Tu sei qui

Le neuroscienze e la persona umana

Luglio 2013
Luigi Cuccurullo
Professore emerito di Anatomia Patologica - Seconda Università di Napoli

In questi ultimi decenni le conoscenze nel campo delle neuroscienze si sono notevolmente sviluppate per l’apporto diretto o indiretto di nuove tecniche di analisi e di visualizzazione dell’encefalo. Queste conoscenze sono state acquisite sia mediante osservazioni su cervelli umani  sia mediante ricerche sperimentali eseguite su invertebrati, vertebrati e in particolar modo sulla scimmia rhesus per lo studio delle funzioni più complesse. Una linea di studio fondamentale è rappresentata dalle indagini sulla morfologia del cervello condotte mediante tecniche diverse, atte a esplorare differenti livelli di profondità strutturale. Il punto di partenza è la neuro-anatomia macroscopica e microscopica e successivamente mediante acquisizioni di reperti sub-cellulari e molecolari con le tecniche di microscopia elettronica e di immuno-istochimica (chi volesse approfondire può consultare studi come Neuroscienze e anche Neuroscienze cognitive, di D. Purves e altri, Bologna 2009). Mediante queste tecniche di immunoistochimica integrate da quelle di biologia molecolare sono state selezionate proteine specifiche del citoplasma dei neuroni, dei dendriti e delle sinapsi, e mediante approcci di ingegneria e di genetica molecolare è stata documentata l’esistenza di connessioni funzionali tra popolazioni di neuroni topograficamente distanti. Per poter interpretare fenomeni complessi del sistema nervoso sono state applicate in modo coordinato queste diverse tecniche al fine di superare i risultati parziali e pervenire a conclusioni integrate e più aderenti alla realtà. Contemporaneamente sono state progettate ed applicate diverse tecniche di visualizzazione del cervello in vivo, ottenendo immagini dettagliate delle aree cerebrali indagate o del cervello in senso globale. Contestualmente ai suddetti studi morfologico-funzionali ad impronta principalmente descrittiva si sono sviluppate ed accreditate ricerche riguardanti le funzionalità di singoli neuroni. Le tecnologie dinanzi elencate sono utilizzate dai cultori delle neuroscienze principalmente per due finalità diverse. Una prima finalità è quella diagnostico – terapeutica e fa parte integrante dei saperi della medicina. Essa è rivolta a soggetti portatori di neuro-patologie ed ha come scopo la diagnosi e la terapia delle affezioni in atto. Questa finalità primaria, valutabile in diretta su la base del decorso clinico, porta a considerare le tecniche previste dai protocolli diagnostici quali strumenti empirici e portatori di ineliminabili margini di errore. In medicina la valutazione dei risultati delle tecnologie è abitualmente condotta con senso critico per la possibilità di falsi risultati positivi e falsi risultati negativi e il probabile riscontro di un decorso clinico in dissonanza con le tecnologie previste dai protocolli diagnostici. La seconda finalità è sviluppata dalle neuroscienze cognitive le quali sono  inserite nel contesto di programmi multidisciplinari di ricerca contenenti la filosofia, la psicologia, l’intelligenza artificiale, la robotica, l’informatica, la linguistica, ecc. Com’è noto questo insieme trasversale di studi e di saperi si propone di strudiare il cervello per svelare quei meccanismi biologici che determinano le attività cognitive semplici e complesse. A tal fine si selezionano le tecniche dinanzi riportate per identificare le specificità di alcune aree cerebrali e tracciare rapporti di corrispondenza tra queste aree e le manifestazioni cognitive. La scelta delle tecniche è fatta in rapporto alle problematiche di ricerca e al tipo di substrato biologico (umano o animale) da esaminare. Gli approcci operativi delle scienze cognitive si avvalgono di due modalità. La prima studia e descrive le alterazioni delle capacità cognitive in pazienti con lesioni focali dell’encefalo; la seconda studia, analizza, delimita aree cerebrali di soggetti normali nel corso di attività cognitive per scoprire, mediante tecniche descrittive o sperimentali, un diretto rapporto ben determinato tra le suddette aree e le manifestazioni cognitive. Nei numerosi testi dedicati a tali argomenti si ritrovano indicate le basi neuronali associate ad attività riguardanti il linguaggio, la memoria, le emozioni, i sistemi conoscitivi, la rappresentazione del tempo e della quantità numerica, i processi decisionali, il ragionamento e la risoluzione dei problemi, la coscienza. (Per approfondimenti si veda J. Ledoux, Il sé sinaptico, Milano 2002). I cultori delle neuroscienze hanno applicato al cervello anche il codice interpretativo redatto secondo la teoria generale dei “sistemi complessi” (V.L. Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi, Milano 1983; E. Morin, La conoscenza della conoscenza, Milano 2007; C.S. Bertuglia e V. Franco, Complessità e modelli Torino 2011).

Secondo i criteri elaborati da questa teoria il cervello come unità globale evidenzia diversi caratteri morfo-funzionali: a) il cervello è un sistema ipercomplesso unitario sul “piano strutturale” per l’esistenza di uno stretto coordinamento morfo-funzionale tra i livelli macroscopici, istologici, citologici, sub-citologici e molecolari. Questa unità sistematica riguarda sia i neuroni tra loro sia i rapporti neuroni-glia-sistema vascolare-organi extracerebrali; b) il cervello deve essere considerato un “sistema aperto” poiché trasmette e riceve informazioni ed energia a vari livelli pur conservando la propria struttura e le proprie funzioni. In quanto sistema aperto regola e coordina le funzioni vegetative dell’organismo e contestualmente riceve per via vasculo-ematica il necessario sostentamento. Il cervello è parte integrante del corpo vivente; c) il cervello evidenzia una “plasticità morfologica e funzionale”, apprezzabile in modo particolare a livello delle sinapsi. Questa facoltà lo rende modulabile ed adattabile alle vicende esperienziali esterne e di conservarne le impronte. Questo carattere aiuta a capire la singolarità irripetibile di ciascuno in quanto espressione combinata di caratteri genetici e di azioni ambientali; d) il cervello è costituito da miliardi di neuroni tra loro interconnessi, strutturati in modo da formare una rete neuronale biologica ad alta densità ed ad alta complessità. La scoperta di questa rete e il ruolo nelle attività cognitive ha messo in evidenza la fondamentale importanza circa il significato della “organizzazione globale” del cervello; e) il cervello, come sistema organizzato è un’entità “dinamica”, “adattiva”, è capace di svolgere funzioni quantitativamente maggiori rispetto a quelle ricavabili dalla somma delle sue parti. Queste ultime acquistano particolari modificazioni e significati in quanto inserite in un contesto sistemico di interazioni; f) il cervello può essere considerato come un tutto unitario, omogeneo pur essendo costituito di parti eterogenee; g) Il cervello è regolato da meccanismi di “causalità circolare” (feed-back), secondo i quali gli effetti agiscono mediante retro-azione su le cause che li hanno determinati. Il punto focale della rete neuronale biologica si trova a livello delle sinapsi poiché queste regolano il flusso delle informazioni trans-neuroniche mediante segnali elettrici e molecolari (neuro-trasmettitori). Tale disposizione in rete forma un unico circuito interneuronale con la conseguenza che i segnali – informazioni di attivazione o di inibizione si distribuiscono in parallelo nella rete (connessionismo); h) il cervello, in quanto sistema iper-complesso, attivo, aperto, adattivo, evolutivo, manifesta qualità “emergenti” non previste e non rintracciabili nei caratteri morfologici e funzionali delle singole parti che costituiscono tale sistema. Queste manifestazioni “emergenti” non sono propriamente materiali, quanto energetiche ed aventi il carattere di “informazione” (emergentismo).

Mi sembra si possano trarre alcune considerazioni conclusive. Indubbiamente le neuroscienze hanno avuto un notevole sviluppo in questi ultimi anni ed hanno scoperto molti meccanismi che regolano ed eseguono le complesse attività cerebrali. Nel prossimo futuro nuove acquisizioni arricchiranno questo importante capitolo delle scienze della vita svelando ulteriori incognite delle funzioni cerebrali. Esse hanno applicato i paradigmi delle scienze biologiche e pertanto esse hanno acquisito i caratteri dei saperi del naturalismo. Le neuroscienze si propongono di mappare globalmente il cervello e di incorporare in esso la mente, applicando il principio di identità tra singoli stati mentali e corrispondenti aree cerebrali (Teoria della identità tra mente e cervello).

Rimane, tra l’altro, un nodo insormontabile da parte delle scienze bio-fisicaliste, esso è rappresentato dalla facoltà creatrice della mente umana. L’originalità, l’a-temporalità, la profondità del pensiero astratto, l’universalità dei canoni estetici quale l’elaborazione di una opera d’arte o di una sinfonia,  è dubbio che possano essere prodotte dai circuiti neuronali, ma solo trasmesse attraverso tali apparati biologici. Gli stessi segnali elettrochimici, etichettati come “informazioni” richiedono, in alcune attività mentali non indotte da cause extracerebrali, un’entità metacerebrale capace di attivarli, di elaborarli e di indirizzarli. L’uomo è un essere libero in quanto ha la facoltà di autodeterminarsi. Tra le varie forme di libertà, quella interiore caratterizza l’uomo in quanto gli dà la capacità di auto-decisione, di auto-progettare e autorealizzare se stesso e di trasformare e di adattare a se stesso l’ambiente in cui vive.  La libertà umana comporta un grave onere di responsabilità in quanto il soggetto è chiamato sul piano morale a scegliere tra il bene  e il male. Sulla base di questa libertà di scelta ogni atto umano acquista un intrinseco significato assiologico. L’uomo ha, poi, delle capacità poietiche poiché realizza ciò che prima in modo originale, ha elaborato nel pensiero. Allo stato attuale delle conoscenze di neurobiologia rimangono senza risposta alcuni interrogativi caratterizzanti l’uomo. Questi riguardano la natura della coscienza individuale e la conoscenza dell’Io come soggetto unitario, l’autocoscienza come centro del mondo interiore, l’ineliminabile dimensione dei fenomeni psicologici, gli stati intenzionali come disposizioni mentali, guidati da principi normativi di razionalità. Le neuroscienze hanno da sempre perseguito il fine di trovare una spiegazione scientifica circa i rapporti mente/cervello con una pregiudiziale dottrinale di ridurre la dimensione del mentale nell’ambito delle sinapsi e dei neurotrasmettitori. Le neuroscienze hanno evidenziato quelle che sono le basi biologiche delle attività mentali confermando mediante metodologie scientifiche la definizione di uomo quale spirito incarnato. L’uomo non può conoscere se non passando attraverso la mediazione del corpo; l’Io deve essere considerato come unità di sensibile ed intellettiva; pertanto la conoscenza dell’uomo non è solo di tipo sensitivo-sensoriale ma è di ordine intellettivo e mediante questa facoltà l’uomo elabora idee, giudizi che hanno valore assoluto, necessario e veritativo. La percezione della propria corporeità è percezione di un corpo vivo, senziente ed esperienziale. L’uomo non solo conosce, riflette, medita ma agisce e reagisce con atteggiamenti emozionali molteplici. È possibile affermare che le neuroscienze hanno dimostrato nel dettaglio secondo parametri scientifici ciò che era stato in precedenza sostenuto dalla filosofia e in particolare dalla antropologia filosofica. Se si sposta l’attenzione dalle problematiche della annosa questione di mente/cervello a quella riguardante la persona umana nella sua complessità integrale si coglie la distanza tra il mondo biologico delle neuroscienze e quello pluridimensionale nella sua unità dell’uomo. L’enorme ed incontrollabile bibliografia su questi temi, molto ricca di suggestive  quanto non convincenti teorie interpretative, lascia il lettore sempre più convinto che è indispensabile introdurre il concetto di anima immateriale spirituale per dare senso intellegibile a queste problematiche. A ben riflettere, dopo secoli di studi sono ancora attuali le seguenti affermazioni di Tommaso  d’Aquino: «Sembra poi che nella maggior parte dei casi senza il corpo l’anima non subisca né faccia nulla, come reagire, fidarsi, desiderare e in assoluto, percepire con i sensi. Ma sembra che l’atto di intendere appartenga nel modo più proprio all’anima. Se poi anch’esso è fantasia, questo non sarà comunque senza il corpo» (Sentenza sul De Anima di Aristotele, 403a3).