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Dieci anni dalla Fides et Ratio

Paolo Blasi
Ordinario di Fisica, già Rettore dell'Università di Firenze
2008

«È certo comprensibile che, in un mondo suddiviso in molti campi specialistici, diventi difficile riconoscere quel senso totale e ultimo della vita che la filosofia tradizionalmente ha cercato. Nondimeno alla luce della fede che riconosce in Gesù Cristo tale senso ultimo, non posso non incoraggiare i filosofi, cristiani o meno, ad avere fiducia nelle capacità della ragione umana e a non prefiggersi mete troppo modeste nel loro filosofare. La lezione della storia di questo millennio, che stiamo per concludere, testimonia che questa è la strada da seguire: bisogna non perdere la passione per la verità ultima e l'ansia per la ricerca, unite all'audacia di scoprire nuovi percorsi. E la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione», Fides et ratio, 56.


Sono passati solo dieci anni dalla pubblicazione dell’enciclica di Giovanni Paolo II Fides et ratio: il seme è germogliato ed è diventato un grande albero! All’epoca lessi l’enciclica con grande interesse ma non potevo certo immaginare allora i notevoli sviluppi che i temi lì trattati avrebbero avuto in così breve tempo. È emersa infatti in particolare nel mondo occidentale la necessità di affrontare in modo nuovo la questione antropologica attraverso una nuova progettualità per una più completa comprensione della natura dell’uomo, che l’aiuti a superare la crisi delle ideologie del XX secolo.

Nella mia ormai più che quarantennale esperienza di fisico e uomo di scienza non ho mai sperimentato contrapposizioni vere tra la conoscenza scientifica e la mia fede, tanto da considerare il contrasto insanabile fra scienza e fede, proclamato da molti, artificioso, strumentale e storicamente datato. Per me i due ambiti quello della scienza e quello della fede erano e sono nettamente distinti sia sul piano metodologico che su quello delle realtà da conoscere e rappresentano due facce diverse ma non separate del mio essere, cioè della mia unità come persona. Mi ritrovai perciò perfettamente nelle prime parole dell’enciclica “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità”.

Nella mia attività di ricerca nel campo della fisica nucleare sperimentale sono rimasto sempre sorpreso e affascinato dalla capacità della ragione di indagare e capire la struttura della natura fin nell’infinitamente piccolo dell’atomo e del nucleo, non visibili direttamente con i nostri occhi ma solo attraverso gli effetti prodotti e misurati da esperimenti e strumenti concepiti all’uopo dalla nostra ragione e intuizione.

Il fatto straordinario che la natura sia per noi conoscibile e comprensibile è per me un mistero che può essere illuminato solo dalla fede (Fides et ratio n. 13: “In aiuto alla ragione che cerca l’intelligenza del mistero vengono anche i segni presenti nella Rivelazione”). Peraltro il desiderio di conoscere è comune a tutti gli uomini ed è specifico della natura umana. L’uomo cerca la verità nella conoscenza, infatti come dice Sant’Agostino “molti ho incontrato che volevano ingannare, ma che volesse farsi ingannare nessuno”! La conoscenza poi produce gioia e appagamento ed è la base sulla quale la volontà e la ragione possono costruire la saggezza.

La conoscenza si sviluppa e si accresce attraverso metodi diversi a seconda della natura dell’oggetto da conoscere ed è perciò che nel corso della storia umana le vie della scienza, della filosofia, della teologia si sono via via di fatto separate acquisendo ciascuna una sua legittima autonomia ma rimanendo comunque tutte fondate sulle potenzialità della ragione (Fides et ratio n. 49: “La ragione è per sua natura orientata alla verità ed è inoltre in se stessa fornita dei mezzi necessari per raggiungerla”).

In questo contesto e in particolare per i successi della tecnica prodotti dallo sviluppo della scienza la conoscenza scientifica ha finito per prevalere sulle altre tanto da essere percepita come l’unica valida sulle vie della verità. Ciò ha ristretto l’oggetto della conoscenza dell’uomo alla sola realtà naturale indagabile col metodo scientifico trascurando ed ignorando il valore di verità che possiedono altre realtà come la bellezza, l’amore, le relazioni interpersonali, la fede, le emozioni e i sentimenti, e quindi si è persa la consapevolezza delle potenzialità conoscitive della filosofia e della teologia. Come ha affermato Vittorio Possenti in occasione di una tavola rotonda tenuta all’Università La Sapienza di Roma, in seguito ai noti eventi relativi alla mancata visita di Benedetto XVI, “Sempre più spesso sono solo le scienze ad assegnare alla ragione i temi da pensare, il perimetro entro cui muoversi, il campo delle cose disputabili” (6 febbraio 2008).

In definitiva come mette bene in evidenza la Fides et ratio si è diffusa in particolare nel mondo occidentale e cristiano una radicale sfiducia da parte della filosofia nelle capacità della ragione di operare fuori dalle scienze naturali tanto da parlare di “fine della metafisica”. È per contrastare questa tendenza che Giovanni Paolo II con calore afferma: “non posso non incoraggiare i filosofi, cristiani o meno, ad avere fiducia nelle capacità della ragione umana e a non prefiggersi mete troppo modeste nel loro filosofare... bisogna non perdere la passione per la verità ultima e l’ansia per la ricerca” (Fides et ratio, n. 56).

Come uomo di scienza condivido totalmente questo appello ad un nuovo rinascimento della filosofia, necessaria cerniera tra la teologia e la scienza e constato con piacere come molti giovani di grande capacità intellettuale convinti di poter conoscere anche la realtà meta-scientifica si indirizzino oggi agli studi filosofici percepiti come un campo nuovo da esplorare in cerca di verità.

L’appello di Benedetto XVI a Ratisbona ad ampliare gli orizzonti della ragione e a ridare ad essa la possibilità di esplicare tutte le sue potenzialità sta creando un clima positivo e delle prospettive culturali nuove inimmaginabili solo dieci anni fa. Nel solco della Fides et ratio tale appello, la cui eco si è diffusa in tutto il mondo, sta producendo un’accelerazione di questi processi, un ampliamento degli orizzonti della conoscenza e un nuovo interesse per la filosofia e la teologia strumenti propri per perseguire l’unità del sapere e una crescita più armonica della persona umana in tutte le dimensioni del suo essere.