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La Sindone, un testimone luminoso

Aprile 2015
Emanuela Marinelli
Collegamento pro Sindone - www.sindone.info

La Sindone, che sarà di nuovo esposta dal 19 aprile al 24 giugno, è un lino di colore giallino che misura cm 442 per cm 113 e reca impressa l’immagine frontale e dorsale di un uomo che è stato flagellato, coronato di spine, crocifisso e trafitto da una lancia al costato dopo la morte, proprio come descritto nei Vangeli.

Da quando la reliquia è stata fotografata per la prima volta da Secondo Pia, nel 1898, molti scienziati hanno cominciato a interessarsi di questo particolare lenzuolo, che la Chiesa cattolica venera come telo funerario di Gesù. Il negativo fotografico del Pia aveva rivelato il positivo dell’immagine umana impressa sulla stoffa e questo permise ai medici legali di condurre una sorta di autopsia virtuale del cadavere non più presente nel Telo.

Nel 1978 una cinquantina di scienziati e ricercatori di diverse nazioni, prevalentemente statunitensi appartenenti allo STURP (Shroud of Turin Research Project, Progetto di Ricerca sulla Sindone di Torino), hanno condotto una investigazione scientifica multidisciplinare sulla reliquia, cosa che non era mai accaduta in passato. Essi fecero prelievi, misure e analisi sulla Sindone per 120 ore consecutive. I risultati di tale ricerca fornirono ampie conferme dell’autenticità della Sindone e costituiscono ancora oggi una solida base scientifica.

Il test del 14

Il 21 aprile 1988 dalla Sindone fu prelevato un campione di tessuto per sottoporlo alla datazione con il metodo del radiocarbonio. In base a questa analisi, la Sindone risalirebbe al medioevo, a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390 d. C. 

Numerose obiezioni sono state mosse da vari scienziati, che ritengono insoddisfacenti le modalità dell'operazione di prelievo e l'attendibilità del metodo per tessuti che hanno subito vicissitudini come quelle della Sindone.

Interessanti analisi sono state condotte dal chimico Raymond N. Rogers del Los Alamos National Laboratory (USA), il quale ha riscontrato incrostazioni di coloranti e fibrille di cotone nel lino proveniente dalla zona del prelievo per l’analisi radiocarbonica. Il chimico statunitense conclude che il campione usato per la radiodatazione non era rappresentativo del tessuto sindonico originale per l’esistenza di un rammendo.

Per verificare l'antichità di un tessuto esistono però anche altri metodi. L’Ing. Giulio Fanti, professore associato di Misure Meccaniche e Termiche presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, ha sottoposto alcune fibre della reliquia a due datazioni chimiche, basate sulla spettroscopia vibrazionale, e a una datazione meccanica multiparametrica. Tutte e tre le datazioni risultano compatibili con la data del I secolo d.C.

L’indagine medico-legale

Dallo studio della Sindone alcuni medici deducono che fino a poco prima della morte fluiva sangue dalle ferite e che il corpo è stato avvolto nel lenzuolo non più tardi di due ore e mezzo dopo la morte. Il sangue presente sulla Sindone è colato verso il basso lungo le braccia, il corpo e le gambe di un uomo appeso a una croce; si è coagulato sulla sua pelle ed è anche fuoruscito con le caratteristiche di sangue post-mortale dalla ferita del costato.

Il breve tempo di permanenza del cadavere nel lenzuolo è testimoniato dall’assenza di segni di putrefazione. Vicino alle labbra mancano tracce di gas ammoniacali, che sarebbero certamente presenti nel caso di inizio di putrefazione. Generalmente questa comincia circa 40 ore dopo la morte. Il processo di putrefazione viene accelerato quando ci si trova in presenza di grandi ferite e di focolai contusivi, come nel caso dell'Uomo della Sindone.

Per avere un decalco del sangue sulla stoffa come quello osservato sulla Sindone, il corpo deve essere stato a contatto con il lenzuolo per circa 36-40 ore. In questo tempo un ruolo importante deve essere stato svolto dalla fibrinolisi, che provoca il ridiscioglimento dei coaguli. Resta inspiegabile come il contatto tra corpo e lenzuolo si sia interrotto senza alterare i decalchi che si erano formati.

Le caratteristiche dell’immagine

L’immagine dell’Uomo della Sindone non è dovuta a sostanze applicate sul tessuto, ma all’ingiallimento delle fibrille superficiali della stoffa stessa, il cui numero per unità di area determina la maggiore o minore intensità della figura. La colorazione giallina è il risultato di una disidratazione e ossidazione che penetra solo per 0,2 millesimi di millimetro. Queste osservazioni sperimentali escludono la possibilità che l’immagine possa essere stata prodotta con pigmenti, con metodi chimici o con il riscaldando del tessuto, perché in questi casi la colorazione si sarebbe diffusa in profondità nella stoffa.

È stato trovato solo un cristallino di cinabro, che è da considerarsi un reperto accidentale. L'esame di tutta la Sindone con la fluorescenza ai raggi X non ha rilevato alcun pigmento di pittura, quindi nemmeno cinabro; questa sostanza non può essere responsabile della colorazione delle macchie rosse, peraltro certamente composte da sangue, semplicemente perché non è presente.

Bisogna considerare che molti artisti hanno copiato dal vero la Sindone e quindi la presenza occasionale di pigmenti non è inaspettata; anche perché quasi sempre le copie venivano messe a contatto con l'originale per renderle più venerabili.

La figura umana visibile sulla Sindone è una proiezione verticale del cadavere su un piano orizzontale: c'è una corrispondenza in verticale fra il corpo e i punti corrispondenti dell'immagine. Esiste una correlazione fra l'intensità della figura e la distanza tela-corpo, che permette l'elaborazione tridimensionale dell’immagine.

Il telo ha avvolto un vero cadavere: le macchie di sangue sono dovute al contatto diretto con le ferite di un corpo umano. Sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il fenomeno che ha impresso la figura umana sulla Sindone è avvenuto dopo che il sangue si era decalcato sul tessuto stesso e ne aveva attraversato lo spessore. 

La teoria della radiazione

Nel corso degli ultimi decenni si sono tentate molte strade per spiegare come si sia formata l’immagine sindonica. In modo particolare, le caratteristiche chimiche, la superficialità e la sua assenza sotto le macchie di sangue hanno privilegiato l’ipotesi che una esplosione di luce potesse essere alla sua origine.

Già nel 1930 si era affacciata l'ipotesi, proposta da Noguier de Malijay, che l'impronta presente sulla Sindone potesse essere stata provocata da un fenomeno fotofolgorante legato alla risurrezione di Gesù. Nel 1966 Geoffrey Ashe ripropose tale ipotesi, che fu accettata successivamente da molti altri, fra i quali Giovanni Judica Cordiglia e Sebastiano Rodante.

Il fisico John Jackson ha considerato alcune acquisizioni ormai fuori di dubbio: la grande definizione dei particolari della figura umana, che se fosse dovuta a diffusione o irraggiamento risulterebbe molto più sfocata; l'immagine è dovuta all’ingiallimento delle singole fibrille superficiali, il cui numero per unità di area determina la maggiore o minore intensità della figura; l'elaborazione tridimensionale è possibile grazie a una correlazione esistente fra l'intensità della figura e la distanza tela-corpo; la natura chimica dell'immagine è dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali senza sostanze di apporto; l'immagine è una proiezione verticale della figura su un piano orizzontale: c'è una corrispondenza in verticale fra il corpo e i punti corrispondenti dell'immagine; il telo ha avvolto un vero cadavere: le macchie di sangue sono dovute al contatto diretto con le ferite di un corpo umano; mancano tracce di immagine corporea laterale, mentre ci sono macchie di sangue laterali; sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, successivamente, si formava l'immagine.

In base a tali considerazioni, Jackson ha ipotizzato che il telo, mentre si formava l'immagine corporea, abbia assunto una posizione diversa da quella che aveva mentre si formavano le macchie di sangue. Il lenzuolo si sarebbe macchiato di sangue mentre era adagiato sul corpo umano disteso; l'immagine, invece, si sarebbe formata a causa di un apporto energetico per contatto, mentre il telo pian piano si afflosciava attraversando il corpo, divenuto meccanicamente trasparente.

Un irradiamento di protoni

Molto interessanti sono anche gli esperimenti del biofisico Jean-Baptiste Rinaudo, ricercatore di medicina nucleare a Montpellier. Secondo questo scienziato, l'ossidazione acida delle fibrille superficiali della Sindone nelle zone dell'immagine, l'informazione tridimensionale contenuta nella figura e la proiezione verticale dei punti che compongono l'impronta si possono spiegare con un irradiamento di protoni che sarebbero stati emessi dal corpo, sotto l'effetto di un apporto di energia sconosciuta.

Rinaudo ritiene che gli atomi coinvolti nel fenomeno siano quelli del deuterio, presente nella materia organica: è l'elemento che ha bisogno della minore energia per estrarre un protone dal suo nucleo, che è formato da un protone e da un neutrone. È un nucleo stabile, quindi c'è stato bisogno di un apporto di energia per romperlo. I protoni avrebbero formato l'immagine, mentre i neutroni avrebbero irradiato il tessuto, con il conseguente arricchimento in 14C che avrebbe falsato la datazione. Interessante il fatto che il successivo invecchiamento artificiale dei campioni rinforza le colorazioni delle ossidazioni ottenute.

Un altro studio significativo è stato condotto da un medico, August Accetta, il quale ha condotto un esperimento su se stesso iniettandosi una soluzione di difosfato di metilene contenente tecnezio-99m, un isotopo radioattivo che decade rapidamente. Ogni atomo di tecnezio emette un unico raggio gamma, che può essere registrato da una apposita apparecchiatura di rilevamento. L’obiettivo era quello di realizzare un’immagine provocata da una radiazione emessa da un corpo umano. Secondo Accetta, infatti, l’immagine sulla Sindone potrebbe essere stata causata dall’energia sprigionatasi all’interno del corpo di Cristo al momento della risurrezione.

Gli esperimenti con il laser

Presso l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) di Frascati (Roma), un gruppo di fisici ha realizzato esperimenti molto importanti. Alcune stoffe di lino sono state irradiate con un laser a eccimeri, che emette una radiazione ultravioletta ad alta intensità. I risultati, confrontati con l’immagine sindonica, mostrano interessanti analogie: la colorazione è simile ed è limitata alla parte superficiale del tessuto. Viene così confermata la possibilità che l’immagine sindonica sia stata provocata da una radiazione ultravioletta direzionale. La colorazione del lino diventa più intensa con il trascorrere del tempo.

«Sono necessari – sottolinea il fisico Giuseppe Baldacchini - impulsi di luce ultravioletta molto dura, di durata inferiore a cento miliardesimi di secondo e con potenze di almeno qualche centinaio di megawatt, ma non troppo di più. Quindi siamo in presenza di processi a soglia e a finestra di tipo foto-chimico e non fototermico, che invece inducono bruciature». «Con una serie di ragionamenti logici e di fatti sperimentali e storici – prosegue Baldacchini – è possibile dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la Sindone è stata realmente il lenzuolo funebre utilizzato per coprire il cadavere di Gesù Cristo circa 2000 anni fa, dopo essere stato flagellato e crocifisso in Gerusalemme, come è stato descritto nei Vangeli. Rimane però da scoprire – conclude il fisico – come sia stata creata l’immagine corporea sul lenzuolo funebre e come abbia fatto il corpo di Gesù a uscire dalla tomba e in particolare dalla Sindone, che al mattino dopo la risurrezione era semplicemente distesa (afflosciata) sulla pietra del sepolcro. Le nostre misure ci dicono che una esplosione di energia radiante è compatibile con la formazione dell’immagine corporea».

Davvero questo esperimento arriva fin sulla soglia del mistero di quell’impronta, che richiama il mistero centrale della fede cristiana. Così lo esprimeva Benedetto XVI in occasione della sua visita a Torino il 2 maggio 2010, durante una meditazione tenuta di fronte alla Sindone: «Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione. Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa».