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100 anni fa nasceva Ilya Prigogine (1917 - 2003)

Giugno 2017
Matteo Acciari
Facoltà di Filosofia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Il ricordo di una nascita è sempre un’apertura verso il futuro. Un futuro da creare partendo proprio dalle rivoluzioni scientifiche di autori come Ilya Prigogine (Mosca, 25 gennaio 1917 - Bruxelles, 28 maggio 2003).

Premio Nobel per la chimica nel 1977, grazie alla sua teoria sulle strutture dissipative, ha svolto un ruolo decisivo nella nascita della scienza contemporanea della complessità.

Fin dai suoi primi studi è stato mosso dall’idea di un universo in accordo con la nostra esperienza più intima, grazie soprattutto alle letture di H.Bergson. Per fare ciò, era necessario discostarsi dal punto di vista della fisica classica e dalla nascente relatività di Einstein. Le teorie scientifiche di inizio Novecento si basavano ancora sui presupposti della meccanica classica, la quale descriveva una natura passiva, costituita da traiettorie deterministiche e reversibili, caratterizzata da una costante semplificazione dei fenomeni naturali. Prigogine si servì soprattutto di una specifica interpretazione del secondo principio della termodinamica per confutare il concetto di reversibilità: questo principio dimostrava che in un sistema chiuso l’entropia tende a crescere fino ad un massimo, ovvero il suo stato di equilibrio. Ciò implicava essenzialmente una freccia del tempo, un’irreversibilità del fenomeno che genera delle modifiche dalle quali non si può tornare indietro, come la perdita di calore o lavoro.

La meccanica classica fu quindi superata, e l’irreversibilità del tempo iniziò ad essere considerata una caratteristica intrinseca alla natura, così come ci appare nella nostra esperienza più intima. Ma Prigogine si servì di tale principio, oltre che di studi matematici come quelli di Boltzmann e Poincaré, per indagare una parte della fisica fino ad allora inesplorata: la termodinamica del non-equilibrio, dalla quale teorizzò le strutture dissipative.

Gli studi classici e di inizio Novecento si erano concentrati sulla termodinamica lineare. Essa aveva la caratteristica della prevedibilità, in quanto grazie ai due principi della termodinamica i sistemi tendono, come abbiamo già visto, ad un aumento di entropia fino allo stadio stazionario di equilibrio termico. La rivoluzione di Prigogine fu quella di far notare come gran parte dei fenomeni naturali, e non meno quello della vita stessa, appartengano ad un tipo diverso di termodinamica, ovvero non lineare o del non-equilibrio. Ciò che accade in questa regione fisica è molto più complesso: la materia inizia a comportarsi in maniera creativa ed imprevedibile, e tutto ciò che era da sempre stato considerato come ininfluente, o approssimato per semplificazioni (fluttuazioni di contorno, sprechi di energia ecc..) acquisisce un ruolo determinante per la nascita di nuovi stati della materia. All’equilibrio, ci dice Prigogine, la materia è cieca; nella regione del non-equilibrio nascono invece strutture di organizzazione complessa, lontane dalle leggi della fisica e dalla prevedibilità. Esse sono state denominate “strutture dissipative”, e cambiano totalmente l’oggetto della scienza: non più fenomeni da prevedere studiando il comportamento dei propri costituenti, bensì l’analisi delle loro correlazioni che rendono l’intera struttura come un tutto organizzato.

Ciò che accade nelle strutture dissipative è proprio l’amplificazione delle perturbazioni aleatorie e delle correlazioni tra le parti a causa di alcuni vincoli imposti dal sistema; di qui la nascita di nuove strutture, nuove organizzazioni della materia che rispondono non più a leggi ben precise, ma piuttosto al concetto di probabilità. Il sistema dimentica le condizioni iniziali, diventa sensibile alle minime perturbazioni esterne, e la sua stabilità non è affatto assicurata, in un incessante susseguirsi di trasformazioni. Ciò che è assicurata è l’irreversibilità, ovvero la freccia del tempo assoluta, e l’indeterminatezza.

Ma come si arriva a questi stati lontani dall’equilibrio? E’ proprio nel momento in cui un sistema, mantenuto nel suo stato stazionario da alcuni parametri di controllo e da soglie ben definite, fuoriesce dalla stabilità ed inizia a comportarsi come un tutto. Il passaggio tra questi stati è dovuto ai cosiddetti “punti di biforcazione”: qui il sistema è chiamato a “scegliere” tra varie possibilità future, che dipendono dalla “storia” del sistema, dai suoi valori e dalle sue variabili, ma che restano prevedibili solamente in termini di probabilità.

Anche l’origine della vita, secondo Prigogine, è dovuta ad una condizione di non-equilibrio in cui la materia è stata chiamata a “scegliere” una diversa organizzazione a causa di condizioni al limite, come lo erano quelle di materia ad altissima temperatura a contatto con l’acqua. Ma è l’intero Universo che, secondo lo studioso russo, rappresenta un grande sistema lontano dall’equilibrio. L’uomo diventa così protagonista, e non più spettatore, di un Universo che parla la sua stessa lingua: la complessità.

Ciò che accade dentro noi è quindi ciò che accade alla materia e all’intero Universo. La freccia del tempo che si mostra a noi è la stessa che caratterizza la storia del cosmo, così come la complessità e l’indeterminatezza propria del vivente. Prigogine propone anche una visione cosmologica ben precisa, teorizzando un Universo eterno in continua trasformazione. Le strutture dissipative trovano il loro analogo cosmologico, partendo da una perenne instabilità e quindi lontananza dall’equilibrio. Il “big bang” viene così messo da parte, mancante della spiegazione ultima sull’origine, sostituito da una sua teoria che prende in prestito il concetto di creazione di materia attraverso il free-lunch (pasto gratis): alla forza positiva della materia, si affiancherebbe quella negativa della gravitazione, bilanciandosi entrambe senza dispendio di energia in accordo con i due principi della termodinamica. L’apparizione di materia deriverebbe quindi dal vuoto quantistico di Minkowski, che contiene in sè tutte le esistenze possibili. Anche Bergson, nella sua analisi fenomenologica, suggeriva che “il possibile è più ricco del reale”. Prigogine tentò quindi di unificare le maggiori teorie scientifiche del suo tempo, proponendo una meccanica quantistica di stampo realista.

Eternità e Divenire comunicano finalmente dopo millenni di opposizione.