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Il Primate pensante: la lettura dell’evoluzione umana di Ian Tattersall

Febbraio 2017
Angelo Vianello
Università di Udine

“Il primate pensante” (The Thinking Primate) è il titolo di un’affascinante conferenza che il grande paleoantropologo Ian Tattersall ha tenuto presso l’Università di Udine, lo scorso 4 novembre 2016. Curatore emerito dell’American Museum of Natural History di New York, Tattersall è uno dei più prestigiosi studiosi dell’evoluzione degli ominidi. Ha partecipato a numerose spedizioni scientifiche in Madagascar, Yemen e Vietnam, dedicandosi all’analisi dei fossili presenti in quelle regioni; si è, inoltre, dedicato allo studio della tassonomia e dell’ecologia dei lemuri del Madagascar. Ha pure proposto nuove e originali chiavi di (ri)lettura della storia di Homo sapiens, e dell’emergenza del linguaggio e del pensiero simbolico, due caratteri peculiari della nostra specie.

Nella prima parte del suo intervento Tattersall ha ripercorso le principali tappe della nostra storia evolutiva a partire da scimmie antropomorfe risalenti a circa 6-7 milioni di anni fa. Una storia, la nostra, ancora più antica se pensiamo che nei nostri cromosomi sono presenti geni condivisi con batteri, rettili, anfibi ecc. In altri termini, siamo connessi a tutti gli altri organismi viventi nel grande “albero della vita”, già intuito da Charles R. Darwin nella sua fondamentale opera L’origine delle specie per selezione naturale del 1859. Solo una piccolissima parte di questo grande albero, peraltro differenziatasi di recente, include gli ominidi, tra cui più specie appartenenti al genere Homo. Solo per fare un esempio, 40 mila anni fa convivevano H. sapiens, H. erectus, H. neanderthalensis e H. floresiensis: non eravamo gli unici.

Sia il darwinismo sia il succesivo neodarwinismo prevedono che l’evoluzione delle specie – esseri umani compresi – sia continua e progressiva, generando specie sempre più adatte alle prevalenti condizioni ambientali. Tuttavia, attorno al 1972 Stephen J. Gould e Niles Eldredge, sulla base dell’analisi dei resti fossili di organismi succedutisi in periodi di tempo molto lunghi, si resero conto che questo modello era inadeguato. L’evoluzione poteva essere meglio descritta come un fenomeno caratterizzato da lunghi periodi di stasi (in cui succede poco), punteggiati (interrotti) da momenti di rapido cambiamento (con la comparsa di nuove specie), in cui la contingenza (fenomeni imprevedibili) svolge un ruolo cruciale. Ebbene, Ian Tattersall, sulla scorta di queste nuove acquisizioni, capì che anche l’evoluzione degli ominidi può essere descritta con questo modello. Una versione divulgativa di tale straordinaria intuizione la possiamo trovare nel suo libro La scimmia allo specchio.

Nella seconda parte del suo intervento, questo grande studioso ha affrontato alcuni affascinanti aspetti che rendono H. sapiens così unico. Con lucidità ha definito il divario che ci separa dagli animali più vicini a noi (le scimmie antropomorfe), illustrando peraltro le tappe evolutive verso l’emergere di questa peculiarità. La nostra specie è la sola ad aver acquisito capacità cognitive così spiccate; in particolare, la nostra familiarità con i concetti astratti (simbolici) e il linguaggio. Un aspetto inatteso e molto significativo di questa vicenda evolutiva, emerso chiaramente dalla relazione di Tattersall, è che le innovazioni morfologico-anatomiche necessarie per esprimere un linguaggio sono apparse molto prima che questo si manifestasse. Ad esempio, alcuni resti fossili di ominidi ritrovati a Herto in Etiopia e risalenti a 200-160 mila anni fa, esibiscono dei tratti morfologici piuttosto simili a quelli di uomini moderni. Eppure, le capacità linguistiche emersero solo circa 100 mila anni fa, cioé dopo un significativo lasso di tempo. La più bella evidenza presentata da Tattersall riguarda alcuni oggetti con un chiaro valore simbolico (perline, collane), databili a circa 77 mila anni orsono, ritovati, assieme a diversi utensili, nella grotta di Blombos in Sudafrica. Questa “esplosione” di tratti simbolici, che implicano un pensiero cognitivo, secondo Ian Tattersall, si sarebbe verificata in concomitanza con l’emergere del linguaggio verbale, in una forma di stretta co-evoluzione. Infatti, citando il linguista Wolfram Hinzen, egli afferma che pensiero e linguaggio non sono due domini separati, anzi sono inseparabili. La rapidità con cui apparvero queste capacità ha indotto Tattersall a proporre un meccanismo – l’esattamento (exaptation) – che indubbiamente può giustificare tale brusca apparizione.

Questa strategia evolutiva – peraltro già intuita da Darwin – fu proposta nel 1982 da Stephen J. Gould ed Elisabeth S. Vrba, per andare oltre il rigido automatismo dei processi adattativi. In breve, un carattere che inizialmente si è evoluto per il vantaggio che offriva per svolgere una funzione (o che non ne aveva nessuna) è poi stato ‘reinterpretato’ per svolgerne un’altra. Un semplice esempio può chiarire questo concetto: le piume degli uccelli si sono inizialmente evolute come apparati di termoregolazione, ma poi (come penne) sono diventate una parte fondamentale del meccanismo che ha permesso a questi animali di spiccare il volo guadagnando opportunità fino ad allora inesplorate.

Pensiero simbolico e linguaggio sarebbero così il risultato di un rapido processo evolutivo che si discosta dalla classica spiegazione adattativa darwiniana, senza per questo metterne in discussione la validità, ma includendola nella nuova visione nota come Sintesi estesa. Queste due caratteristiche della mente non si sarebbero così evolute attraverso l’accumulo di tante piccole mutazioni che avrebbero poi portato, per gradi, all’affermazione di queste capacità. Il cambiamento iniziale sarebbe invece dipeso da un evento brusco e del tutto imprevedibile, non necessariamente adattativo. In alti termini, un meccanismo che non è stato vagliato da una lenta e progressiva selezione da risultare, pertanto, ancora “imperfetto”. Secondo Tattersall, questa “imprecisione” potrebbe sorprendentemente spiegarci perché i nostri processi decisionali siano spesso così confusi e, conseguentemente, i nostri comportamenti siano molte volte irrazionali e autodistrutivi, votati a prospettive quasi sempre a breve termine. Forse, questa originale spiegazione potrebbe aiutarci a capire anche il più grande e impenetrabile mistero della vita: la nostra psiche.

Ian Tattersall è uno scienziato di estrema onestà intellettuale, capace di esprimere sempre a livelli elevati una grande umanità che peraltro traspare inequivocabilmente dai suoi bellissimi lavori scientifici: gli dobbiamo essere grati.

   

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