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La fede cristiana è una fede pensata

Clemente di Alessandria
216
Stromati, I, 9

In questo breve brano Clemente di Alessandria ribadisce la necessità di non isolare la fede dalle altre fonti di conoscenza, biasimando coloro che «ritenendosi già ben dotati da natura non vogliono accostarsi né alla filosofia né alla dialettica, e nemmeno apprendere la scienza naturale: essi — spiega Clemente— rivendicano la sola e semplice fede, come se, senza essersi presa nessuna cura della vite, volessero coglierne subito da principio i grappoli».

43. Alcuni ritenendosi già ben dotati da natura non vogliono accostarsi né alla filosofia né alla dialettica, e nemmeno apprendere la scienza naturale: essi rivendicano la sola e semplice fede, come se, senza essersi presa nessuna cura della vite, volessero coglierne subito da principio i grappoli. «Vite» è detto per allegoria il Signore [ Gv  15, 1] dal quale bisogna vendemmiare il frutto, per mezzo di cura e arte della coltivazione [condotta] secondo le norme razionali. Potare bisogna, e zappare, legare i tralci e fare gli altri lavori; e c'è bisogno di falce, di vanga e degli altri strumenti agricoli, certo, per la coltura della vite, affinché ci offra il suo frutto succulento. E come nell'agricoltura e nella medicina è bene istruito colui che ha attinto svariate nozioni, sì da poter meglio coltivare e guarire, così anche nel nostro campo io affermo bene istruito colui che rivolge tutti i suoi sforzi alla verità, che cioè raccoglie quanto è utile dalla geometria, dalla musica, dalla grammatica, dalla filosofia stessa, e protegge da ogni insidia la fede. Anche l'atleta, come s'è detto, si può metter da parte, tranne che se si unisca alla sc hiera in ordine d'attacco.

44. E in primo luogo apprezziamo il pilota di molta esperienza, che ha visto «città di molti uomini» [ Odyssea , I, 3], e il medico che ha acquisito esperienza di molti casi, per cui taluni foggiano anche il termine “empirico”. Ora colui che fa sì che ogni nozione contribuisca alla retta vita, desumendo esempi da Greci e barbari, questi è molto abile a mettersi sulle piste della verità ed è veramente «di molto consiglio». Egli, come la pietra di paragone (cioè la pietra di Lidia con cui si crede di poter distinguere l'oro falsificato da quello autentico), è capace di distinguere, questo nostro “gnostico” «dal molto sapere», sofistica da filosofia, arte dell'abbigliamento dalla ginnastica, culinaria da medicina, retorica da dialettica e, fra le altre dottrine, nel campo della filosofia “barbara”, le eresie dalla verità autentica. Come non è necessario che colui il quale desidera raggiungere [col pensiero] la potenza di Dio, sappia operare le dovute distinzioni filosofiche nel campo dell'intelligibile? E come non è utile altresì distinguere le espressioni a doppio senso e quelle equivoche forniteci nei Testamenti? Proprio con un'espressione a doppio senso il Signore elude il diavolo nel momento della tentazione: e allora io non vedo più come mai quegli che sarebbe l'inventore, secondo alcuni credono, della filosofia e della dialettica, si lasci ingannare e fuorviare dagli espedienti dell'anfibolia!

45. Se poi i profeti e gli apostoli ignorarono le tecniche per cui si attua la formazione filosofica, d'altra parte però il pensiero dello Spirito, ammaestrante nella profezia in modo oscuro poiché ascoltarlo e comprenderlo non è da tutti, esige per esser chiaro l'insegnamento delle nozioni tecniche. Quel pensiero i profeti e i discepoli dello Spirito lo compresero con sicurezza: per fede ha parlato lo Spirito, e in modo che non era possibile [accoglierlo] facilmente, anzi non in modo che lo potessero accogliere persone non istruite. Dice la Scrittura: «i miei precetti scrivili due volte, con la volontà e con la scienza, quella di rispondere parole di verità alle questioni che ti sono poste» [ Prv 22,20-21; citazione non presente nel testo ebraico e nei LXX, ndr.]. Ora qual è la scienza del rispondere? La stessa dell'interrogare, e sarà la dialettica. E non è forse un'opera anche il parlare, e l'operare non nasce forse dalla ragione? Sì, perché se non agissimo con la ragione opereremmo da bestie. L'opera razionale si compie secondo Dio: «e niente fu fatto senza di Lui», è scritto [ Gv 1,3]: cioè, senza il Logos di Dio. Il Signore non ha forse fatto tutte le cose col Logos? Operano certo anche le bestie, ma spinte dalla paura che le costringe; e non è forse vero che i cosiddetti benpensanti si lasciano portare ad opere buone senza sapere quel che fanno?

da Stromati, Libro I, cap. 9, tr. it. a cura di Giovanni Pini, Edizioni Paoline, Milano 1985, pp. 108-110.