le ragioni per cui molti arrivano a pensare che la preghiera non abbia senso.) Naturalmente, come risultato di questo dubbio, l’attitudine al dubbio si rivolge a problemi etici perché, nella religione che ha appreso, i problemi morali erano connessi alla parola di Dio, e se Dio non esiste, qual è la sua parola? Ma, piuttosto sorprendentemente, penso che i problemi morali alla fine ne escono relativamente incolumi; all'inizio forse lo studente potrebbe decidere che alcune piccole cose erano sbagliate, ma spesso, più tardi, ritorna sulle sue opinioni e non giunge ad una visione morale fondamentalmente diversa.

Sembra esserci una sorta di indipendenza in queste idee. Alla fine è possibile dubitare della divinità di Cristo, e credere comunque fermamente che è cosa buona fare al tuo prossimo ciò che vorresti fosse fatto a te. È possibile avere entrambe queste visioni contemporaneamente; e direi che spero scoprirete che i miei colleghi scienziati atei spesso si comportano bene nella società.

    

Comunismo e visione scientifica

Vorrei sottolineare, incidentalmente, poiché la parola "ateismo" è così strettamente connessa con il "comunismo", che le opinioni comuniste sono l'antitesi della scienza, nel senso che nel comunismo risposte sono date ad ogni domanda - domande politiche o anche morali - senza discussione e senza dubbio. Il punto di vista scientifico è l'esatto contrario di questo. Tutte le domande devono essere messe in dubbio e discusse; dobbiamo discutere tutto - osservare le cose, controllarle, e quindi cambiare le risposte. Il governo democratico è molto più vicino a questa idea, perché c'è discussione e possibilità di modifica. La nave non viene lanciata lungi una rotta definita. È vero che se ci si trova in una tirannia di idee, cosicché si sa esattamente ciò che deve essere vero, si agisce in modo molto deciso; e ciò sembra buono - per un po'. Ma presto la nave inizia a dirigersi nella direzione sbagliata, e nessuno può più modificarne la rotta. Quindi le incertezze della vita in democrazia sono, credo, molto più coerenti con la scienza.

Sebbene la scienza abbia un certo impatto su molte idee religiose, non influisce sul contenuto morale. La religione ha molte dimensioni; risponde ad ogni sorta di domanda. In primo luogo, per esempio, risponde a domande su cosa le cose siano, da dove vengono, che cos'è l'uomo, che cos'è Dio - le proprietà di Dio e così via. Consentitemi di chiamare questo l'aspetto metafisico della religione. La religione ci dice anche un'altra cosa: come comportarsi. Tralasciamo ora la questione di come comportarsi in certe cerimonie e quali riti eseguire. Voglio dire che la religione ci dice come comportarci nella vita in generale, in modo morale. Dà risposte a domande morali; dà un codice morale ed etico. Consentitemi di chiamare questo l'aspetto etico della religione.

Ora, sappiamo che, anche con i valori morali assicurati, gli esseri umani sono molto deboli; i valori morali devono essere sempre ricordati affinché gli uomini possano essere in grado di seguire le proprie coscienze. Non si tratta semplicemente di avere una coscienza retta; è anche questione di avere la forza di fare ciò che si sa essere giusto. Ed è necessario che la religione dia forza, conforto e l'ispirazione a seguire queste opinioni morali. Questo è l'aspetto ispiratore della religione. Dà ispirazione non solo per la condotta morale - dà ispirazione per le arti e per ogni tipo di grande pensiero o azione. 

   

Interconnessioni

Questi tre aspetti della religione sono interconnessi, e si ritiene generalmente, a causa di questa stretta integrazione di idee, che attaccare una caratteristica del sistema sia attaccare l'intera struttura. I tre aspetti sono collegati più o meno come segue. L'aspetto morale, il codice morale, è la parola di Dio - che ci coinvolge in una domanda metafisica. Dunque giunge l'ispirazione, perché si sta operando nella volontà di Dio; si è per Dio; in parte si percepisce che si è con Dio. E questa è una grande ispirazione, perché mette le proprie azioni a contatto con l'universo in generale.

Quindi, queste tre cose sono molto ben collegate. La difficoltà è questa: che la scienza occasionalmente confligge con la prima delle tre categorie - l'aspetto metafisico della religione. Per esempio, in passato c'era una discussione sul fatto che la terra fosse il centro dell'universo - se la terra si muovesse intorno al sole o rimanesse ferma. Il risultato di tutto ciò fu un terribile conflitto, che alla fine è stato risolto – con la religione in ritirata, in questo caso particolare. Più di recente c'è stato un conflitto sulla questione se l'uomo abbia origini animali.

Il risultato in molte di queste situazioni è una ritirata della visione metafisica religiosa, ma ciononostante, non c'è alcun crollo della religione. Inoltre, sembra non esserci alcun cambiamento apprezzabile o fondamentale nella visione morale.

Dopotutto, la terra si muove intorno al sole - non è meglio porgere l'altra guancia? Fa alcuna differenza se la terra è ferma o si muove intorno al sole? Possiamo aspettarci di nuovo un conflitto. La scienza si sta sviluppando e si scopriranno cose nuove che saranno in disaccordo con la teoria metafisica attuale di certe religioni. Infatti, nonostante le passate ritirate della religione, c'è ancora un conflitto autentico per gli individui singoli quando apprendono la scienza e hanno sentito parlare della religione. La questione non ha visto un’autentica integrazione: qui sussistono conflitti veri. Eppure, la morale non ne risente.

In realtà, il conflitto a proposito dell’aspetto metafisico della religione è doppiamente difficoltoso. In primo luogo, i fatti possono essere in conflitto, ma anche se non lo fossero, l'atteggiamento potrebbe comunque essere diverso. Lo spirito di incertezza nella scienza è un atteggiamento verso le domande metafisiche che è molto diverso dalla certezza e dalla fede che è richiesta nella religione. C'è sicuramente un conflitto –  credo sia di fatto che nello spirito – a proposito degli aspetti metafisici della religione.

A mio parere, non è possibile per la religione trovare un insieme di idee metafisiche che garantiscano di non entrare in conflitto con una scienza in costante progresso e in continua evoluzione, che si sta addentrando nell’ignoto. Non sappiamo come rispondere alle domande; è impossibile trovare una risposta che un giorno non si rivelerà sbagliata. La difficoltà sorge perché la scienza e la religione stanno entrambi cercando qui di rispondere a domande che appartengono allo stesso regno.

    

La scienza e le questioni morali

Al contrario, non credo che un vero conflitto con la scienza sorgerà a proposito dell'aspetto etico, perché credo che le questioni morali siano al di fuori del dominio scientifico. 

Permettetemi di offrire tre o quattro argomenti per mostrare perché sono di questa idea. In primo luogo, ci sono stati in passato conflitti tra visione scientifica e visione religiosa circa l'aspetto metafisico e, nondimeno, le opinioni morali più antiche non sono crollate, non sono cambiate.

Secondo, ci sono uomini buoni che praticano l'etica cristiana e che non credono nella divinità di Cristo. Questi non non si sentono affatto incoerenti.

In terzo luogo, sebbene io ritenga che di volta in volta vengano trovate prove scientifiche che possono essere parzialmente interpretate come delle prove di alcuni particolari aspetti, ad esempio, della vita di Cristo, o di altre idee metafisiche religiose, mi sembra che non ci sia alcuna evidenza scientifica a proposito della regola d'oro. Mi pare risieda qui una qualche differenza tra i due casi.

Ora, vediamo se riesco a dare una piccola spiegazione filosofica sul motivo di tale diversità – e del perché la scienza non può influenzare le idee della morale.

Il tipico problema umano, a cui la religione si propone di fornire risposta, assume sempre la forma seguente. Dovrei farlo? Dovremmo farlo? Il governo dovrebbe fare questo? Per rispondere a simili interrogativi dovremmo affrontarli in due fasi. Primo: se lo faccio, cosa accadrà? - e secondo - Voglio che ciò accada? Cosa ne deriverebbe di buono? 

Ora una domanda dalla forma “se lo faccio, cosa accadrà?” è strettamente scientifica. Di fatto, la scienza può essere definita come un metodo per, e un corpus di informazioni ottenute tramite il, rispondere solo a domande che possono essere poste nella forma: se lo faccio, cosa accadrà? La strategia fondamentale è: prova a farlo e osserva cosa accade. È possibile mettere insieme una grande quantità di informazioni a seguito di tali esperienze. Tutti gli scienziati concorderanno sul fatto che una domanda - qualsiasi domanda, filosofica o altro - che non può essere messa nella forma che può essere controllata dall'esperimento (o, in termini semplici, che non può essere messa nella forma: se lo faccio, che cosa accadrà?) non è una domanda scientifica; è al di fuori del dominio della scienza.

Sostengo, poi, che se l’accadere di qualcosa sia voluto o meno - quale valore c'è nel risultato, e come questo può essere giudicato (che è l'altro lato della questione: dovrei farlo o no?) – è questione che deve rimanere al di fuori della scienza, perché non è una domanda alla quale è possibile rispondere solo sapendo cosa accade. Rispondere a simili interrogativi richiede di giudicare ciò che accade - in modo morale. Proprio per questa ragione teorica, penso che ci sia completa coerenza tra la visione morale - o l'aspetto etico della religione - e l'informazione scientifica. 

Il terzo aspetto della religione - l'aspetto ispiratore - mi porta alla domanda centrale che vorrei presentare a questa immaginaria tavola rotonda. Oggi, la fonte di ispirazione in ogni religione è - per forza e per comodità - strettamente legata all'aspetto metafisico: l'ispirazione viene dal lavorare per Dio, per obbedire alla sua volontà, sentendosi tutt'uno con Dio. I vincoli emotivi al codice morale che vengono così fondati iniziano ad essere gravemente indeboliti quando il dubbio, anche una piccola quantità di dubbio, si insinua a proposito dell'esistenza di Dio: quando la fede in Dio diventa incerta, questo particolare metodo per ottenere ispirazione fallisce.

Non conosco la risposta a questo problema centrale – intendo dire, il problema di mantenere il valore reale della religione come fonte di forza e di coraggio per la maggior parte degli uomini che però, allo stesso tempo, non richiede una fede assoluta negli aspetti metafisici.

     

L’eredità della civiltà occidentale

La civiltà occidentale, mi sembra, si regge su due grandi patrimoni. Uno è lo spirito scientifico dell'avventura - l'avventura nell'ignoto, un ignoto che deve essere riconosciuto come tale per essere esplorato; l’esigenza che i misteri senza risposta dell'universo rimangano senza risposta; l'atteggiamento che tutto è incerto. In sintesi: l'umiltà dell'intelletto. L'altra grande eredità è l'etica cristiana - dell'azione fondata sull'amore, la fratellanza di tutti gli uomini, il valore dell'individuo: l'umiltà dello spirito.

Questi due patrimoni sono, logicamente, completamente coerenti. Ma la logica non è tutto; è necessario il cuore per perseguire un'idea. Se le persone stanno tornando alla religione, a cosa torneranno? La chiesa moderna è un luogo in cui dare conforto a un uomo che dubita di Dio, o di più, a chi non crede in Dio? La chiesa moderna è un luogo in cui dare conforto e incoraggiamento al valore di tali dubbi? Finora, non abbiamo forse tratto forza e conforto a favore dell’uno di questi patrimoni coerenti soltanto attaccando i valori dell'altro? È inevitabile? Come possiamo trarre ispirazione per sostenere questi due pilastri della civiltà occidentale in modo che possano stare insieme in pieno vigore, senza timore reciproco? Non è questo il problema centrale del nostro tempo?

Questo è quanto ho posto all’attenzione della discussione della nostra assemblea.

   

Fonte dell’originale inglese: R.P. Feynman, The Pleasure of Finding Things Out. The Best Short Works of Richard P. Feynman (J. Robbins, ed.), Perseus Books, Cambridge, MA, 1999, pp. 245-257.