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La Basilica del nostro Universo

Luglio 2006
John D. Barrow
Dipartimento di Matematica e di Fisica teorica Università di Cambridge

Poco più di un anno fa mi trovavo in una grande chiesa – la Basilica di San Marco a Venezia. L'edificio precedente era stato innalzato nell'anno 832 per collocarvi le spoglie mortali di San Marco evangelista che si suppone fossero state portate a Venezia da Alessandria quattro anni prima da due mercanti veneziani. Si racconta che i due avessero nascosto le spoglie del Santo martire sotto pezzi di carne di maiale allo scopo di distogliere l'attenzione dei funzionari doganali musulmani.

L'attuale Basilica di stile bizantino con il suo caratteristico gruppo di cupole basse fu iniziata nel 1063 e consacrata nel 1089. Oggi essa affianca il palazzo Ducale all'angolo di Piazza San marco ed attrae turisti e piccioni piuttosto che pellegrini con una facciata da riprodurre in mille cartoline.

Ero arrivato alla chiesa verso sera, piuttosto presto, con un gruppetto di altri scienziati per un giro guidato dopo l'ora di chiusura ai visitatori per quel giorno. Quando vi entrammo la chiesa era in quasi completa oscurità. Ci sono poche finestre, piccole e tutt'altro che trasparenti. Ci fu chiesto di sederci al centro ed a guidarci ai nostri posti a sedere avevamo solo alcune deboli luci da pavimento e una torcia elettrica colta al volo. Sopra di noi l'oscurità assoluta.

Poi, molto lentamente, l'intensità di luce aumentò, aumentò lentamente, sopra di noi ed intorno a noi, e l'interno cominciò ad essere illuminato da un sistema discreto di luci al sodio nascoste. L'oscurità che ci circondava lasciò spazio ad una luce dorata spettacolare. I soffitti ad arco sopra di noi si coprirono di un luccichio di mosaici vetro e oro sconvolgente. Tra l'XI e il XV secolo furono fatti quasi 1000 metri quadrati di mosaico d'oro, tessera dopo tessera, mescolando oro e vetro con un delicato procedimento, che ad oggi non è ancora stato completamente decifrato, per giungere ad ottenere questo fulgido santuario d'oro. Le apparenze possono essere ingannevoli. Tuttavia, riflettendoci, ciò che mi colpì di più fu la consapevolezza che le centinaia di artigiani qualificati che avevano lavorato per secoli per creare questa visione fantastica non l'avevano mai vista nel suo completo fulgore. Lavoravano nell'interno cupo, alla luce di candele e di lampade ad olio fumose che illuminavano la piccola area nella quale lavoravano ma nessuno di loro aveva mai visto la gloria trionfante del soffitto d'oro. Per loro, come per noi, 500 anni dopo, le apparenze erano ingannevoli.

Il nostro Universo è anch'esso un po' così. Gli antichi scrittori che celebravano l'esaltazione nei cieli della gloria del Signore vedevano soltanto attraverso un vetro, indistintamente. L'universo, sconosciuto a loro, così come ad innumerevoli altri dopo di loro, si è rivelato, grazie agli strumenti che la scienza moderna ci ha dato, molto più grande, più spettacolare, e più umiliante di quanto non avessimo mai immaginato che fosse. L'universo appare grande e vecchio, scuro e freddo, ostile alla vita come noi la conosciamo, pericoloso e faticoso da esplorare.

Più di un filosofo del passato giunse alla conclusione che l'Universo era privo di significato e antitetico alla vita: un regno funereo e fosco in cui il nostro minuscolo pianeta è un prodotto transeunte delle cieche forze della natura. Eppure, ancora una volta, le apparenze possono essere ingannevoli. Nel corso degli ultimi 75 anni gli astronomi hanno illuminato la volta dei cieli in un modo completamente inaspettato. L'Universo non è soltanto grande ma sta diventando più grande, si sta espandendo. Grossi gruppi di galassie si allontanano gli uni dagli altri a velocità crescente e ciò significa che la dimensione dell'universo che possiamo vedere è indissolubilmente legata alla sua età. L'universo è grande perché è vecchio.

Questi enormi periodi di tempo sono importanti per la nostra esistenza. Noi siamo fatti di complessi atomi di carbonio, azoto ed ossigeno, insieme a molti altri; forse un giorno altre forme di intelligenza terrestre saranno fatte di atomi di silicio. I nuclei di tutti questi atomi non sono “belli e pronti” con l'Universo, sono messi insieme attraverso una lunga sequenza di reazioni nucleari che brucia lentamente nelle stelle. Ci vogliono circa 10 miliardi di anni affinché questa alchimia stellare bruci l'idrogeno in elio e poi in berillio, e carbonio e ossigeno ed oltre, prima che le stelle morenti esplodano in supernove spargendo i loro detriti portatori di vita per l'Universo dove si evolveranno in granelli di polvere, pianeti e, infine, in persone. Il nucleo di ogni atomo di carbonio nei nostri corpi è giunto in essere attraverso una stella. Noi siamo più vicini alle stelle di quanto potremmo mai aver immaginato.

Così si incomincia a capire perché non c'è da sorprendersi se l'Universo sembra così grande e così vecchio. Occorrono circa 10 miliardi di anni per fare i “mattoni” della complessità della vita nelle stelle e, siccome l'Universo si sta espandendo, deve avere una dimensione di almeno 10 miliardi di anni luce. Noi non potremmo esistere in un Universo che fosse significativamente più piccolo.

La vastità dell'Universo è sovente citata come prova dell'altissima probabilità di forme di vita altrove. Mentre ci può essere vita – persino vita consapevole – altrove, la pura dimensione non è di assoluta necessità: ci rendiamo conto che l'Universo ha bisogno di essere miliardi di anni luce in dimensione, giusto per sostenere un unico, solitario avamposto di vita. Un universo di dimensione economica, proprio la dimensione della nostra Galassia, la Via Lattea , con i suoi 100 miliardi di stelle e possibili sistemi planetari sembra avere spazio abbastanza per tutto ciò cui teniamo. Ma tale Universo avrebbe poco più di un mese di età, giusto il tempo sufficiente per saldare il conto della carta di credito, figuriamoci quello per evolversi in complessità e vita a partire dalla semplicità sub-atomica.

Qualsiasi universo dove è di casa la vita deve essere grande e vecchio. Via via che il tempo passa l'universo in espansione si raffredda sempre di più e le energie diminuiscono allorché lo spazio si estende. L'inferno del passato Big bang deve, dopo miliardi di anni, essere sostituito dallo scuro cielo notturno che vediamo intorno a noi e che contiene appena un debole baluginio di micro-onde che riecheggiano i suoi bollenti inizi, appena tre gradi sopra lo zero assoluto, ma ancora rintracciabile nella neve di un bianco ronzio di uno schermo televisivo non sintonizzato nel nostro soggiorno. Il cupo cielo notturno che provocò così tante risposte umane a proposito del nostro posto nell'Universo è parte necessaria di un Universo che sostiene la vita.

La vita può nascere e persistere solo in un Universo grande e vecchio, scuro e freddo, con i suoi pianeti e stelle e galassie separati da vaste distanze. Sono queste le caratteristiche necessarie di un Universo che sostiene la vita. L'astronomia ha trasformato l'Universo semplice, avverso alla vita, senza senso, dei filosofi scettici infondendo nuova vita alle così numerose questioni religiose di fondamentale interesse e di fascino senza fine. Molte delle questioni più profonde e più sconvolgenti che noi tuttora affrontiamo a proposito della natura dell'Universo hanno origine nella nostra puramente religiosa ricerca del significato. Il concetto di un universo regolato da leggi con un ordine che può essere capito e su cui si può fare affidamento è emerso in larga parte da convinzioni religiose riguardo la natura di Dio. Il quadro atomistico della materia è sorto molto tempo prima che si sia potuta avere qualsiasi prova sperimentale pro o contro di esso. Da queste convinzioni religiose derivò la fiducia che c'era un ordine immutabile dietro le apparenze che era degno di essere studiato. Grandi questioni riguardo l'origine e la fine dell'Universo, possibili fonti di tutta la complessità osservata e la potenziale infinitezza dello spazio emersero e crebbero dall'aver focalizzato il nostro interesse religioso sulle grandi questioni dell'esistenza e della natura di Dio. Come per tutte le grandi questioni, quelle sull'origine e la fine dell'Universo possono, quasi inaspettatamente, avere risposte che ci conducono a percorsi imprevisti, molto, molto lontano da quanto è familiare e quotidiano – i multiversi, le dimensioni extra dello spazio, il legame tra tempo e spazio – tutto può rivelare un Universo che contiene più di quanto è necessario per la vita, persino più di quanto è necessario per la speculazione. Ci rendiamo conto ora come sia possibile che un Universo che dispiega una complessità senza fine ed una struttura raffinata sia governato da poche semplici leggi – forse un'unica legge – che sono simmetriche e intelligibili, leggi che governano le cose più rimarchevoli nel nostro Universo – popolazioni di particelle elementari che sono ovunque perfettamente identiche.

È proprio a questo semplice e meraviglioso mondo dietro le apparenze, dove l'aderenza alle leggi da parte della Natura è rivelata nel modo più elegante e completo, che i fisici guardano per trovare il marchio, la caratteristica dell'Universo. Chiunque altro guarda ai prodotti di queste leggi. I prodotti, gli esiti sono sovente complicati, difficili da comprendere e di grande rilevanza – addirittura includono noi stessi – ma la vera semplicità e simmetria dell'Universo deve essere trovata in cose che non si possono vedere. Ciò che è più significativo di ogni altra considerazione è che si scopre che ci sono equazioni matematiche, piccoli scarabocchi su pezzetti di carta, che ci rivelano come si comportano gli interi Universi. Infatti c'è una logica più grande degli Universi, che è la più sorprendente poiché noi siamo in grado di capirne una parte significativa e, di conseguenza, di poterla valutare. Un tempo si pensava che ogni cosa nell'Universo fosse fatta delle stesse cose materiali che si trovano sulla terra, ora abbiamo scoperto che quello era soltanto un primo tentativo ad indovinare. Più del 70% dell'Universo è composto di una forma di energia oscura la cui precisa identità è sconosciuta. Essa rivela la sua presenza con i suoi drammatici effetti sull'espansione dell'Universo. A differenza di tutte le altre forme note di materia, che esercitano forze di attrazione gravitazionale su altre forme di materia e tra di loro, questa forma oscura di energia risponde alla gravità respingendola, facendo sì che tutto il materiale si allontani da lei, creando una accelerazione nell'espansione dell'Universo che cominciò a verificarsi quando essa aveva raggiunto il 75% circa della sua attuale estensione. Tale scoperta a proposito del nostro Universo fu una sorpresa – come venire a scoprire qualcosa di totalmente inaspettato riguardo ad un vecchio amico. Di nuovo, le apparenze furono ingannevoli.

Allora, con l'Universo, come fu quella sera in San Marco, le cose non sono sempre come sembrano quando noi guardiamo in alto. Il tutto è molto, molto di più della somma delle sue parti. Gli architetti dei nostri quadri religiosi e scientifici dell'Universo, ed i numerosi commentatori dei loro significati che si misero sulla loro scia, erano in grado di vedere soltanto una piccola parte di ciò che c'è, e conoscevano soltanto una piccola parte di quello che ha da insegnarci a proposito del nostro posto nell'Universo. Cominciamo a vedere da capo la natura straordinaria del nostro ambiente locale ed il nesso che collega la vita alla vastità dello spazio e del tempo. Le apparenze possono davvero essere ingannevoli.

Alcuni dicono che siccome noi usiamo la nostra mente per comprendere l'ordine e la complessità dell'Universo che ci circonda, allora non c'è niente di più complesso in quell'ordine di quanto è imposto dalla mente umana. Questo è un grave errore di giudizio. Se fosse vero, allora ci aspetteremmo di trovare la nostra più grande ed affidabile comprensione del mondo negli avvenimenti quotidiani, per i quali milioni di anni di selezione naturale hanno affinato il nostro acume e preparato i nostri sensi. Allora quando guardiamo verso lo spazio cosmico di galassie e buchi neri o nello spazio infinitamente piccolo di quarks ed elettroni, ci aspetteremmo di trovare poche risonanze tra la nostra mente e le modalità di questi mondi. La selezione naturale non richiede alcuna comprensione di quark e buchi neri per la nostra sopravvivenza e riproduzione. Eppure troviamo queste aspettative sovvertite. La conoscenza più precisa ed affidabile che abbiamo a proposito di qualsiasi cosa nell'Universo riguarda gli eventi in un sistema stellare binario a più di 3000 anni luce dal nostro pianeta e nel mondo sub-atomico di elettroni e raggi di luce ove l'accuratezza supera la nona cifra decimale. Poi, curiosamente, le nostre più grandi incertezze si riferiscono tutte ai problemi locali di capire noi stessi – le società umane, il comportamento umano, e le menti umane – tutte le cose veramente importanti per la sopravvivenza umana. Ma è così poiché esse devono necessariamente essere complesse. Se le nostre menti fossero abbastanza semplici per essere capite, sarebbero troppo semplici per capire.

In tutta la scienza che noi perseguiamo siamo abituati a vedere progressi. I nostri primi tentativi di cogliere le leggi della Natura sono sovente incompleti e catturano appena una parte della verità o vedono attraverso un vetro soltanto oscuramente. Alcuni pensano che il nostro progresso sia come una infinita sequenza di rivoluzioni che sovvertono il vecchio ordine, condannato a non convergere mai su qualcosa di più definitivo che uno stile di pensare più utile. Ma il progresso scientifico non appare così dall'interno: le nostre nuove teorie estendono e classificano le vecchie. Le teorie precedenti sono recuperate dalle nuove in alcune situazioni limitate – moti lenti, campi gravitazionali deboli, grandi scale o basse energie. La teoria di Newton per la meccanica e la gravità, vecchia di trecento anni, è stata soppiantata da quella di Einstein cui succederà la teoria M o una successiva ancora ignota, nel futuro. Tuttavia, tra mille anni, i ragazzi a scuola studieranno le teorie di Newton e gli ingegneri si appoggeranno ancora ad esse proprio come fanno oggi. Esse saranno la semplice forma limitativa per le basse velocità e la gravità della teoria fondamentale, qualunque essa possa poi rivelarsi. Così, nelle nostre concezioni religiose dell'Universo, noi usiamo anche approssimazioni e analogie per cogliere un po' delle cose più importanti. Non sono l'intera verità, ma questo non impedisce loro di essere una parte della verità: un'ombra che si protende in una situazione limitativa di una certa semplicità. Il nostro ritratto scientifico dell'Universo dimostra il suo tempo ed anche quanto la nostra visione è stata offuscata e conservatrice, quanto è stata auto-compiacente la nostra immagine dell'Universo, quanto di questo mondo le nostre aspettative, quanto provinciali i nostri tentativi di trovare o negare i legami tra gli approcci scientifici e religiosi alla natura dell'Universo.

Sir John Templeton ha cercato di incoraggiare questo dialogo imparziale nella salda convinzione che religione e scienza possano fornire mutua illuminazione e apprezzamento delle meraviglie del nostro Universo ed ispirarci a scovare e comprendere la verità in modi nuovi – una verità che è infallibilmente inaspettata e così sovente niente affatto come dapprima essa appare.

  

Discorso pronunciato il 15 marzo 2006 in occasione del ricevimento del Premio Templeton 2006, pubblicato con il permesso dell'Autore. Testo originale in lingua inglese http://www.templetonprize.org/.

Trad. it. di Fausta Ascheri Grande