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La scienza produce serenità o paura?

Settembre 2007
Paolo Blasi
Ordinario di Fisica - Università di Firenze

L’introduzione da parte di Galileo del metodo sperimentale nei processi conoscitivi del mondo naturale ha permesso di accrescere la comprensione dei fenomeni naturali stessi e di intervenire sulla natura con la tecnologia ma soprattutto ha reso possibile prevedere l’evolversi di molti fenomeni. Per esempio la conoscenza delle leggi fisiche e dell’astronomia permette oggi all’uomo di calcolare le orbite dei satelliti inviati per l’esplorazione del sistema solare, così come la conoscenza della natura biologica di molte malattie ha permesso la predisposizione di farmaci atti a debellarle. Se oggi l’aspettativa di vita media è raddoppiata rispetto a 100 anni fa ciò è dovuto allo sviluppo delle conoscenze scientifiche e delle conseguenti innovazioni tecnologiche.

La scienza dovrebbe essere vista quindi con fiducia e produrre serenità. Purtroppo spesso non è così! O perché si ritiene colpevole dell’uso improprio che l’uomo fa delle sue scoperte (come nel caso dell’energia nucleare) o perché estendendo arbitrariamente le sue capacità di previsione a realtà complesse ne constatiamo poi la fallacità (vedi le previsioni climatiche) o perché si richiedono alla scienza certezze che essa non può dare (sono innocue le onde elettromagnetiche o gli OGM?) o infine perché risultati scientifici specifici vengono arbitrariamente collegati in relazione di causa ed effetto a puri fini strumentali o politici o economici o comunque di orientamento dell’opinione pubblica.

All’inizio degli anni ’80 si poteva leggere su un dépliant di un’importante stazione termale italiana, già nota ai Romani, la seguente affermazione: “Le acque delle terme sono radioattive e la loro radioattività è benefica in quanto naturale e non prodotta artificialmente”. In questa frase è contenuta la convinzione molto diffusa che ciò che è naturale è buono e ciò che è artificiale è cattivo, convinzione che è spesso causa di sospetto se non di ripulsa di ciò che la scienza può produrre. Non serve spiegare che nel caso della radioattività le proprietà degli atomi radioattivi non dipendono da come sono prodotti ma solo dal numero di protoni e neutroni che costituiscono il loro nucleo. Di fronte a ciò che non si percepisce direttamente con i propri sensi resta il sospetto e la paura. Così che negli anni del ‘no’ al nucleare molti sindaci per tranquillizzare i loro concittadini e acquisirne il consenso hanno installato all’ingresso dei loro comuni cartelli del tipo ‘Comune denuclearizzato’, affermazione vera se riferita ad armi nucleari, falsa se riferita a radioattività in generale.

Recentemente la paura della radioattività è stata sostituita con quella per le onde elettromagnetiche. Chissà se sorgeranno all’ingresso dei comuni cartelli del tipo ‘Comune senza inquinamento elettromagnetico’! In tal caso oltre a spegnere tutte le antenne radio, televisive e telefoniche, bisognerebbe spegnere anche il sole!

Purtroppo, e forse è inevitabile, i media tendono a mettere in evidenza soprattutto i pericoli e gli aspetti negativi delle innovazioni scientifiche  spesso amplificandoli oltre il ragionevole (‘épater le bourgeois!’, cioè ‘sbalordire il cittadino’). I politici e gli amministratori poi che debbono guadagnarsi giorno dopo giorno il consenso della gente, piuttosto che farsi carico di un’informazione completa e corretta, preferiscono, per acquisire credito dai cittadini, assecondarne le paure per poter prendere poi iniziative che appaiano al cittadino stesso conferma dei conclamati pericoli (è meglio aver paura che buscarne!). E la paura, una volta suscitata, quanto più è oggettivamente immotivata tanto più è difficile rimuoverla. Chi governa gli uomini ha bisogno di apparire come quello che sa farsi carico della loro protezione da pericoli anche creati artificialmente o solo virtuali. Non solo ma il politico ritiene in genere pericoloso che altri (per esempio la comunità scientifica) possano sostituirlo nel guidare il comune sentire e quindi ricorre a ‘esperti’ disponibili e accondiscendenti. Già Galileo affermava in un passo del Saggiatore: “Paremi d’aver per lunghe esperienze osservato tale essere la condizione umana intorno alle cose intellettuali che quanto altri meno ne intende e ne sa, tanto più risolutamente voglia discorrerne e che all’incontro la moltitudine delle cose conosciute e intese renda più lento e insoluto al sentenziare circa qualche novità”.

Oggi è d’attualità l’emergenza climatica con un impatto ben maggiore sulla psicologia della gente e quindi sulla qualità della loro vita!

Nel febbraio di quest’anno è stato pubblicato il quarto rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climatic Change) e alcune sintesi per i politici.

I mass media con titoli cubitali, per esempio ‘Venezia sparirà’ sul Corriere della Sera, hanno riportato scenari da incubo: aumento della temperatura fino a 4÷5°C, aumento del livello del mare fino a 6 m, con conseguenze drammatiche per gran parte della popolazione mondiale. Tutto ciò è riportato come conseguenza delle attività umane (cause antropiche) e in particolare dell’aumento della CO2 dovuto ai processi di combustione, aumento che sarebbe la causa dell’effetto serra e quindi dell’aumento della temperatura del globo e delle sue catastrofiche conseguenze.

Qual è la realtà scientifica così come è scritta nel quarto rapporto dell’IPCC e nella più recente letteratura scientifica? Vediamo i fatti.

L’aumento di temperatura negli ultimi 100 anni (1906-2005) è valutato 0.74°C ± 0.2°C. L’aumento del livello del mare nell’ultimo secolo è stato di 17±5 cm.

Dallo studio dei ghiacci dell’Antartide si è potuto determinare l’andamento della temperatura e la concentrazione di CO2 dell’atmosfera negli ultimi 800.000 anni. Ci troviamo oggi in un’era interglaciale calda che si riproduce ogni 100.000 anni e che dura circa 10.000 anni. All’aumento della temperatura corrisponde un aumento della CO2 che si produce con un ritardo di alcune centinaia di anni. Il livello di CO2 presente oggi nell’atmosfera è di circa il 20% superiore a quello corrispondente nei periodi caldi precedenti che pur raggiungevano temperature di qualche grado superiori all’attuale. È certo quindi il contributo antropico all’incremento della CO2 ma non è chiaro quanto ciò influisca sulla temperatura anche perché l’effetto serra è principalmente legato al vapor d’acqua (come ciascuno di noi può verificare confrontando in inverno la temperatura di un giorno nitido e di uno coperto) che ha una concentrazione 50 volte superiore alla CO2. È stato calcolato che un raddoppio della CO2 porterebbe ad un aumento dei gas serra inferiore al 2%. Si stanno peraltro studiando gli effetti moltiplicativi sul clima delle variazioni di concentrazione di elementi nell’atmosfera nonché gli effetti delle variazioni nelle correnti marine profonde, fermo restando che le variazioni climatiche più rilevanti e durature sono indotte da fattori astronomici che sono fuori dalla portata di un controllo dell’uomo e che hanno tempi geologici.

Da questi dati scientifici e a seguito dei progressi fatti nella comprensione della complessità dei fattori che influiscono sul clima gli scienziati dell’IPCC hanno formulato alcune proiezioni per i prossimi 100 anni, ipotizzando dagli attuali andamenti scenari diversi, sottolineando peraltro la grande incertezza che inevitabilmente accompagna tali previsioni (estrapolazioni dell’andamento degli ultimi anni).

Ebbene per le temperature le previsioni sono che tra 100 anni l’aumento possa essere 1.8±0.7°C nello scenario migliore e tra 2.4 e 6.4°C nello scenario peggiore, mentre il corrispondente livello del mare crescerebbe nel primo caso tra 18 e 38 cm e nell’ultimo tra 26 e 59 cm.

Lascio al lettore la valutazione di come tali dati siano stati interpretati e riportati dai media e come l’angoscia così suscitata in tanti non abbia alcun reale fondamento.

L’uomo può e deve accrescere e approfondire le sue conoscenze e capire quale e quanto è l’impatto della sua presenza e delle sue attività sulla terra e quindi capire se e fino a che punto può incidere e modulare i cambiamenti climatici locali e globali.

Il terrorismo climatico è nemico dello sviluppo della conoscenza scientifica, può essere strumento improprio di orientamento dell’opinione pubblica verso scelte economiche che giovano solo ad alcuni e alla lunga può produrre un’assuefazione fatalistica che diventerebbe ostacolo ad un’evoluzione verso comportamenti singoli e collettivi più responsabili nei confronti della società presente e futura.

È a mio avviso necessario far capire a tutti la validità conoscitiva delle metodologie scientifiche e l’aiuto che possono fornire per comportamenti socialmente più responsabili ma anche il limite di esse, l’impossibilità per la scienza di fornire certezze e la relativa attendibilità delle estrapolazioni sull’evoluzione di realtà complesse. Solo così sarà possibile aumentare una consapevole fiducia nella scienza, senza creare atteggiamenti fideistici né artificiali paure, col risultato di favorire l’utilizzazione delle nuove conoscenze a vantaggio dell’uomo, della qualità della sua vita non solo fisica ma anche psicologica e spirituale.