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La bomba atomica e il destino dell’uomo

Karl Jaspers

Il Saggiatore,
Milano 1960
pp. 590
Anno di edizione originale: 1957
ISBN: 8868020076

Nella Prefazione all’opera, Remo Cantoni scrive: “Chi non è stato turbato nella sua limpida fede nel progresso, nella tecnica e nella scienza, nell’uomo in genere, da tutti gli eventi tragici che si sono verificati nel secolo ventesimo, è un uomo che non ha messo la sua fede a cimento, che non ha assimilato e sofferto la negatività del proprio tempo e rischia di parlare in astratto di umanità, di scienza, di verità, di progresso, col tono falso e retorico in cui ne parlano i filistei” (p. XVIII). Karl Jaspers, filosofo e psichiatra tedesco, partendo dalla attualità della condizione umana, propone in quest’opera un ampio e articolato cammino di riflessione sull’uomo e sulla libertà, sulla storicità dell’esistenza e sulla trascendenza, sulla scienza e sulla filosofia, con il proposito di provocare, nell’uomo stesso, un risveglio interiore.

Il libro nasce come elaborazione di una conferenza che l’A. tenne alla radio nell’autunno del 1956. La riflessione prende avvio dalla nuova situazione creatasi con l’invenzione della bomba atomica, situazione-limite (grenzsituationen), in grado di scuotere nel profondo l’uomo e ridestare le sue energie spirituali. La finitezza dell’uomo, tema costante della filosofia dell’esistenza, viene individuata dall’A. nella consapevolezza del carattere finito e storico dell’esistenza, inserita nei fenomeni del tempo, imprigionata nelle situazioni storiche e incapace di colmare razionalmente l’abisso misterioso che separa la parte dal tutto, la storia dall’eternità, l’io dalla trascendenza.

L’opera si suddivide in tre parti. Nella prima (Come considerazioni generali conducono a estreme conseguenze: Politica Ethos sacrificio), il filosofo propone una analisi del nuovo “stato di fatto”, soffermandosi sin dal principio sulla relazione tra la condizione umana, le scoperte della scienza e della tecnica e il valore della ragione filosofica.  Scrive Jaspers: “Il pensiero del nostro tempo si orienta dappertutto al fare, anche dove non c’è più nulla da fare. Vuole trovare la salvezza attraverso un superamento tecnico della tecnica, quasi che l’agire dell’uomo da cui è richiesta la tecnica potesse ancora esso stesso sottostare a una guida tecnica. […] L’uomo deve inserire scienza e tecnica in qualche cosa di più comprensivo. Solo al limite del nostro fare è il compito davvero serio del nostro pensiero. La nostra epoca deve imparare che non tutto è da fare”. (p. 4) L’A. propone quindi una analisi della violenza come fenomeno umano e politico e delle sue conseguenze.

Nella seconda parte (La presente situazione politica nel mondo dal punto di vista dell’uomo occidentale), l’A. ripercorre, in chiave storica, la situazione politica e sociale dell’Europa e dell’Occidente. Un paragrafo è dedicato alle riflessioni filosofico-giuridiche sulla pace universale. L’attenzione è posta alle minacce reali dei totalitarismi e al continuo modificarsi delle condizioni e delle situazioni storiche e materiali dell’uomo.

Nella terza parte (Schiarimento della situazione dell’uomo nell’ambito più comprensivo), il filosofo riflette in profondità sulla coscienza del nostro tempo posto di fronte all’angoscia di una possibile distruzione dell’umanità. Tale angoscia può essere trasformata e creare un nuovo ethos fondato sulla ragione. Esso può nascere nell’uomo quando egli abbia scorto la crisi e il naufragio costituzionalmente insiti nel mondo finito. Allora può avere luogo una trasformazione, una decisione esistenziale che dischiuderebbe all’uomo la comunicazione etico religiosa con gli altri uomini e con il mistero della trascendenza.

L’agire senza sosta, la tecnica sviluppata al di là di ogni limite, il traguardo del produrre nel solo mondo esteriore sfociano nel nulla e nel buio se non sopravviene un agire interiore che dia all’esistenza un significato ultimo, meta politico e meta tecnico. Tale agire interiore trova senso e possibilità nel dispiegarsi della ragione e nella libertà umana che rivela una esigenza metafisica e religiosa, quella che l’uomo rimanga aperto alla trascendenza. Jaspers parla di un orizzonte sovra-politico, offerto dalla ragione. L'uomo deve porre scienza e tecnica in tale e più vasto orizzonte. Solo al confine del nostro fare si può avvertire l'impegno esistenziale del nostro pensiero, che conduce l'uomo di fronte al suo fondamento. 

E. P.